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Full text of "Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel: Studio critico ..."

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HARVARD COLLEGE 
LIBRARY 



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From the Bequest of 

MARY P. C NASH 

IN MEMORY OF HBR HUSBAND 

BENNETT HUBBARD NASH 

Instructor «ad P ro fm oc of Italian and Spaoiah 
I 866-1894 




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BIBLIOTECA DI CULTURA 
MODERNA 



BENEDETTO CROCE 



CIÒ CHE È VIVO 
li CIÒ CHE È MORTO 

DELLA FILOSOFIA 01 HEGEL 

CON IN SAilQK) DI BIBLIOGRAFIA 
HECELIANA. 




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K't-fl. 




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FILOSOFIA DI HEGEL. 



DELLO STESSO AUTORE: 



Materialismo storico ed economia marxistica, Saggi 
critici, 1900, 2 a edizione, con l'aggiunta di nuovi 
saggi sul principio economico. Palermo, Sandron, 
1907. 

Traduzione franoese: Paris, Giard et Brière, 1901. 

Estetica come scienza dell'espressione e linguistica gè- 
nerale, Teoria e storia, 1902 ; 2 a edizione, Palermo, 
Sandron, 1904. 

Traduzione francese: Paris, Giard et Brière, 1904; tedesca, 
Leipzig, Seemann, 1905. 

Lineamenti di una Logica come scienza del concetto 
puro. Napoli, tip. Giannini, 1905 (estratto dagli 
« Atti delF Accademia Pontaniana », voi. XXXV). 

LA CRITICA 

RIVISTA DI LETTERATURA, STORIA E FILOSOFIA 

DIRETTA DA B. CROCE 

ANNO IV 

Si pubblica ogni due mesi 

Direzione: Via Atri, 23 - Napoli 

GIUS. LATERZA & FIGLI, Editori - BARI, 



BENEDETTO CROCE 



CIO CHE E VIVO 
E CIÒ CHE È MORTO 

DELLA FILOSOFIA DI HEGEL 



STUDIO CRITICO 

SEGUITO 

DA UN SAGGIO DI BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 




1907 

GIUS. LATERZA & FIGLI 

TIPOGRAFI-EDITORI-LIBRAI 
BARI 



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PROPRIETÀ LETTERARIA 



/ HARVARD 
•'N'VERSITYl 
IIRDAPV 
! JAN-21 1966 

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SETTEMBRE MCMVI - 14601 



AVVERTENZA 



Insieme con questo volumetto vien fuori, 
presso lo stesso editore, V Enciclopedia delle 
scienze filosofiche di Hegel, da me tradotta 
per la collezione dei Classici della filosofia mo- 
derna, che si pubblica a cura mia e del mio 
amico prof. G. Gentile. 

Secondo il disegno di quella collezione, le 
introduzioni ai singoli testi debbono avere puro 
carattere filologico; e ne resta affatto esclusa 
ogni discettazione di carattere critico- filoso fico. 
Ma io non ho saputo resistere al desiderio di 
mettere in iscritto l'introduzione critico-filoso- 
fica, che mi s 9 era formata in mente, relativa 
all'opera di Hegel; cioè il mio modo di vedere 
circa il valore e le manchevolezze di quella 
filosofia. E poiché, — com'è ben naturale, — 
non ho pensato neppure per un istante a vio- 
lare la legge da me stesso stabilita, pubblico 
ora quel mio scritto, non come introduzione, 
ma come libro che sta da sé. 

Ciò valga a chiarire lo scopo, l'indole e i 
limiti della presente trattazione. 



VI 

Nella speranza che Ut traduzione dell'Enci- 
clopedia,, e queste mie indagini critiche, possano 
concorrere a risvegliare in Italia lo studio di 
quel gigante del pensiero che fu Hegel, faccio 
seguire al mio scritto una bibliografia delle 
opere di Hegel e dei lavori intorno ad esse: 
che è sorta da una serie di appunti presi dap- 
prima per mio uso personale, ed è certamente 
meno di quello che occorrerebbe per una com- 
pleta Bibliografia hegeliana; ma, a ogni modo, 
è qualcosa di più degli elenchi bibliografici, 
che si hanno finora. 

Napoli, marzo 1906. 

B. C. 



SOMMARIO 



i. 

La dialettica 
o la sintesi degli opposti. 

Il dominio di Hegel : la logica della filosofia — Diffi- 
coltà che incontra questo concetto — Tratti fondamentali 
della dottrina logica di Hegel — Ma noi ci fermeremo sul 
punto capitale e più controverso : la dialettica o il pro- 
blema degli opposti — I distinti e gli opposti — Esigenza 
dell'unità nel dissidio degli opposti — Tentativi unilate- 
rali di risolvere il problema — Impossibilità di eluderlo 

— Il pensiero ingenuo e il pensamento degli opposti — 
La poesia e la visione della realtà — Esigenza di una 
forma logica, analoga alla forma estetica — La scoperta 
di Hegel : la sintesi degli opposti o la dialettica — Verità 
di questa soluzione — Impossibilità di pensare altrimenti 

— La dialettica positiva, e la dialettica negativa — La 
confusione tra le due dialettiche, e la consequente obie- 
zione circa la sterilità della dialettica — La falsa idea 
della logicità, e l'obiezione circa l'indebito elemento in- 
tuitivo introdotto da Hegel — L'obiezione circa la pazzia, 
della quale sembra presa la realtà per effetto della dia- 
lettica — L'obiezione, che Hegel rifiuti il principio di 
identità — Ciò che Hegel rifiuta è, invece, la falsa appli- 
cazione del principio d'identità — La dialettica è il trionfo 
del principio d'identità, rettamente inteso. 



vni 



IL 
Chiarimenti 

CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA. 

La storia del principio dialettico e la storia generale 
della filosofia — Precedenti della scoperta hegeliana — 
Zenone e la dialettica del movimento — Eraclito e il di- 
venire — I dialoghi dialettici di Platone — Gnostici e 
neoplatonici — Niccolò da Cusa e la coincidentia oppo- 
sitorum — Giordano Bruno — Jacopo B6hme — La dia- 
lettica e la filosofia dopo Cartesio — Barlumi in Vico e 
in Hamann — La rivoluzione kantiana: germi dialettici 
nella filosofia di Kant — Fichte e Schelling — Progresso 
di Hegel su Schelling — Superiorità e originalità del 
pensiero di Hegel, che comprende e corregge i punti di 
vista dei suoi predecessori. 

III. 

La dialettica 
E la concezione della realtà. 

Hegel come pensatore dialettico effettivo — La ricon- 
quista dell'unità e compattezza del reale — La critica dei 
falsi distinti e dei falsi opposti : del falso infinito e della 
cosa in sé — La sintesi dei veri opposti — Il negativo come 
molla del reale — L'identificazione del razionale e del 
reale — - Superamento dell'ottimismo e del pessimismo — 
Concezione drammatica e tragica della vita — Hegel giù- 



IX 



stifica non il male, ma la funzione del male — Polemica 
contro gli scontenti della vita, gli umanitarii, i predica- 
tori di virtù — La « commedia della virtù » — Le passioni 
dell'uomo e V astuzia della ragione — I grandi uomini — 
La concezione di Hegel è di là dai partiti politici ; ma 
è la base razionale di ogni vera politica — Conseguenza 
della sintesi degli opposti e della distruzione dei falsi 
opposti: T importanza data alla storia nel sistema di 
Hegel — Tutta la storia diventa storia sacra — Negazione 
della trascendenza: irreligiosità, e insieme religiosità 
profonda del sistema — Paragone con Giambattista Vico 
—7 Vico e la religione — Vico e il senso storico — "L'astu- 
zia della ragione di Hegel, e la Provvidenza vichiana — 
La Fenomenologia dello spirito e la Scienza nuova. 

rv. 

Il nesso dei distinti 
e la falsa applicazione della forma dialettica. 

Malgrado il grande elemento di verità esposto di so- 
pra, diffidenza e ripugnanza che suscita il sistema di 
Hegel — La ripugnanza è fondata; e non si spiega 
con gli errori storici e naturalistici di Hegel, e con al- 
trettali piccole cause — La causa della ripugnanza de- 
v'essere in un errore filosofico — Giustamente, quanto 
al metodo, è stata cercata nella sua dottrina logica — Ma 
Terrore non è nella dialettica — La teoria dei concetti 
filosofici distinti — Impossibilità di ordinarli col metodo 
classificatorio delle scienze naturali — Hegel, e non Her- 
bart, è il vero critico della dottrina delle facoltà del- 



V anima — Nella logica filosofica, alla teorìa della classi- 
ficazione si sostituisce la teoria dei gradi — Precedenti 
storici : Vico ; il sensismo e Condillac; Fichte ; Schelling" 
e il metodo delle potenze — Paragone tra il nesso dei 
distinti e la sintesi degli opposti, tra la teoria dei gradi 
e la dialettica — Differenze logiche profonde tra i due 
rapporti — Nella teoria dei gradi manca la negazione o 
contradizione, che appartiene alla teoria del concetto in 
generale — Erroneità del trasportare il procedere dialet- 
tico ai concetti distinti — Hegel confonde le due teorie, 
e cade neir errore di far la dialettica dei distinti. — 
Questo è il primo grande caso di abuso della dialettica, 
che si trova in lui — Esempii della confusione — Da 
questo errore discendono tutti gli altri del sistema. 

V. 

La metamorfosi degli errori 

IN concetti particolari e gradi della verità. 

(La struttura della Logica). 

Doppia conseguènza della falsa applicazione della for- 
ma dialettica: 1°) gli errori filosofici, mutati in concetti 
particolari (Logica) ; 2°) i concetti particolari, mutati in 
concetti di errori filosofici (Estetica, Filosofia della storia, 
Filosofia della natura) — Il concetto dell'errore progres- 
sivo — Chiarimento: il progresso non è nell'errore, ma 
nella parte di verità, cui aderisce l'errore — L'errore 
è lo stimolo del divenire del pensiero, ma non è pen- 
siero — Il problema della Logica di Hegel: la critica 
delle definizioni inadeguate dell'Assoluto, e cioè dei 



XI 

sistemi filosofici — Doppio modo in coi si poteva svol- 
gere questa critica: 1*) in una storia della filosofia; 
2°) in un sistema filosofico, che insieme mostrasse le 
fonti perpetue degli errori — Hegel lavora nell'uno e nel- 
l'altro modo di esposizione. La Logica hegeliana e la Me- 
tafisica di Aristotile. La Storia della filosofia di Hegel — 
Ma, per la commessa confusione, tenta un terzo modo: la 
deduzione a priori degli errori come gradi necessari! del 
vero — Compito ineseguibile; e, per conseguenza, arbitrii 
nella struttura della Logica —r Arbitrio nel cominci a- 
mento — Arbitrio nella connessione delle parti — Ten- 
denze, che si mostrano nella Logica, verso le due forme 
genuine di trattazione in essa immanenti : tracce di una 
Storia della filosofia; tracce di una Filosofia dello spi- 
rito — Importanza dei contenuto della Logica, e artifi- 
ciosità del suo ordinamento — In qual modo quel libro 
sia da leggere. 

VI. 

La metamorfosi dei concetti particolari 
in errori filosofici. 

I. L'arte e U linguaggio (Estetica). 

La seconda conseguenza : la negazione dell'autonomia 
dell'arte, della storia, delle discipline naturalistiche — 
L'importanza dell'estetica di Hegel, come estetica roman- 
tica — Ma erroneità del suo concetto dell'arte — Il punto 
di partenza della Fenomenologia — Resta nascosta ad He- 
gel la forma originaria e ingenua dello spirito teoretico, 
che è l'arte — La coscienza immediata, primo grado della 



Xlt 

Fenomenologia, è già coscienza intellettiva — Gli resta 
nascosta l'indole del linguaggio, ed egli considera il 
linguaggio come forma logica, e quindi come imperfe- 
zione rispetto alla verità filosofica — Non sapendo che 
cosa fare dell'arte, la colloca, in conformità delle ve- 
dute del suo tempo, nella sfera della religione e della 
filosofia — Ma l'arte si differenzia per Hegel dalla filo- 
sofia, perchè è filosofia in forma sensibile, e quindi im- 
perfetta — Perciò l'arte è fenomeno, e muore nel mondo 
storico — Di qui il carattere antiestetico, che assume il 
sistema di Hegel — Mancandogli una filosofia del lin- 
guaggio, impossibilità per Hegel di criticare e distrug- 
gere la logica aristotelica, in quanto logica verbalistica. 

VII. 

La metamorfosi dei concetti particolari 

in errori filosofici. 

II. La storia (Idea di una filosofia della storia). 

Diversamente dall'arte, la storia presuppone il pensiero 
filosofico ; ma, come l'arte, ha per suo soggetto proprio 
l'elemento intuitivo — Appunto perciò, contradizione del- 
l'idea di una filosofia della storia, intesa come elabora- 
zione storica di secondo grado — Questa importerebbe 
l'annullamento della storia degli storici — Hegel doveva 
porre, e pose, una storia diversa da quella degli storici, 
e l'idea di una filosofia della storia, con un piano deter- 
minato a priori — Le sue riserve e le sue dichiarazioni, 
circa il rispetto che si deve ai fatti, non mutano nulla 
al suo pensiero fondamentale, benché ne documentino 



xm 

l'impossibilità — Riprove della negazione della storia 
fatta da Hegel — La filosofia della storia è per Ini la sola 
storia pensante — Disprezzo di Hegel per gli storici di 
professione — Sua teoria sui fatti degni di storia e sa 
quelli inessenziali, da rimandare al romanzo storico — 
Perniciosità di questa distinzione, per la quale, logica- 
mente, tutti i fatti verrebbero ad esser dichiarati inu- 
tili; e significato negativo del rinvio al romanzo — Per 
la posizione di una filosofia della storia, la filosofia 
di Hegel, che ha cosi forte carattere storico, finisce col 
disconoscere la funzione storica ; e dalla scuola di Hegel 
escono, insieme, grandi scrittori di storie, e garruli di- 
spregiatori della storia. 

Vili. 

La metamorfosi dei concetti particolari 
IN errori filosofici . 

III. La natura. 
{Idea di una filosofia della natura). 

Difficoltà di penetrare l'indole dei concetti naturali- 
stici — I tempi moderni, e la scienza esatta della natura — 
Inizio della ribellione contro il dominio delle scienze na- 
turali e matematiche — Ma pure, nella ribellione, per- 
siste il vecchio concetto di esse — Anche in Schelling 
ed in Hegel, che le considerano come una semifilosofia — 
La soluzione del dissidio non può trovarsi sé non nel ri- 
conoscimento del carattere meramente pratico delle disci- 
pline naturalistiche e matematiche — Tracce in Hegel di 
simile concezione : la tautologia delle leggi scientifiche; 



XIV 

le finzioni e gli arbitrii; la negazione della possibilità 
di una matematica filosofica — Tracce di un concetto 
meramente gnoseologico della parola natura — La tesi 
di Hegel, che la natura non abbia storia — Malgrado tutti 
questi accenni, Hegel seguita a considerare i concetti 
naturalistici e matematici come fatti teoretici imper- 
fetti, errori filosofici, da inverarsi nella filosofia della 
natura— Insostenibilità dell 1 idea di una filosofia della na- 
tura — Nessuna differenza sostanziale tra quella hegeliana 
e la schellinghiana — Nessun rapporto intimo tra il di- 
venire hegeliano nella concezione della natura e il dar- 
vinismo — Il libro della Filosofia di natura, e la sua parte 
sana, che è la critica della metafìsica naturalistica e mec- 
canica — Tenerezza di Hegel per le discipline naturalisti- 
che e matematiche, e sua ostilità contro i naturalisti e 
matematici di professione — Hegel contro Newton — Ten- 
tativi di un' impossibile conciliazione tra metodo natura- 
ralistico e metodo speculativo — Imbarazzi di Hegel nel- 
T intrapresa di razionalizzare le categorie naturalistiche; 
e sua escogitazione dell'impotenza della natura ad at- 
tuare il concetto. 

IX. 

La costruzione delle false scienze 

e l'applicazione della dialettica all'individuale 

e all'empirico. 

Hegel non si ferma ai mero programma, ma esegue di 
fatto la filosofia della storia e della natura— In questo 
passaggio all'attuazione, è costretto a trattar dialettica- 
mente i fatti individuali e i concetti empirici — Questo il 



XV 

secondo grande abuso, derivante dal primo, del metodo 
dialettico — Il quale abuso, danneggiando gli studii sto- 
rici e le scienze empiriche, provoca una reazione — Ma 
considerazioni da fare: Hegel come naturalista e come 
storico — Valore grande dei libri storici di Hegel : idee 
di essi, entrate nel patrimonio della nostra coltura — Er- 
rori nascenti da altri presupposti filosofici — Fatte queste 
riserve, resta sempre vero che Hegel commise queir abuso 
della dialettica — In grado minore, nei libri di storia: 
pur tuttavia, esempii di applicazioni dialettiche alla sto- 
ria della poesia, dell'arte e della religione, e alla geo- 
grafia — In maggior copia, nella filosofia della natura — 
Esempii presi dalla geometria, dalla cosmografia, dalla 
fisica, dalla botanica, dalla fisiologia — Esempii di ap- 
plicazione dialettica ai concetti empirici dell 1 estetica, 
della logica, della filosofia dello spirito — Caricatura, 
che Hegel fa inconsapevolmente, della sua grande sco- 
perta — Hegel e il mito. 

X. 

Il dualismo non superato. 

Il panlogismo di Hegel deriva dalla sua falsa applica- 
zione della dialettica — Logica e metafisica — Accusa 
di dualismo — L'oscuro passaggio dall' idea alla natura — 
Interpolazioni varie, che se ne son date, e che non sono 
conformi al pensiero genuino di Hegel — Il passaggio 
come nient'altro che il rapporto tra filosofia ed esperienza; 
il rapporto di natura e spirito come quello d' individuale e 
d'universale; o come quello di negativo e positivo; o 



XVI 

come distinzione empirica nel seno del Logo — Critica di 
queste varie interpetrazioni — Per Hegel, natura e spirito 
sono concetti realmente distinti — Tentativo di superarne 
la dualità con l'aggiunta del termine Logo, che dà la 
tesi all'antitesi Natura, e alla sintesi Spirito assoluto — 
Vanità del tentativo — Il Logo come il fondo oscuro della 
vecchia metafisica — Dualismo non superato — Eagione 
della divisione della scuola hegeliana in una destra e in 
una sinistra, la prima teistica, la seconda materialistica — 
L'opposizione delle due scuole era già in Hegel stesso. 

XI. • 

La critica e la continuazione 

del pensiero di hegel. 

Conclusione. 

Quale compito sarebbe spettato ai critici e ai continua- 
tori di Hegel : serbar il nuovo concetto del concetto e la 
sintesi degli opposti, rifacendo, in base ad essi, la co- 
struzione del sistema — La scuola hegeliana fallisce a 
questo compito; e, nei suoi diversi indirizzi, persiste 
sempre nella falsa applicazione della dialettica — Es empii 
tolti da hegeliani di destra: Michelet, Eosenkranz, Vera 
— e di sinistra: F. Engels —Altri esempii — Gli sco- 
lari critici e cauti, e il riportamento di Hegel a Kant: 
K. Fischer, Spaventa, Stirling — Gli avversarli di Hegel : 
critica insufficiente, perchè meramente negativa — Il so- 
pravvenire della barbarie filosofica: Hegel, aborrito come 
simbolo della Filosofia stessa — Migliori disposizioni ai 
tempi nostri : rinascita di romanticismo filosofico e di 



xvn 

altre condizioni favorevoli all' intelligenza di Hegel — Il 
problema gnoseologico, che si vien formulando da scrit- 
tori recenti, era stato già formulato e oltrepassato da 
Hegel — Impossibilità di accettare tutto Hegel e di tutto 
rifiutarlo — Hegel in Germania, in Italia e in Inghil- 
terra — In qual senso si può e si dev'essere hegeliani 
— Intanto, è debito d'onore far cessare l'ignoranza circa 
il pensiero di Hegel. 



s' 



La dialettica 
o la sintesi degù opposti. 

Hegel è di quei filosofi, che hanno fatto oggetto 
del loro pensiero non solo la realtà imme- 
diata, ma la filosofia stessa, contribuendo per tal 
modo a stabilire una logica della filosofia. Anzi, a 
me sembra, la logica della filosofia, — con le tante 
conseguenze, che ne discendono per la soluzione 
dei problemi particolari e per la concezione della 
vita, — fu il segno a cui egli rivolse lo sforzo 
maggiore della sua mente. In essa trovò, o con- 
dusse a perfezione e fece valere, principii di alta 
importanza, che erano stati ignorati o appena ac- 
cennati dai filosofi anteriori, e che perciò pos- 
sono considerarsi come vere sue scoperte. 

È strana l'avversione che incontra questo con- 
cetto, — che pure è assai semplice e dovrebbe 
esser accettato per evidenza irresistibile, — di una 
logica della filosofia : cioè a dire, in altri termini, 
che la filosofia si muova secondo un suo proprio 



2 LA DIALETTICA 

metodo, di cui sia da indagare e formulare la teo- 
ria. Nessuno mette in dubbio che le matematiche 
abbiano un lor metodo, che si studia nella lo- 
gica delle matematiche; che le scienze naturali 
abbiano il loro, e quindi sorga la logica dell'os- 
servazione, dell'esperimento, dell'astrazione; che 
abbia il suo la storiografia, e vi sia perciò una 
logica del metodo storico; la poesia e l'arte in 
genere, e si abbia la logica della poesia e dell'arte, 
l'estetica; che nell'operosità economica sia insito 
un metodo, il quale appare poi in forma riflessa 
nella scienza economica; e che un metodo suo 
abbia, infine, l'attività morale, e in forma ri- 
flessa si presenti come etica (o logica della vo- 
lontà, secondo è stata talvolta chiamata). Ma, 
quando poi si giunge innanzi alla filosofia, mol- 
tissimi recalcitrano alla conseguenza: che dunque 
anche la filosofia, — una volta che la si fa, — debba 
avere un metodo suo proprio, che occorre de- 
terminare. E, per converso, pochissimi si meravi- 
gliano del fatto, che i trattati di logica, concedendo 
larga parte alla considerazione delle discipline 
matematiche, naturalistiche e storiche, non diano 
di solito alcun rilievo alle discipline filosofiche, 
e spesso le passino addirittura sotto silenzio. 

Che una logica della filosofia venga negata da 
chi, — o per irriflessione o per confusione mentale 



O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 3 

o per bizzarria, — nega la filosofia in genere, è 
ben naturale: non potendosi pretendere che si 
ammetta la teoria di un oggetto, del quale si è 
discQnosciuta la realtà. Non esiste la filosofia, non 
esiste perciò neppur la logica della filosofia, e 
buona notte: chi si contenta, gode. Ma, se io ho 
parlato di sopra di uno spettacolo strano, gli è per- 
chè troppe volte si vedono gli stessi filosofi, o 
filosofanti, che sieno, mostrarsi privi di qualsiasi 
coscienza di quella ineluttabile necessità. E di essi 
alcuno asserisce che la filosofia debba seguire il 
metodo astratto-deduttivo delle matematiche : ed 
altri non scorge per lei altra via di salvazione, che 
l'attenersi rigorosamente al metodo sperimentale; 
e sogna e vanta una filosofia che si studii nei 
gabinetti e nelle cliniche, una metafisica empi- 
rica, e via dicendo. Perfino, — ed è l'ultimissima 
moda, se non nuova, rimessa a nuovo, — si suole 
ora raccomandare una filosofia individuale e fan- 
tastica, che si produca come arte. Cosi, tutti i 
metodi sembrano buoni per la filosofia (dal com- 
passo e dal bisturi, via via fino alla cetra!), — 
salvo quello filosofico. 

Contro siffatte vedute sarebbe bastevole una 
sola osservazione: che cioè, se la filosofia deve 
dar l'intelligenza, ed esser come la coscienza 
riflessa dell'arte e della" storia, della matematica 



4 LA DIALETTICA 

e delle indagini naturalistiche, e dell'attività pra- 
tica e morale, non s'intende com'essa possa far 
ciò, conformandosi al metodo di uno di quegli 
oggetti particolari. Chi, innanzi a una poesia, si 
limiti ad applicare il metodo poetico, risentirà 
in sé la creazione del poeta, questa o quella 
opera d'arte determinata; ma non sarà giunto, 
per questa strada, alla cognizione filosofica della 
poesia. Chi, innanzi a una teoria matematica, si 
limiterà a matematicheggiare, sarà il discepolo, 
il critico, il perfezionatore di quella teoria; ma 
non sarà pervenuto alla cognizione dell'indole 
del lavoro matematico. Se l'oggetto della filosofia 
non è la produzione o la riproduzione dell'arte 
e della matematica e delle altre varie attività 
dell'uomo, ma è la comprensione — l'intelli- 
genza — di esse tutte, questa comprensione è essa 
stessa un'attività, che ha un suo metodo infuso 
o implicito, il quale importa rendere esplicito. 
Comunque sia, è vana speranza il poter in- 
tendere e giudicare l'opera di Hegel, se non si 
tien sempre fermo innanzi alla mente, che il pro- 
blema che abbiamo enunciato, fu il suo princi- 
pale, il suo grande problema : il problema cen- 
trale della Fenomenologia dello spirito, e delle 
nuove forme con cui questo libro si presentò nella 
Scienza della logica e nell'Enciclopedia delle 



LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 5 

scienze filosofiche. E un'esposizione compiuta 
del pensiero di Hegel, un'esposizione intima e 
critica, che non consista, come in quasi tutte le 
storie della filosofìa, e nelle stesse monografie 
speciali intorno a lui (per esempio, nella recente 
ed amplissima di Kuno Fischer), in una ripeti- 
zione riassuntiva del contenuto dei suoi libri, pe- 
dissequa fin nelle ripartizioni per sezioni e ca- 
pitoli, — dovrebbe, in prima linea e in massima 
parte, esser consacrata alla sua dottrina intorno 
alla natura dell'indagine filosofica, e alle diffe- 
renze di tale indagine rispetto alle altre forme 
teoretiche e non teoretiche. 

Si dovrebbe, anzitutto, mettere in chiaro il 
triplice caràttere che assume, secondo Hegel, 
il pensamento filosofico, di fronte ai tre modi o 
atteggiamenti spirituali, coi quali più facilmente 
si suole scambiarlo, il pensamento filosofico è, per 
Hegel: 1°, concetto; 2*, universale; 3°, concreto. 
È concetto, e cioè non è sentimento o rapimento 
o intuizione trascendentale, o altro simile stato 
psichico alogico e indimostrabile. Ciò stabilisce 
la differenza della filosofia rispetto alle dottrine 
del misticismo e del sapere immediato; le quali 
hanno, tutt'al più, un significato negativo, in 
quanto riconoscono che la filosofia non può co- 
struirsi col metodo delle scienze empiriche e 



6 LA DIALETTICA 

naturali, delle scienze del finito: ma non già un 
significato positivo. Sono, se si vuole, profonde, 
ma di una « profondità vuota ». Contro il mi- 
sticismo, le smanie, i sospiri, il levar gli occhi 
al cielo e piegare i colli e serrar le mani, gli 
sdilinquimenti, gli accenni profetici, le frasi mi- 
steriose da iniziati, Hegel diventa ferocemente 
satirico; e mantiene sempre che la filosofia deve 
avere forma intelligibile e ragionata; dev'essere 
« non esoterica, ma essoterica », non cosa di 
setta, ma di umanità. — Il concetto filosofico 
è universale, e non già meramente generale: 
non è da confondere con le rappresentazioni 
generali, quali, ad esempio, la casa, il cavallo, 
Y azzurro, che per un uso, come Hegel dice, 
barbarico, si denominano ordinariamente con- 
cetti. Ciò stabilisce la differenza della filosofia 
rispetto alle scienze empiriche e naturali, che 
si soddisfano di tipi e di generalità rappre- 
sentative, e dei loro aggregati. — L'universale 
filosofico, infine, è concreto, vale a dire non 
consiste di astrazioni arbitrarie: non è ischele- 
trimento della realtà, ma comprensione di essa in 
tutta la sua ricchezza e pienezza: le astrazioni 
filosofiche sono necessarie, e perciò si adeguano 
al reale, e non lo mutilano o falsificano. E ciò 
stabilisce la differenza della filosofia rispetto alle 



6 CA SINTE8I DEGLI OPPOSTI T 

discipline matematiche; le quali non giustificano 
i loro punti di partenza, ma « li comandano » ; e 
bisogna — dice Hegel — ubbidire al comando 
di tirar proprio queste e queste linee, senza sa- 
per altro che aver la buona fiducia che la cosa 
sarà « opportuna » per l'andamento della dimo- 
strazione. La filosofia invece ha per oggetto ciò 
che realmente è; e deve giustificare pienamente 
sé stessa, senza ammettere in sé, o lasciare fuor 
di sé, nessun presupposto (*). 

E alla dilucidazione di questa triplice diffe- 
renza, onde il vero concetto, il concetto filoso- 
fico, appare logico, universale e concreto, biso- 
gnerebbe, in un'esposizione compiuta, far seguire 
quella delle minori dottrine, che si collegano alla 
prima e fondamentale: alcune delle quali impor- 
tantissime, com' è la ripresa dell'argomento onto- 
logico (la difesa di S. Anselmo contro Kant), della 
tesi cioè che nel concetto filosofico l'essenza im- 
plica l'esistenza, e non ne è staccata secondo, 
accade nelle rappresentazioni del particolare ; la 
dottrina del « giudizio », inteso come nesso di 
soggetto e predicato, e che perciò, in quanto si 
appoggia su un sostrato non analizzato, vien ri- 



ci) Si vedano in particolare l'introduzione alla Fenomenologia , e 1 
preliminari dell' Enciclopedia. 



8 LA DIALETTICA 

conosciuto inadeguato alla filosofia, la cui vera 
forma è quella del « sillogismo », inteso come 
la piena logicità che si ricongiunge con sé stessa; 
la critica della teoria, che pone il concetto come 
un complesso di note (il che Hegel chiama la vera 
nota della superficialità della logica ordinaria); 
la critica delle divisioni per specie e classi; la 
dimostrazione della nullità di ogni calcolo logico 
(dimostrazione, che ai tempi nostri può avere di- 
retta efficacia curativa); ed altre dottrine, non 
meno importanti. 

Ma non è mio proposito di fare in queste pa- 
gine un'esposizione completa del sistema di He- 
gel, e neppure della sola sua dottrina logica; 
sibbene di concentrare tutta l'attenzione su quella 
parte, che è la più caratteristica del suo pen- 
siero; e sui nuovi aspetti di verità da lui rive- 
lati e, per conseguenza, anche sugli errori che 
non seppe distruggere, e in cui, per quella parte, 
egli incorse. Onde, lasciando da banda le tesi 
ora brevemente accennate, — contro le quali la 
ribellione non mi par possibile, benché ricono- 
sca che sia da promuoverne l'apprendimento, 
costituendo esse come l'abbiccì, ora spesso tra- 
scurato, della filosofia; — vengo senz'altro al 
punto, intorno a cui si sono accese tutte le di- 
spute e contro cui si sono appuntate le nega- 



O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 9 

zioni recise degli avversarti : che è la trattazione 
hegeliana del problema degli opposti. 

È un problema del quale occorre chiarir bene 
i termini, per intenderne tutta la gravità e la 
difficoltà. Il concetto filosofico, — che, come si è 
ricordato, è universale concreto, — in quanto tale, 
in quanto concretezza, non esclude, anzi include 
in sé le distinzioni : è l'universale in sé distinto, 
e risultante da quelle distinzioni. Come i concetti 
empirici si distinguono in classi e sottoclassi, cosi 
quello filosofico ha le sue forme particolari; ma non 
ne è l'aggregato meccanico, sibbene l'organismo, 
in cui ogni forma si congiunge intimamente con le 
altre e col tutto. Per esempio, la fantasia e l'in- 
telletto sono concetti filosofici particolari, rispetto 
a quello di spirito o attività spirituale; ma non 
sono fuori o sotto dello spirito, anzi sono lo spi- 
rito stesso in quelle forme particolari; né poi l'uno 
è separato dall'altro, come due entità chiuse 
ciascuna in sé stessa ed estranee tra loro, ma 
l'uno passa nell'altro; onde la fantasia, come 
volgarmente si dice, per quanto distinta dall'in- 
telletto, è il fondamento dell' intelletto, indispen- 
sabile a questo. 

Se non che, il nostro pensiero nell' indagare 
la realtà, si trova innanzi non soltanto i con- 
cetti distinti, ma anche gli opposti; che non pos- 



10* £A DIALETTICA' 

soncflé&fcerè idfentìficati coi primi, riè Considerati * 
come oasi speciali dei primi, quasi una sorta di 1 
distinti. Aitila* è la categoria logica d'ella distin- 
zione; altra quella dell'opposizione. Due concetti 
distinti si congiungono, come si è detto, tra loro, 
pur nella loro distinzione; due concetti opposti 
sembrano escludersi: dove entra l'uno, sparisce 
totalmente l'altro. Un concetto distinto è pre- 
supposto e vive nell'altro, che segue ad essfr 
nell'ordine ideale: un concetto opposto è ucciso 
dal suo opposto: per essi vale il detto: mors 
tua, vita mea. Esempii di concetti distinti sono 
quelli, già recati, della fantasia e dell'intelletto, e 
gli altri, che potrebbero aggiungersi, del diritto, 
della moralità, e simili. Ma gli esempii dei con- 
cetti opposti si traggono da quelle tante coppie di 
parole, di cui è pieno il nostro linguaggio, e che 
non costituiscono certamente coppie pacifiche e 
amichevoli. Sono le antitesi del vero e del falso, 
del bene e del male, del bello e del brutto, del 
valore e del disvalore, della gioia e del dolore, 
dell'attività e della passività, del positivo e del 
negativo, della vita e della morte, dell'essere 
e del nulla; e via enumerando. Non è possibile 
scambiar le due serie, quella dei distinti e quella 
degli opposti; tanto sono spiccatamente diverse. 
Ora, se la distinzione non impedisce, anzi rende 



LA SINTESI DEGÙ OPPOSTI 11 

possibile l'unità concreta del concetto filosofico, 
non sembra che possa pensarsi il medesimo del- 
l'opposizione. Questa dà origine a scissure pro- 
fonde nel seno dell'universale filosofico e di cia- 
scuna delle sue forme particolari, e a dualismi 
inconciliabili. Invece dell'universale concreto, del 
ricercato organismo della realtà, il pensiero par 
che urti dappertutto in due universali : l'uno di 
fronte all'altro, l'uno minacciante l'altro. Il com- 
pimento della filosofia ne è impedito ; e, giacché 
un'attività, che non possa raggiungere il suo com- 
pimento, mostra con ciò stesso di essersi pro- 
posta un compito assurdo, la filosofia stessa, tutta 
la filosofia, è minacciata di fallimento. 

La realtà di questa esigenza ha fatto si che 
la mente umana si è sempre travagliata, — pur 
senza rendersene conto sempre in modo espli- 
cito, — nel problema degli opposti. E una delle 
soluzioni, alle quali si è andata appigliando nel 
corso dei secoli, è stata quella di escludere Top- 
posizione dal concetto filosofico; sostenendo la 
non esistenza della perigliosa categoria logica 
degli opposti o contrarìL II fatto mostrava, a dir 
vero, proprio l'opposto; ma al fatto si dava una 
smentita, e dei due termini si accettava uno 
solo, dichiarando l'altro illusione, o, che è lo 
stesso, mettendo tra l'uno e l'altro una differenza 



12 LA DIALETTICA 

insensibile e meramente quantitativa. Siffatta 
dottrina logica degli opposti è inclusa nei si- 
stemi filosofici del sensismo, dell'empirismo, dei 
materialismo, del meccanismo, o come altro si 
chiamino. Cosi il pensiero e la verità son dive- 
nuti, secondo meglio è piaciuto, una secrezione 
del cervello o un effetto di associazione e di 
abitudine, la virtù un miraggio dell'egoismo, la 
bellezza un assottigliamento della sensualità, 
l'ideale non so qual sogno voluttuoso o di ca- 
priccio; e via dicendo. 

Contro questa prima, ha spiegato, anche nel 
corso dei secoli, la sua forza l'altra dottrina 
logica, che colloca come categoria fondamentale 
quella dell'opposizione. È la dottrina che si ri- 
trova nei varii sistemi dualistici : i quali riasse- 
riscono l'antitesi, fatta sparire dai primi con un 
giuoco di bussolotti; ed accentuano entrambi i 
termini, l'essere e il non essere, il bene e il male, 
il vero e il falso, l'ideale e il reale, i termini 
dell'una serie in. contrasto, appunto, con quelli 
dell'altra. E, senza dubbio, contro la prima, la ve- 
duta dualistica ha valore; ma non più che valore 
polemico, per negare la negazione dell'altra. In- 
trinsecamente, essa contenta cosi poco come l'al- 
tra; perchè, se la prima sacrifica l'opposizione al- 
l'unità, la seconda sacrifica l'unità all'opposizione. 



LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 13 

Al pensiero entrambi questi sacrifica riescono 
tanto impossibili, che si vedono poi continua- 
mente i sostenitori dell'una dottrina convertirsi, 
in modo più o meno consapevole, in sostenitori 
dell'altra. E gli unitaristi introducono surretti- 
ziamente la dualità degli opposti, chiamandola 
dualità di realtà e di illusione; ma dell'illusione 
saprebbero far di meno così poco come della 
realtà; anzi dicono talvolta, perfino, che l'impulso 
della vita è nell'illusione. E gli opposizionisti am- 
mettono tutti un' identificazione o unità degli op- 
posti: inattingibile alla mente umana a cagione 
dell'imperfezione di questa, ma necessaria per 
la concezione della realtà. A questo modo, gli 
uni e gli altri si avviluppano in contradizioni e 
vengono a riconoscere apertamente che il pro- 
blema, che essi si erano proposti, non è stato 
risoluto, e rimane come problema. 

Perchè la « necessaria illusione » , o la « necessa- 
ria imperfezione della mente umana » , sono suoni, 
ai quali, per quanto si cerchi, non si riesce a dare 
un significato. Noi non conosciamo se non illusioni 
accidentali e relative; imperfezioni individuali 
e relative. Una realtà fuori della realtà, una mente 
fuori della mente umana, non si può concepirla, 
né farla termine di paragone. E la realtà e la 
mente ci mostrano così l'unità come l'opposizione; 



14 LA DIALETTICA 

e gli unitaristi, in quanto affermano la prima, 
gli oppo8Ìzionisti, in quanto affermano l'altra, 
hanno (secondo il motto di Leibniz a proposito 
dei sistemi filosofici) ragione in ciò che affermano 
e torto in ciò che negano. Hegel non si stancò mai 
d'ammirare la virile fermezza dei materialisti 
e sensisti e monisti di ogni sorta, nell'asserire 
l'unità del reale; e se, per le condizioni storiche 
in cui si svolse il suo pensiero, ammirò meno 
le forme dualistiche, e anzi non tralasciò occa- 
sione di testimoniar loro la sua antipatia, non 
dimenticò per altro mai, che la coscienza del- 
l'opposizione è altrettanto giustificata e invinci- 
bile, quanto quella dell'unità. 

Il caso sembra, dunque, disperato; e disperato, 
si potrebbe dire, perfino della disperazione: giac- 
ché il partito del dichiarare la questione inso- 
lubile sarebbe un partito da pensarci, se, v col 
pensarci, non avessimo già tagliato il nodo a 
favore del pensiero, e cioè della speranza. L'os- 
servatore indifferente, che guardi alla storia della 
filosofia, vede ad ogni affermazione di monismo 
seguire una restaurazione di dualismo, e vice- 
versa: l'uno impotente a soffocar l'altro, ma 
potente temporaneamente ciascuno a tener in 
rispetto l'altro. Par quasi che l'uomo, quando 
è sazio dell'uniformità del monismo, si divaghi 



. O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 15 

nella varietà del dualismo; e, quando è stanco 
di questo, si ri tuffi nel monismo; ed alterni i due 
movimenti, temperando igienicamente l'uno con 
Faltro. L'osservatore indifferente, a ogni epide- 
mia di materialismo, dice sorridendo: — Aspet- 
tate; ora verrà lo spiritualismo. — E, quando 
questo celebra i suoi maggiori trionfi, sorride allo 
stesso modo e dice: — Aspettate; fra poco tornerà 
il materialismo ! — Ma il sorriso è sforzato o fug- 
gevole, perchè non è veramente allegra la con- 
dizione di chi, senza requie, è sballottato da un 
estremo all'altro, come per opera di una forza 
a lui superiore e indomabile. 

Eppure tra le difficoltà, che ho voluto mettere 
in luce in tutta la loro asprezza, c'è nel fondo 
del nostro animo, una tenace persuasione, che 
quel dualismo indomabile, quel dilemma irridu- 
cibile sia, in fondo, domabile e riducibile: che 
il pensiero dell'unità non sia inconciliabile con 
quello dell'opposizione, e che l'opposizione si possa 
e si debba pensarla nella forma del concetto, 
che è suprema unità. Il pensiero ingenuo, — 
il quale si suol chiamare non filosofico, e me- 
glio forse si chiamerebbe sommariamente, o ger- 
minalmente, filosofico, — non s'imbarazza in- 
nanzi alla difficoltà: pensa l'unità e, tutt' insieme, 
l'opposizione. Il suo motto è non già il mors 



16 LA DIALETTICA 

tua, vita mea, ma la concordia discors. Esso 
riconosce che la vita è lotta, eppure è armonia; 
che la virtù è un combattimento contro noi stessi, 
eppure è noi stessi; che, superata un'opposizione, 
dal seno stesso dell'unità nasce una nuova opposi- 
zione, e quindi un nuovo superamento e poi una 
nuova opposizione, e via di séguito: ma che que- 
sto appunto è la vit^. Non sa di sistemi esclusivi: 
la sapienza dei proverbii dà un colpo al cerchio e 
un altro alla botte, e ci ammonisce con osserva- 
zioni ottimistiche e pessimistiche, che si negano 
e si compiono a vicenda. — Che cosa manca al 
pensiero ingenuo, alla filosofia germinale? Im- 
plicitamente, nulla; e perciò, tra il fumo e la 
polvere delle battaglie della scienza, si sospira 
sempre al buon senso, alla verità che ognuno 
trova immediatamente in sé stesso, senza gli 
stenti e le sottigliezze e le esagerazioni dei filo- 
sofi di professione. Ma il sospiro è sterile: la 
battaglia è impegnata, e non si può tornare alla 
pace se non con la vittoria. Il pensiero ingenuo, — 
questo è il suo difetto, — non è in grado di ren- 
der conto delle sue affermazioni: ad ogni obie- 
zione vacilla e si confonde e si contradice: le 
sue verità non sono verità compiute, perchè si 
trovano poste l'una accanto all'altra, e non già 
connesse tra loro: c'è la giusta posizione, manca 



O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 17 

il sistema. Ben venute le contradizioni e i dub- 
bii e la coscienza dolorosa delle antitesi; ben 
venuta la guerra, se è necessaria per raggiun- 
gere la verità compiuta e sicura di sé. La quale 
verità, dunque, diversissima da quella del pen- 
siero comune ed ingenuo pel grado di elabo- 
razione, non potrà non essere sostanzialmente 
la stessa; ed è certo cattivo segno, quando una 
filosofia è in contrasto con la coscienza ingenua. 
Anzi, per questo appunto accade che, innanzi 
alla semplice enunciazione conclusiva di verità 
filosofiche, le quali sono costate sforzi di secoli, 
si veda spesso la gente scrollare le spalle ed 
osservare, che la vantata scoperta è poi una 
cosa facilissima e a tutti nota. Proprio il me- 
desimo di quel che accade per le più geniali 
creazioni dell'arte; le quali si svolgono con tanta 
semplicità e naturalezza, che ognuno ha l'illu- 
sione di averle fatte, o di poterle far lui. 

Se il pensiero ingenuo ci dà la speranza e 
l'indizio della conciliabilità dell'unità con l'op- 
posizione, un altro fatto ci sta innanzi, che ce 
ne porge come il modello approssimativo. Il filo- 
sofo ha accanto a sé il poeta. E anche il poeta 
cerca il vero; anche il poeta ha sete di realtà; 
anch'egli, còme il filosofo, ripugna alle astrazioni 
arbitrarie, perchè tende al vivo e al concreto: 



18 LA DIALETTICA 

aborre anch' egli le mute smanie dei mistici e 
dei sentimentali, perchè ciò ch'egli sente dice, 
e fa suonare all'orecchio in belle parole, limpide 
ed argentine. Ma il poeta non è condannato al- 
l'inconseguibile: questa realtà, che è dilaniata 
da opposizioni, egli la contempla e la rende, vi- 
brante di opposizione,, eppure una e indivisa. 
Non potrà il filosofo fare il medesimo? Non è 
la filosofia contemplazione, come la poesia? Per- 
chè al concetto filosofico, analogo in tutto al- 
l'espressione estetica, dovrà mancare questa per- 
fezione che ha l'altra, questa potenza di risolvere 
e rappresentare l'unità nell'opposizione? Certo, 
la filosofia è contemplazione dell'universale, e 
perciò pensiero; e la poesia, contemplazione del- 
l'individuale, e perciò intuizione e fantasia. Ma 
perchè l'universale filosofico non potrà, come 
l'espressione estetica, essere insieme diverso e 
uno, discorde e concorde, discreto e continuo, 
preciso e mobile? Perchè, nel salire che fa la 
mente dalla contemplazione del singolo a quella 
del tutto, la realtà dovrebbe perdere il suo ca- 
rattere proprio? Non è l'Uno cosi vivo in noi 
come il singolo? 

Ed ecco Hegel manda il suo grido di giubilo, 
il grido dello scopritore, l'eureka, il suo prin- 
cipio di risoluzione del problema degli opposti: 



O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 19 

principio semplicissimo, e che par tanto ovvio da 
meritar di esser messo con gli altri, che si simbo- 
leggiano nell'uovo di Colombo. Gli opposti non 
sono illusione, e non è illusione l'unità. Gli opposti 
sono opposti tra loro, ma non sono opposti verso 
l'unità; giacché l'unità vera e concreta non è altro 
che unità, o sintesi, di opposti: non è immobilità, 
è movimento; non è stazionarietà, è svolgimento. 
Il concetto filosofico è universale concreto; e per- 
ciò è pensamento della realtà come, tutt' insieme, 
unita e divisa. Solo cosi la verità filosofica ri- 
sponde alla verità poetica; e il palpito del pen- 
siero al palpito delle cose. 

È, infatti, la sola soluzione possibile; e tale 
che non respinge le due precedenti, che ho de- 
nominate del monismo e del dualismo degli op- 
posti, ma le giustifica entrambe, considerandole 
come verità unilaterali, frammenti di verità, che 
aspettano la loro integrazione in una terza, con 
la quale sparisce la prima, la seconda e la terza 
medesima, fondendosi nell'unica verità. E l'unica 
verità è, che l'unità non ha di fronte a sé l'op- 
posizione, ma l'ha in sé stessa; e che, senza 
l'opposizione, la realtà non sarebbe realtà, per- 
chè non sarebbe svolgimento e vita. L'unità è 
il positivo, l'opposizione è il negativo; ma il ne- 
gativo è anche positivo, positivo in quanto ne- 



20 LA DIALETTICA 

gativo; e, se tale non fosse, non si comprende- 
rebbe la pienezza del positivo. Se l'analogia tra 
poesia e filosofia non piacesse; se il concetto 
concreto, rispondente, come forma logica dello 
svolgimento, all'intuizione, forma poetica di esso, 
sembrasse poco chiaro; ora che i paragoni e le 
metafore si pigliano più volentieri dalle scienze 
naturali; si potrebbe dire, — sacrificando la 
esattezza dell'analogia all'opportunità del para- 
gone, — che l'universale concreto, con la sua 
sintesi degli opposti, coglie la vita e non il cada- 
vere della vita: dà la fisiologia, e non V anato- 
mia del reale. 

Hegel chiama la sua dottrina circa gli oppo- 
sti la dialettica, rifiutando, come atte ad inge- 
nerare equivoci, le altre formule dell' unità e 
della coincidenza degli opposti, perchè in queste 
si dà rilievo all' unità e non già anche, insieme, 
all'opposizione. I due elementi astratti, ossia gli 
opposti presi da sé, nella loro separazione, sono 
da lui detti momenti, con immagine tratta dai 
momenti della leva; e momento vien detto tal- 
volta anche il terzo termine, quello della sin- 
tesi. Il rapporto dei due primi col terzo è espresso 
con la parola risolvere o superare (aafheben), 
che, come Hegel avverte, importa che i due mo- 
menti sono negati in quanto si prendono staccati, 



O LA SINTESI DEGÙ OPPOSTI 21 

ma vengono conservati nella sintesi. Il secondo 
termine rispetto al primo si configura come nega- 
zione, e il terzo rispetto al secondo come nega- 
zione della negazione, o negatività assoluta, che 
è poi assoluta affermazione. Applicando, per co- 
modo di esposizione, a tale rapporto logico i 
simboli numerici, la dialèttica si può chiamare 
una triade o trinità, perchè risulta composta di 
tre termini; ma Hegel non cessa di mettere in 
guardia circa il carattere estrinseco ed arbitrario 
di codesta simbolica numerica, affatto impropria 
ad esprimere la verità speculativa. E, in effetti, 
esattamente parlando, nella triade dialettica non 
si pensano tre concetti, ma un solo, che è l'uni- 
versale concreto, nella sua intima costituzione. — 
Giacché poi, per ottener questa sintesi, bisogna 
porre anzitutto l'opposizione dei termini ; se l'at- 
tività, che pone l'opposizione, si chiama V intel- 
letto, e l'attività che dà la sintesi, la ragione; 
è evidente che l'intelletto è necessario alla ra- 
gione, è un momento di essa, le è intrinseco; e 
cosi infatti Hegel talvolta lo considera. 

Chi non si solleva al modo anzidetto di pensar 
gli opposti, non può fare alcuna affermazione 
filosofica che non si contradica e non si converta 
nella sua contraria, come si è già accennato nel 
toccare le antitesi del monismo e dualismo, e 



22 LA DIALETTICA 

come può vedersi nella prima triade della Lo- 
gica hegeliana: la triade, che compreude in sé 
tutte le altre, e che è costituita, come è noto, dei 
termini: essere, nulla, divenire. Che cosa è Tes- 
sere senza il nulla? Tessere puro, indeterminato, 
inqualificato, indistinguibile, ineffabile; Tessere, 
beninteso, in universale, non questo o quelTes- 
sere particolare? in che modo si distingue dal 
nulla? E che cosa, d'altra parte, è il nulla senza 
Tessere, il nulla concepito in sé, senza determi- 
nazione e qualifica alcuna, il nulla in generale, 
non il nulla di questa o quella cosa particolare? 
in che modo si distingue da quell'essere? Chi 
prende Tun solo dei due termini, gli è come se 
prendesse solo l'altro; giacché l'uno ha signifi- 
cato solo nell'altro e per l'altro. Cosi chi prende 
il vero senza il falso, o il bene senza il male, fa 
del vero qualcosa di non pensato, — perchè pen- 
siero è lotta contro il falso, — e quindi qualcosa 
di non vero; del bene qualcosa di non voluto, — 
perchè volere il bene è negare il male, — e 
quindi qualcosa di non buono. Fuori della sintesi, 
i due termini astrattamente presi si confondono 
tra loro e scambiano le loro parti: la verità è 
soltanto nel terzo; e cioè, per la prima triade, 
nel divenire, che perciò, come Hegel dice, è 
« il primo concetto concreto ». 



O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 23 

Pure, questo errore, che consiste nel pigliare 
gli opposti fuori della sintesi, risorge sempre; e 
ad esso deve sempre contrapporsi la polemica 
che mostri, come si è or ora fatto, che, fuori 
della sintesi, gli opposti sono impensabili. Que- 
sta polemica è la dialettica, che potrebbe dirsi 
soggettiva o negativa; e non è da scambiare 
col contenuto vero e proprio della dottrina, con 
la dialettica oggettiva o positiva, la quale si po- 
trebbe anche designare come la dottrina logica 
dello svolgimento. Nella dialettica negativa, il 
risultato non è la sintesi, ma l'annullamento 
dei due termini opposti, l'uno in forza dell'altro; 
e perciò anche la terminologia, che abbiamo 
chiarita di sopra, acquista, come la parola stessa 
dialettica, un significato alquanto diverso. U in- 
telletto, in quanto non è più un momento in- 
trinseco alla ragione e da essa inseparabile, ma 
è qui invece l'affermazione che pretende star 
da sé, come verità ultima, degli opposti sepa- 
rati, vien inteso in senso dispregiativo e peg- 
giorativo; ed è Y intelletto astratto, il nemico 
perpetuo della speculazione filosofica, cioè, in 
fondo, la ragione stessa, che manca al proprio 
assunto. « Non è colpa dell'intelletto se non si 
procede più oltre; ma è una soggettiva impo- 
tenza della ragione, che lascia stare quella 



24 LA DIALETTICA 

determinazione a quel mòdo ( l ) ». La stessa 
triade cede il posto a una quatriade di termini: 
a due affermazioni e due negazioni. La ragione 
interviene come ragione negativa, per portar lo 
scompiglio nella dimora delP intelletto; ma, se 
con questa negazione prepara e rende necessaria 
la dottrina positiva, non la produce e pone. 

La confusione, tra l'aspetto meramente ne- 
gativo della dialettica di Hegel, e il suo conte- 
nuto positivo, ha dato origine ad un'obiezione 
contro la dottrina hegeliana degli opposti, che è 
il cavallo di battaglia tante volte inforcato da- 
gli avversarii: un Brigliadoro o un Baiardo as- 
sai vecchio e sfiancato, sul quale non so come 
si riesca a tenersi ancora in sella. Si è detto: — Se 
Tessere e il nulla sono identici, — secondo che 
Hegel prova o crede di provare, — in qual modo 
possono essi costituire il divenire, che dev'es- 
. sere, — secondo la teoria di Hegel, — sintesi di 
opposti, e non già d'identici, dei quali non si dà 
sintesi? A — a resta a, e non diventa 6. — *• Ma l'es- 
sere è identico col nulla, solo quando essere e nulla 
sono pensati male, ossia non sono pensati davvero: 
solo allora accade che l'uno valga l'altro, non co- 
me a = a, ma piuttosto come = 0. Nel pensiero 



(1) Wt8sen8ch. der Logik, III, 48. 



O LA SINTESI DEGÙ OPPOSTI 25 

che li pensa veramente, essere e nulla non sono 
identici, ma recisamente opposti, in zuffa l'uno 
con l'altro; e questa zuffa (che è insieme comu- 
nanza, giacché due lottatori, per lottare, deb- 
bono abbracciarsi !) è il divenire: non già concetto 
aggiunto o derivato dai due primi separatamente 
presi, ma unico concetto, che ha oltre di sé due 
astrazioni, due spettri irreali, Tessere e il nulla 
separati, e, in quanto tali, accomunati non dalla 
lotta, ma dalla loro comune vacuità. 

Un'altra obiezione, che anche è sembrata trion- 
fale, consiste nelTosservare che l'universale con- 
creto, con la sua sintesi di opposti, che ne sug- 
gella il carattere di concretezza, non è un mero 
concetto, logico, perchè introduce tacitamente un 
elemento sensibile o intuitivo, vale a dire la 
rappresentazione del movimento e dello svolgi- 
mento. — Sensibile e intuitivo ? Ciò dovrebbe im- 
portare, parlando filosoficamente, singolo, indivi- 
duale, storico. E quale è, di grazia, l'elemento 
singolo, individuale, storico, che si possa additare 
e distaccare dal concetto dell'universale di Hegel; 
al modo per esempio che si riesce a determinare 
e a distaccare l'elemento singolo, individuale, 
storico, dal concetto empirico di quercia, di ba- 
lena o di regime feudale? Il movimento o svol- 
gimento non è niente di singolo e di contingente, 



26 LA DIALETTICA 

ma è un universale; non è niente di sensibile, 
ma è un pensiero, un concetto, e per l'appunto 
il vero concetto della realtà ; e la teoria logica di 
esso è l'universale concreto, sintesi di opposti. 
Che se poi, con la critica accennata, si volesse 
riferirsi al carattere, che ha il concetto, nella lo- 
gica di Hegel, di essere non qualcosa di vuoto 
e d'indifferente, non un mero « recipiente », 
pronto a ricevere qualsiasi contenuto, ma la 
forma ideale della realtà stessa; se per « logica » 
s'intendesse soltanto l'astrazione inconcepibile, 
l'astrazione che « si comanda », com'è quella 
delle matematiche, e per « intuitivo » , il concetto 
speculativo; codesta non sarebbe più la dimostra- 
zione di un errore di Hegel, ma la celebrazione 
della sua gloria: essendo sua gloria l'aver di- 
strutto quel falso concetto della logicità, identi- 
ficata con l'astrazione arbitraria, e dato al con- 
cetto logico un carattere di concretezza, che può 
anche dirsi « intuitivo », per significare, come 
si è fatto di sopra, che la filosofia deve nascere 
dal seno della divina Poesia, matre pulchra fitta 
pulchrior. 

La filosofia, cosi messa in relazione e amicizia 
con la poesia, entra in quello stato che ora, per 
la moda della fraseologia nietzschiana, si suol 
chiamare « dionisiaco », e che è tale da spa- 



O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 27 

ventare i pensatori timidi: i quali poi, senza sa- 
perlo, si trovano anch'essi, per quel tanto che filo- 
sofano, nelle medesime condizioni. Cosi il nostro 
Rosmini esclamava esterrefatto, innanzi alla dia- 
lettica dell'essere e del non essere: « E tuttavia 
fosse anche vero, quanto è falso, che Tessere può 
negare sé stesso, tornerebbe sempre in campo la 
dimanda: che cosa il movesse a negare sé stesso? 
qual ragione si potesse assegnare di tal vaghezza 
elle Tessere avrebbe di negare sé stesso, di disco- 
noscersi, di fare insomma questo pazzo tentativo 
di annullarsi ; poiché il sistema di Hegel non fa 
niente meno che far divenir 'pazzo l 9 esse?*e 9 che 
introdurre la pazzia in tutte a/fatto le cose. Cosi 
egli pretende di dar loro la vita, il moto, il pas- 
saggio, il diventare. Non so se s'udì mai al mondo 
un somigliante tentativo di far che le cose tutte, 
Tessere stesso, sia divenuto pazzo ( A ) » . E pro- 
babilmente il Rosmini non ricordava che la me- 
desima sua descrizione era stata fatta, con stile 
in verità assai migliore, dallo stesso Hegel, al- 
lorché, nella Fenomenologia, dopo avere rappre- 
sentato il movimento della realtà, — quel sorgere 
e perire, che, esso stesso, non nasce e non Peri- 



ci) Saggio storico-critico sulle categorie e la dialettica, opera postuma 
(Torino, 1883), p. 371. 



28 LA DIALETTICA 

sce mai, — concludeva con le parole: « Il vero 
è il delirio bacchico, nel quale non vi ha alcuno 
dei componenti che non sia ebbro ; e, poiché cia- 
scuno, con l'appartarsi dagli altri, immediata- 
mente si dissolve, — quel delirio è, insieme, la 
semplice e trasparente quiete (*) » . La realtà sem- 
bra folle, perchè è vita: la filosofia sembra folle, 
perchè rompe le astrazioni e vive col pensiero 
quella vita. È una follia, dunque, che è somma 
sapienza; e i veri e non metaforici pazzi son co- 
loro, che folleggiano con le vuote parole della se- 
mifilosofia, e scambiano gli schemi per la realtà, 
e non riescono a sollevarsi a quel cielo, donde il 
loro operare si chiarisce per quel che veramente è; 
anzi, vedendo il cielo sopra le loro teste, e da essi 
inconseguibile, son pronti a chiamarlo manicomio. 
Un'altra manifestazione della stessa paura ir- 
ragionevole è il grido che, con la veduta logica 
di Hegel, venga sottratto all'uomo la base stessa, 
ola regola, del suo pensiero: il principio d'iden- 
tità e con tradizione; del che si recano in prova 
le frequenti effusioni di Hegel contro quel prin- 
cipio, e la sua sentenza, che occorra sostituirlo 
col principio contrario: che tutto si contradice. 
Ma le cose non stanno precisamente a questo 



(1) Phànom. d. Oeistes*, p. 37. 



O LA SINTESI DEGÙ OPPOSTI 29 

modo. Hegel non nega il principio d'identità, per- 
chè altrimenti avrebbe dovuto ammettere che, 
per esempio, la sua teoria logica sia vera e non 
vera insieme, vera e falsa; che, filosoficamente, 
Tessere e il nulla si possano pensare nella sin- 
tesi, e anche ciascuno per sé, fuori della sintesi. 
E tutta la sua polemica, tutta la sua filosofia, 
non avrebbe più nessun significato, non sarebbe 
stata fatta sul serio; laddove ci vuol poco a ri- 
conoscere, che è seriissima. Anziché distruggere 
il principio d'identità, Hegel lo rinvigorisce, lo 
potenzia, lo rende quale veramente dev'essere, 
e nel pensiero ordinario non è. Giacché nel pen- 
siero ordinario, nella semifilosofia, la realtà resta 
divisa, come si è veduto, in due pezzi; ed essa 
è ora l'uno, ora l'altro, e, quando è l'uno, non 
è l'altro; e tuttavia, in questo sforzo di esclu- 
sivismo, l'uno passa nell'altro e si confondono in- 
sieme nel nulla. E codeste contradizioni, davvero 
impensabili, si preteDde giustificare e decorare 
con l'addurre il principio d'identità. Se si bada 
soltanto alle parole di Hegel, si potrà dire che 
egli neghi fede al principio d'identità; ma, se si 
guarda addentro, si scorge che Hegel nega fede 
semplicemente alla falsa applicazione del prin- 
cipio d'identità: all'applicazione che se ne fa 
dagli astrattisti, col ritenere l'unità cancellando 



30 LA DIALETTICA 

l'opposizione o col ritener l'opposizione cancel- 
lando l'unità; o, com'egli dice, al principio di 
identità in quanto « legge dell'intelletto astratto » . 
La falsa applicazione ha luogo, perchè non si 
vuol riconoscere che l'opposizione o contradi- 
zione non è già un difetto, una macchia, un 
male delle cose, eliminabile da esse; né è il no- 
stro errore soggettivo; ma è l'essere vero delle 
cose: tutte le cose si contradicono in loro stesse, 
e il pensiero è il pensiero della contradizione. 
Questa scoperta serve a stabilire, davvero e so- 
lidamente, il principio d'identità, che trionfa del- 
l'opposizione col pensarla, e cioè con l'afferrarla 
nella sua unità. L'opposizione pensata è opposi- 
zione superata, e superata appunto in virtù del 
principio d'identità: l'opposizione disconosciuta, 
o l'unità disconosciuta, è l'apparente ubbidienza 
a quel principio, ma, effettivamente, la sua con- 
tradizione. C'è tra il modo di Hegel e quello del 
pensare ordinario la stessa differenza, che tra 
colui il quale affronta un nemico e lo vince, e co- 
lui che chiude gli occhi per non vederlo, e crede 
cosi di sopprimerlo, e ne è poi soppresso. « Il 
pensiero speculativo consiste nel fissare, che il 
pensiero fa, l'opposizione, e, in essa, sé stesso: 
non già, come accade al pensiero rappresenta- 
tivo, nel lasciarsene dominare, e per mezzo di 



O LA SINTESI DEGLI OPPOSTI 31 

essa risolvere le proprie determinazioni soltanto 
in altre o nel nulla (*). » La realtà è nesso di op- 
posti, e non si sfascia e dissipa a cagion dell'op- 
posizione: anzi si genera eternamente in essa e 
da essa. E non si sfascia e dissipa il pensiero che, 
come suprema realtà, realtà della realtà, coglie 
l'unità nell'opposizione e logicamente la sinte- 
tizza. 

Come tutte le scoperte di verità, la dialettica 
di Hegel non viene a cacciar di seggio le vecchie 
verità, ma ad arricchirle e rassodarle. L'univer- 
sale concreto, unità nella distinzione e nell'oppo- 
sizione, è il vero e compiuto principio d' identità, 
che non lascia sussistere separatamente, — né 
come suo compagno né come suo rivale, — quello 
delle vecchie dottrine; giacché l'ha assorbito in 
sé, e trasformato in suo succo e sangue. 



(1) Wissensch. d. Logik, n, 67-8. 



IL 

Chiarimenti 
circa la storia della dialettica. 

È parso ad alcuni storici della filosofia, che il 
problema degli opposti sia tutto intero il pro- 
blema filosofico; onde la storia delle varie solu- 
zioni, che se ne son tentate, è stata talvolta presa 
come l'intera storia della filosofia, e si è narrata 
questa per narrar quella. Ma la dialettica, non- 
ché essere tutta la filosofia, non è neppure tutta 
la logica; quantunque ne sia una parte impor- 
tantissima, e quasi il coronamento. 

La ragione dello scambio apparirà forse già 
anche dalle cose dette di sopra: essa consiste 
nell'intimo legame che c'è tra il problema logico 
degli opposti e le grandi dispute dei monisti e dei 
dualisti, dei materialisti e degli spiritualisti, le 
quali formano il corpo principale dei trattati di 
filosofia e delle storie della filosofia, sebbene non 
costituiscano il compito primo e fondamentale 
della filosofia, che viene meglio espresso dal « cq- 



34 CHIARIMENTI 

nosci te stesso » . Ma anche quella parvenza in- 
gannatrice sparirà, se si rifletta che altro è pensar 
logicamente, altro costruire logicamente la teoria 
della logica; altro pensar dialetticamente, altro 
aver la coscienza logica del pensamento dialet- 
tico. Se così non fosse, la soluzione hegeliana sa- 
rebbe già bella e data nei molti filosofi che hanno, 
di fatto, pensato dialetticamente la realtà, o al- 
meno tutte le volte che l'hanno pensata a quel 
modo. Senza dubbio, ogni problema filosofico ri- 
chiama tutti gli altri; in ciascuno possono trovarsi 
impliciti tutti gli altri, e nelle soluzioni vere o 
false di uno le soluzioni vere o false di tutti. Ma, 
se è impossibile isolare del tutto tra loro le storie 
dei singoli problemi filosofici, è anche vero che 
questi problemi sono distinti; e non bisogna met- 
tere insieme alla rinfusa le varie membra dell'or- 
ganismo, se non si voglia smarrire ogni idea del- 
l'organismo stesso. 

Ciò è da tener presente per circoscrivere esat- 
tamente T indagine circa lo svolgimento storico . 
della dottrina dialettica degli opposti, e, per con- 
seguenza, circa il merito peculiare e l'origina- 
lità del pensiero di Hegel. È un'indagine che, nei 
limiti precisi che si sono fissati, non- è stata forse 
ancora eseguita al modo che si dovrebbe; anche 
per questo che, non essendo la convinzione dei- 



CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 35 

l'importanza e verità di quella dottrina entrata 
nella coscienza generale dei cultori di studii filo- 
sofici, è mancato il necessario interessamento e il 
criterio direttivo per costruirne la storia. H me- 
glio che si sia raccolto sul proposito si trova negli 
stessi libri di Hegel, in ispecie nella sua Storia 
della filosofia (*); ed è opportuno riassumere qui 
rapidamente quei tratti sparsi, facendovi, dove 
occorra, qualche aggiunta e qualche comento. 

È stato Hegel il primo a formulare il prin- 
cipio logico della dialettica e dello svolgimento? 
O ebbe antecessori, e quali? Per quali forme 
ed approssimazioni quel principio passò, prima 
di raggiungere in Hegel il suo perfezionamento? 
La dottrina dialettica è opera di pensiero ma- 
turo, risultato di una lunga incubazione filosofica. 
Nell'antichità ellenica si trova, nelle confutazioni 
di Zenone di Elea circa la realtà del movimento, 
la prima rivelazione delle difficoltà, a cui l'af- 
fermazione degli opposti dà luogo. Il movimento 
è il fatto stesso dello svolgimento, nella forma 
in cui più facilmente si offre alla riflessione. E 



(1) 8i vedano anche l'introduzione storica alla Logih u. Metaphysik 
di Kono Fischer (2* ediz,, 1866), e la Prolusione e introduzione alle 
lesioni di filosofia di B. Spaventa (Napoli, 1862). Per gli antecedenti 
prossimi della dialettica hegeliana e per le sue varie fasi di svolgi- 
mento, si legga di preferenza Al. Schmid, EntwicKlungsgeschichte 
der hegeUchen Logik (Begensburg, 1858). 



36 CHIARIMENTI 

Zenone, dato gran rilievo alle difficoltà, risolve 
il contrasto col negare la realtà del movimento 
(argomenti della contradizione tra spazio e tem- 
po, della freccia, di Achille e della tartaruga, ecc.): 
il movimento è un'illusione dei sensi; l'essere, il 
reale è uno ed immobile. All'opposto di Zenone, 
Eraclito fa del movimento, del divenire, la vera 
realtà. I suoi detti: « l'essere e il non essere sono 
il medesimo » , « tutto è, ed anche non è » , « tutto 
scorre » ; i suoi paragoni delle cose a un fiume, 
dell'opposto che è nel suo opposto, come il dolce e 
l'amaro sono nel miele, dell'arco e della lira; le 
sue vedute cosmologiche sulla. guerra eia pace, 
la discordia e l'armonia, mostrano quanto pro- 
fondamente Eraclito sentisse la realtà come con- 
tradizione e svolgimento. Hegel diceva, che non 
c'era affermazione di Eraclito che egli non avesse 
incorporato nella sua propria logica. Ma è da av- 
vertire che, pel fatto stesso dell'incorporarle nella 
sua dottrina, egli conferiva a quelle affermazioni 
un ben più deciso significato logico di quel che 
da sole non avessero. Così come ci sono state tra- 
mandate, bisogna senza dubbio ammirarle quale 
ingenua e limpida visione del vero; ma non insi- 
stervi troppo sopra, per non incorrere nel pe- 
ricolo di una falsificazione storica, facendo di un 
presocratico un post-kantiano. 



CIKCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 37 

Lo stesso è da osservare circa la dialettica 
platonica del Parmenide, del Sofista, del Filebo, 
di quei dialoghi di cui l'interpretazione e il col- 
locamento storico sono assai controversi, e che 
Hegel considerava come contenenti l'essenziale 
della filosofia platonica: cioè, il tentativo di passar 
dall'universale ancora astratto all'universale con- 
creto, di porre la forma speculativa del concetto 
come unità nella diversità. Le questioni ivi agi- 
tate sull'uno e i molti, l'identità e la non iden- 
tità, il riposo e il movimento, il nascere e il 
morire, l'essere e il non essere, il finito e l'in- 
finito, il limitato e l'illimitato; e il risultato del 
Parmenide, che l'uno è e non è, è sé stesso ed 
altro, e tutte le cose rispetto a sé e verso le altre 
sono e non sono, appaiono e non appaiono; tutto 
ciò mostra un travagliarsi in difficoltà, ma mette 
capo a un risultato d'indole negativa; e, ad ogni 
modo, come Hegel notava, in Platone si trova 
la dialettica, ma non già la completa coscienza 
circa la natura della dialettica. È una trattazione 
speculativa, di valore grandemente superiore alle 
argomentazioni dei sofisti o ai posteriori tropi de- 
gli scettici; ma non raggiunge il livello di una 
trattazione logica. — Quanto ad Aristotile, la sua 
coscienza logica è in dissidio con la sua coscienza 
speculativa: la sua logica è meramente intellet- 



38 CHIARIMENTI 

tualistica; la sua metafìsica, invece, indagale ca- 
tegorie. 

Non più che l'esigenza o, meglio, la coscienza 
dell'impotenza e l'indicazione della lacuna, si 
può scorgere nelle dottrine di Filone giudeo e 
dei gnostici; pei quali la realtà vera, Tessere 
assoluto, è considerato irraggiungibile dal pen- 
siero, come il Dio ineffabile, l'imperscrutabile, 
l'abisso, dove tutto è negato; ed egualmente in 
Plotino, pel quale tutti i predicati sono inadeguati 
all'assoluto, esprimendo ciascun d'essi una deter- 
minazione. In Proclo, si sviluppa l'idea della 
trinità o della triade, già accennata in Platone; e 
questa idea, e il pensamento dell'assoluto come 
spirito, è il grande progresso filosofico implicito 
nel cristianesimo. 

Erede di tradizioni neoplatoniche e mistiche, 
il Cusano fu, a capo del mojido moderno, il pen- 
satore che più energicamente espresse il bisogno 
dello, spirito umano di uscir dai dualismi e dai 
contrasti, ed elevarsi a quella semplicità dove 
coincidono gli opposti. E il Cusano si accorse 
pel primo che questa concidenza degli opposti 
è in antitesi con la logica meramente astratta di 
Aristotile; il quale concepiva la contrarietà come 
differenza perfetta ( 4 ), non ammetteva che nel- 



(i) *H tvavTirfnjc lori 8ia<popà t&eio$. Meta P hy$. f 1055 b. 



CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 39 

l'uno potessero essere i contrarli, e a ciascuna 
cosa riconosceva la privazione della sua opposta. 
Contro di ciò il Cusano sosteneva, che l'unità è 
prima della dualità, la coincidenza degli opposti 
prima della loro scissione. Se non che, per lui, 
il nesso degli opposti, pensato come semplice 
coincidenza, è inafferrabile dall'uomo, sia col 
senso sia con la ragione sia con l'intelletto, che 
sono le tre forme della mente umana: rimane un 
semplice limite; e di Dio, che è complicazione 
di tutte le opposizioni, non è possibile altra cono- 
scenza se non una comprensione incomprensibile, 
una dotta ignoranza ( 4 ). 

Sembra che in Giordano Bruno, il quale si 
proclama discepolo del « divino Cusano », quel 
pensiero assuma una funzione più positiva. An- 
ch'egli celebra la coincidenza degli opposti come 
l'ottimo principio di una filosofia dimenticata e 
da risuscitare; e fa un'eloquente descrizione del- 
l'unificarsi dei contrarii: del massimo cerchio e 
della linea retta, dell'angolo acuto e dell'ottuso, 
del caldo e del freddo, della corruzione e della 
generazione, dell'amore e dell'odio, del veleno e 
e dell'antidoto, dell'orbicolare e del piano, del 
concavo e del convesso, dell' iracondia e della 



(1) Sai Cusano, si veda Fiorentino, Il risorgimento filosofico nel 
Quattrocento (Napoli, 1886), cap. II. 



40 CHIARIMENTI 

pazienza, dell'umiltà e della superbia, dell'ava.- 
rizia e della liberalità. E scrive, riecheggiando 
il Cusano, le memorabili parole: « Chi vuol sa- 
pere massimi secreti di natura riguardi e con- 
templi circa gli minimi e massimi degli contrarli 
e oppositi. Profonda magia è saper trar il con- 
trario, dopo aver trovato il punto de l'unione. 
A questo tendeva con il pensiero il povero Ari- 
stotele, ponendo la privazione, a cui è congionta 
certa disposizione, come progenitrice, parente e 
madre della forma: ma non vi potè aggiungere. 
Non ha possuto arrivarvi, perchè, fermando il pie 
nel geno de l'opposizione, rimase inceppato di 
maniera, che, non descendendo alla specie de la 
contrarietà, non giunse, né fissò gli occhi al 
scopo; dal quale errò a tutta passata, dicendo 
i contrarli non posser attualmente convenire in 
soggetto medesimo. » Nella sua intuizione natu- 
ralistica il principio della coincidenza degli op- 
posti diventa come un principio estetico di con- 
templazione : « Noi ne delettamo nel colore, ma 
non in uno esplicato, qualunque sia, ma massime 
in uno che complica tutti colori. Ne delettamo 
nella voce, non in una singularè, ma in una 
complicante, che resulta da l'armonia di molte. 
Ne delettamo in uno sensibile, ma massime in 
quello che comprende in sé tutti sensibili; in 



CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 41 

uno cognoscibile, che comprenda ogni cognosci- 
bile; in uno apprensibile, che abbraccia tutto 
che si può comprendere; in uno ente, che com- 
piette tutto, massime in quello uno, che è il tutto 
stesso ( A ). » Non è più un limite, è già una potenza 
della mente umana; pure, non è ancora una po- 
tenza rigorosamente logica. Manca la sua giustifi- 
cazione in una dottrina del concetto. 

Anche nel philosophus theutonicus, in Jacopo 
Bdhme, l'unità degli opposti è asserita con forza: 
egli — dice Hegel — pone rigidamente le anti- 
tesi, ma da questa rigidezza non si lascia poi 
arrestare, e pone l'unità. Per lui, il si è incono- 
scibile SQnza il no; l'uno, Dio, è in sé incono- 
scibile: perchè sia conosciuto, è necessario che 
si distingua, che il Padre si sdoppii nel Figlio. 
Il Bóhme vede la triade in tutte le cose, e ap- 
profondisce il significato della trinità cristiana. 
Ma non riesce a mettere i suoi pensieri nella 
forma propria del pensiero. 

In questa forma propria del pensiero, la filosofia 
dei secoli XVII e XVIII, che si svolgeva sotto l'in- 
flusso della scienza matematica della natura, non 
era in grado neppur di proporsi il problema. Per 
Cartesio, pensiero ed estensione si congiungono 



(1) De la causa principio e uno, dial. V, in fine (▼. Dialoghi meta- 
fisici, ed. Gentile, Bari, Laterza, 1907, pp. 255-257). 



42 CHIARIMENTI 

in Dio, inmaniera incomprensibile; per Spinoza, 
nella sostanza: il modo, che è il terzo termine 
dopo la sostanza e l'attributo, non costituisce 
sintesi dialettica; Leibniz naufraga nel problema 
del male e riesce ad un poco filosofico ottimismo; 
la filosofia popolare del secolo decimottavo risolve 
tutte le antitesi in Dio, che diventa cosi un insieme 
di contradizioni, il problema dei problemi. — Ap- 
pena in qualche solitario si trovano accenni e 
germi della soluzione dialettica. Così nel philo- 
sophus italicus, in Giambattista Vico, che non 
solo pensa di fatto la vita e la storia dialettica- 
mente, ma anche è animato di avversione contro 
la logica aristotelica, e contro quella della mate- 
matica e fisica cartesiana; e, da una parte, fonda 
una logica della fantasia (logica poetica) e della 
storia (logica dell'autorità) ; dall'altra, dà impor- 
tanza alla logica induttiva dell'osservazione e 
dell'esperimento, come a presagio di una logica 
più concreta. Un altro solitario, per molti rispetti 
affine a Vico, Giovan Giorgio Hamann, — un 
uomo, diceva Jacobi, che riuniva in sé in alto 
grado tutti gli estremi, — fin dalla gioventù si mo- 
strò insoddisfatto dei principii d'identità e di ra- 
gione, e attirato da quello della coincidentiaoppo- 
sitorum. Era un principio, che Hamann aveva 
incontrato nel De triplici, minimo et mensura di 



CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 43 

Bruno; e lo ebbe « per anni nel cervello senza po- 
terlo né dimenticare né comprendere » . Pure gli 
sembrava « Tunica ragion sufficiente di tutte le 
contradizioni e il vero processo della loro risolu- 
zione ed appianamento » , che avrebbe posto ter- 
mine a tutte le contese degli astrattisti ( 4 ). Da 
Hamann la notizia di questo principio passò a 
Jacobi, che divulgò i brani ad esso relativi, che 
si leggono nelle opere di Bruno; ma Jacobi, con 
la sua teoria del sapere immediato, mentre addi- 
tava anch'egli la lacuna, si metteva neir impos- 
sibilità di colmarla col pensiero logico. 

Gli è che, per giungere alla posizione vera- 
mente logica del problema degli opposti, e per 
sfuggire alla soluzione (che non era poi una so- 
luzione) mistica ed agnostica, bisognava si com- 
piesse la rivoluzione kantiana; e quel Kant, — la 
cui Critica della ragion pura sembrava ad Ha- 
mann Valer tutta quanta assai meno del solo 
enunciato di Bruno circa il principium coinci- 
dentice oppositorum, — fu invece, appunto per 
quella Critica, il vero progenitore della nuova 
coincidenza degli opposti, della nuova dialettica, 
cioè della dottrina logica della dialettica. 



(1) Bull 'Hamann, cfr. Hegel, Vermischte Schriflen, II, 36-7, 87-8; e 
ciò che io ne ho detto nella Critica, IV, 87-84. 



44 CHIARIMENTI 

È vero che Kant anch'egli, come i suoi pre- 
cursori immediati, da Cartesio a Leibniz e ad 
Hume, è sotto il dominio dell'intellettualismo e 
dell'ideale della scienza-matematica della natura: 
donde il suo agnosticismo, il fantasma della cosa 
in sé, l'astrattezza dell'imperativo categorico, 
l'ossequio verso la logica tradizionale. Ma, nel 
tempo stesso, egli mantiene e rende più efficace 
la differenza tra l'intelletto e la ragione; prean- 
nunzia, nella Critica del giudizio, un modo di 
pensar la realtà, che non è più quello meramente 
meccanico, e non è neppure la finalità esterna 
del secolo XVIII, ma è la finalità interna; in- 
travede, oltre il concetto astratto, l'idea. Meglio 
ancora, Kant dà una nuova avviata al problema 
degli opposti nelle sue antinomie; le quali ap- 
paiono, si, insolubili, ma tali che la mente umana 
deve impigliarvisi di necessità. E. quel ch'è più 
importante, — ed è la sua vera gloria, — scopre 
la sintesi a priori; la quale che cosa è altro, — 
come Hegel notava, — se non « una sintesi ori- 
ginaria di opposti »? Questa sintesi non riceve 
in lui tutto il suo valore, non si svolge nella 
triade dialettica; ma, messa al mondo, non po- 
teva tardare a manifestar tutta la ricchezza, che 
chiudeva in sé. La sintesi a priori fa sorgere, 
accanto alla vecchia logica, la logica trascen- 



CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 45 

dentale : parallela dapprima all'altra» ma che do- 
veva finire col dissolvere l'altra. Anche è dato 
in Kant gran rilievo alla forma della triplicità, 
usata bensì tuttavia in modo estrinseco, ma con 
insistenza, e quasi col presentimento dei suoi pros- 
simi e migliori destini. 

Appare a noi ormai chiaro qual dovesse essere 
il compito della filosofia dopo Kant: svolgere la 
sintesi a priori, creare la nuova logica filosofica, 
risolvere il problema degli opposti annullando i 
. dualismi lasciati intatti, anzi potenziati, da Kant. 
In Fichte c'è poco più di quel che era in Kant; ma 
già tutto in lui diventa più semplice e trasparente. 
La cosa in sé è negata; sebbene, d'altra parte, l'io 
fichtiano serbi ancora un senso soggettivo, e non 
sia vera unità di soggetto ed oggetto; cosicché 
Fichte non riesce a giustificare la natura di fronte 
allo spirito, e termina, come Kant, nell'astrattismo 
morale e nella fede. L'idea di una nuova logica si 
determina meglio; tanto che la filosofia è con- 
cepita come dottrina della scienza. La forma 
della triplicità prende un posto fondamentale, 
e si atteggia come tesi, antitesi e sintesi. Ancora 
un passo innanzi è fatto da Schelling, il quale 
perviene alla convinzione che non si possa filo- 
sofare se non col principio dell' identità degli op- 
posti; e l'assoluto concepisce quale identità di op- 



46 CHIARIMENTI 

posti. Se non che, l'assoluto è in lui indifferenza 
di soggetto ed oggetto, con differenze meramente 
quantitative; non è ancora soggetto e spirito. 
E la sua gnoseologia è priva di logica, perchè 
organo della filosofia è, per lui, la contempla- 
zione estetica. Questa la deficienza, che Schelling 
non giunse mai a superare; e le cui conseguenze 
furon tanto gravi, da dar luogo a ciò che si è 
chiamata la sua seconda maniera, la metafisica 
dell'irrazionale. 

Hegel, com'è noto, si presentò nel mondo filo- 
sofico più tardi del suo più giovane contempo- 
raneo Schelling, di cui può dirsi discepolo. Ma 
quello che per Schelling fu il punto d'arrivo, 
fu per Hegel un punto di passaggio: quella che 
per Schelling fu la fase finale, donde s' iniziò la 
degenerazione, per Hegel fu una fase giovanile. 
Anch'egli, per qualche tempo, non conobbe altro 
organo della filosofia che la contemplazione este- 
tica, l'intuizione come intuizione intellettuale, 
né altro sistema filosofico che l'opera d'arte: an- 
ch'egli, — nel primo abbozzo che si serba del suo 
sistema, — metteva al culmine dello svolgimento 
spirituale non la filosofia, ma la religione. Ma il 
profondo spirito logico di Hegel lo condusse via 
via a riconoscere, che la filosofia non può aver 
altra forma che quella del pensiero, nella diffe- 



CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA ' 47 

renza peculiare che esso ha verso la fantasia e 
l'intuizione. Certo, non più l'antico pensiero logico- 
naturalistico: dopo Kant, dopo Fichte, dopo Schel- 
ling, ciò non era più possibile: l'intellettualismo 
dei secoli XVII e XVIII era stato colpito a morte. 
Doveva essere una forma logica, che serbasse e 
rafforzasse le conquiste recenti della filosofia: 
una forma logica, che fosse la forma del reale 
nella sua integrità. Tutto spingeva Hegel in que- 
sta via e ricerca: la sua ammirazione per l'ar- 
monia del mondo ellenico; la sua partecipazione 
al movimento romantico, cosi ricco di antitesi; i 
suoi studi teologici, pei quali l'idea cristiana della 
trinità, stremata o resa vuota dal razionalismo 
protestante, gli pareva dovesse trovare il suo ri- 
fugio e il suo significato vero nella nuova filoso- 
fia; i suoi studii speculativi intorno alla sintesi e 
alle antinomie kantiane. E, con la Fenomenologia 
dello spirito (1807), compi il suo distacco dagli 
indirizzi filosofici, ai quali aveva aderito finallora; 
e mise in luce il suo principio di risoluzione del 
problema degli opposti : — non più semplice coin- 
cidenza in un terzo ignoto od impensabile; non 
più unità immobile; non più intuizione schellin- 
ghiana; ma unità e diversità insieme, movimento 
e dialettica. La prefazione alla Fenomenologia 
è stato definita; « l'addio di Hegel al romanti- 



48 CHIARIMENTI 

cismo »; ma la verità è, che il romanticismo, 
solo mediante quel distacco, era salvato per la 
filosofia. Solo un romantico, che avesse in certo 
senso superato il romanticismo, poteva coglierne 
il frutto filosofico 0). 

La logica della dialettica è perciò scoperta 
originale di Hegel, non solo rispetto ai suoi più 
remoti precursori, ma anche rispetto a coloro, che 
gli son prossimi. Se si vuole di ciò una riprova, 
si veda come Hegel si conduce verso questi ul- 
timi. Kant, che rinnegò Fichte, avrebbe anche.più 
recisamente rinnegato Hegel: la sua filosofia non 
conteneva le condizioni necessarie per intenderlo, 
e cioè per criticarlo davvero. Ma Hegel, che com- 
battette in modo definitivo le tendenze e gli 
aspetti erronei della filosofia kantiana, e tutto il 
vecchiume che questa si trascinava dietro, fu an- 
che colui che ne mise in mostra tutto ciò che of- 
friva di veramente nuovo e fecondo: tanto che si è 
potuto dire, che nessun altro ha inteso Kant, fuori 
di Hegel (*). Schelling rimase sempre sordo e ostile 
alla concezione del suo ex-amico; e, durante un 



(1) Si cfr. la mia nota: Le definizioni del romanticitmo, in Critica, 
IV, 241-245. 

(2) « For my part, I bave to declare that, so far as It has been 
given me to see, I nave no evidcnce that any man has thoronghly 
understood Kant except Hegel, or -that this later himself remai ns aught 
else then a problem whose solution has bcen arrogated, but never 
effectuated » (J. H. Stirling, The secret of Hegel, Londra, 1865, 1, 14). 



CIRCA LA STORIA DELLA DIALETTICA 49 

mezzo secolo che ancora visse, le contrappose osti- 
natamente la sua propria, invecchiata e peggio- 
rata; e talvolta, — come nella celebre prefazione 
aìFragments del Cousin, — respingendo violente- 
mente la filosofia di Hegel, si lamentò insieme di 
essere stato derubato: senza per altro riuscir mai 
a formulare chiaramente, né quale fosse il furto 
commesso dall'altro, né quale Terrore. Hegel, in- 
vece, seguitò a venerare Schelling, come il « pa- 
dre della nuova filosofia » ; riconobbe il barlume 
di dialettica, ch'era già in lui; ne mostrò sempre 
lucidamente i pregi e i difetti. Se un punto di 
vista superiore si dimostra tale, perchè comprende 
in sé quelli inferiori; se la riprova della verità 
di una dottrina è nella giustificazione, che essa è 
in grado di fornire, delle verità scoperte da altri, 
e nella spiegazione dei loro errori; anche siffatta 
riprova, dunque, non mancò alla dottrina di Hegel. 
Kant non comprese pienamente sé stesso, ed è ca- 
scato tra le braccia dei neocritici, che dalla sua 
logica trascendentale sono tornati alla mera lo- 
gica naturalistica; Schelling non comprese pie- 
namente sé stesso, e fini, con poca sua gloria, 
nel secondo Schelling. Ma per Hegel l'uno e l'altro 
finivano nella gran mente di lui, che era il loro 
figlio spirituale: fine più degna che non il servir 
da esercitazione agli scolaretti, o il sopravvivere 
a sé stessi nel misconoscimento di sé stessi. 



ni. 

La dialettica 
e la concezione della realtà. 



Pensar dialetticamente, e pensare la teoria lo- 
gica della dialettica, sono, dunque, due atti 
mentali distinti. Ma è evidente, d'altra parte, che 
il secondo pensamento rafforza il primo, dandogli 
coscienza di sé e sbarazzandogli d'innanzi gli 
ostacoli, che nascono dalle false idee intorno alla 
natura della verità filosofica. Ciò per l'appunto 
accadde in Hegel, che fu non solo il gran teorico 
di quella forma di pensiero, ma il maggior pen- 
satore dialettico effettivo, che sia apparso nella 
storia. La concezione ordinaria della realtà, dia- 
letticamente trattata da lui, si modifica in più 
i parti e cangia l'aspetto totale. Tutte le dualità, 
tutte le scissioni, tutti i hiatus, e, per cosi dire, 
tutte le squarciature e le ferite onde la realtà si 
presenta straziata per opera dell'intelletto astrat- 
to, si colmano, si chiudono, si rimarginano: la 
realtà diventa tutta unita, un'unità compatta (gè- 



52 LA DIALETTICA 

diegene Einheit); la coerenza dell'organismo si 
ristabilisce, e dentro di esso circolano di nuovo 
il sangue e la vita. 

E bisogna notare che spariscono anzitutto una 
serie di dualismi, che non sono veramente di op- 
posti e neppure di distinti: sono falsi opposti e 
falsi distinti, termini che non possono essere pen- 
sati né come elementi costitutivi del concetto in 
universale, né come sue forme particolari, per 
la semplice ragione che, cosi come sono formulati, 
non esistono. Hegel, — che nel criticarli accenna 
pure qua e là a questa loro differenza dagli al- 
tri, — ne determina benissimo la genesi, che è 
nelle fantasmagorie dell'astrazione. Sono dualità 
di termini, che nascono dalle scienze empiriche, 
dalla coscienza percettiva e legislatrice, dalle 
scienze del fenomeno; le quali, appunto perchè 
si aggirano nel fenomeno, quando fanno il conato 
di sollevarsi all'universale, sono costrette a spez- 
zare la realtà in apparenza ed' essenza, esterno 
ed interno, accidenti e sostanza, manifestazione 
e forza, finito ed infinito, molti ed uno, sensibile 
e soprasensibile, materia e spirito, ed altrettali 
termini. Se questi termini fossero veri distinti (o 
allorché designano veri distinti), darebbero luogo 
al problema della connessione dei distinti nel con- 
cetto concreto. Se fossero veri opposti, realmente 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 53 

opposti (o quando designano veri e reali oppo- 
sti) (*), essi darebbero luogo al problema della 
sintesi degli opposti. Ma, non essendo tali, pren- 
dendo sembianza di distinti e di opposti solo per 
l'arbitraria astrazione degli empiristi, naturalisti 
e matematici, la loro critica, effettuata da una 
dialettica negativa, si compie con un principio 
diverso da quello che regge la dialettica positiva. 
Essi, infatti, sono impensabili; e ogni tentativo 
di risolvere la dualità, appigliandosi all'uno o al- 
l'altro dei due termini, cosi come sono nella di- 
stinzione, si converte nel suo contrario. Il ma- 
terialismo conserva il fenomeno, la materia, il 
finito, ilsensibile, l'esterno, ecc.; ma, giacché quel 
termine è di natura sua costituito in modo che 
richiama l'altro, ecco Y infinito risorgere in quel 
finito, e assumere la forma di un infinito quan- 
titativo, di un finito da cui nasce un finito e poi 
un finito e poi ancora uh finito, air infinito; e tale 
è quella che Hegel denomina la' falsa o mala in- 
finità. 11 soprannaturalismo conserva, come sola 
realtà, il secondo : ma l'essenza fuori dell'appa- 
renza, F interno fuori dell'esterno, l'infinito fuori 
del finito, diventano qualcosa d' imperscrutabile, 



(1) Questa ed altrettali riserve sono rese opportune dalla pluralità 
di significato, che quelle parole hanno avuto nel linguaggio filosofico. 



54 LA DIALETTICA 

d'inconoscibile; ed ecco sorgere la cosa in sè 9 
che meglio si direbbe la vacuità in sé; il gran 
mistero, che poi — dice Hegel — è la cosa più 
facile a sapersi; giacché la cosa in sé, anziché 
esser fuori del pensiero, è un prodotto del pen- 
siero stesso, di quel pensiero che si è spinto fino 
alla pura astrazione, e che fa suo oggetto la vuota 
identità di sé stesso. La cosa in sé, a cagione 
della sua nullità, lascia come solo reale e pen- 
sabile il fenomeno, il finito, l'esterno: e proprio in 
quanto fenomeno, finito ed esterno. 

La correzione positiva è data dal concetto con- 
creto, da quel carattere che è proprio del con- 
cetto hegeliano e che lo differenzia dalle astra- 
zioni naturalistiche e matematiche. Il reale non 
è né l'uno né l'altro di quei termini, e neppure 
la loro somma: è il concetto concreto, che riem- 
pie il vuoto della cosa in sé e toglie la distanza, 
che separava questa dal fenomeno. È l'assoluto, 
che non è più parallelismo di attributi o indif- 
ferenza di essi; ma è rilievo e significato nuovo 
dato a uno dei termini, che, per quel nuovo si- 
gnificato, assorbe e fonde in sé l'altro. Cosi la so- 
stanza diventa soggetto, l'assoluto si determina 
come spirito ed idea; e il materialismo è oltre- 
passato. Cosi anche la realtà non è più un in- 
terno rispetto all'esterno: la natura, secondo il 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 55 

motto di Goethe, — che Hegel accetta e fa suo, — 
non ha nòcciolo né corteccia, è tutta di un getto; 
l'uno non è di là dai molti, ma è i molti ; lo spi- 
rito non è di là dal corpo, ma è il corpo. E il 
soprannaturalismo è oltrepassato (*). 

A questa distruzione dei falsi distinti ed oppo- 
sti, — che possono essere tutti riassunti e rappre- 
sentati nella dualità di essenza ed apparenza, — 
si accompagna la trattazione propriamente dia- 
lettica (di dialettica positiva) degli opposti veri, 
che possono rappresentarsi e riassumersi tutti 
nella dualità ed antitesi dell'essere e del non-es- 
sere. È il dualismo fondato sull'opposizione reale; 
perchè a nessuno può venire in mente di negare 
la realtà del male, del falso, del brutto, dell' ir- 
razionale, della morte, e l'antitesi di tutti questi 
termini col bene, col vero, col bello, col razio- 
nale, con la vita. 

Né Hegel la nega. Ma, in forza della sua dot- 
trina logica che fa del pensamento degli opposti 
la concezione stessa della realtà come svolgi- 
mento, egli non può considerare il termine ne- 
gativo, il lato del non essere, come un qualcosa 
che stia di fronte all'altro, e distaccato. Se il ter- 



(1) Per la critica di questi concetti, si reda in ispecie la dottrina 
dell'utenza, che costituisce la seconda sesione della Logica, 



56 LA DIALETTICA 

mine negativo non fosse, non sarebbe lo svol- 
gimento; e la realtà, e con essa il termine pò 
sitivo, cadrebbe. H negativo è la molla dello svol- 
gimento : l'opposizione è l'anima stessa del reale. 
La mancanza di ogni contatto con Terrore, non 
è pensiero e non è verità; ma è l'assenza stessa 
del pensiero, e perciò della verità. L' innocenza 
non è carattere del fare, ma del non fare: chi fa, 
falla; chi fa, è alle prese col male. La felicità vera, 
la felicità umana, anzi virile, non è la beatitu- 
dine ignara di dolore, quella beatitudine cui si av- 
vicina solo la fatuità e l'imbecillità. Di siffatta 
beatitudine non si trovano le condizioni nella sto- 
ria del mondo; la quale, — dice Hegel, — là dove 
manca la lotta, « ci mostra bianche le sue pagine > . 
Se ciò è vero, — com' è d'accordo con la ge- 
nerale e profonda convinzione umana, che si 
esprime in tanti aforismi, i quali sembrano a 
volte frasi hegeliane, — il rapporto dell'ideale 
e del reale, del razionale e del reale, non può 
essere inteso come suonano queste parole nella 
filosofia delle scuole; cioè come il contrasto tra 
un razionale che non è reale, e un reale che 
non è razionale. Ciò che è reale, è razionale; 
e ciò che è razionale è reale (*). L' idea e il fatto 



(1) Prefazione alla Filosofia del diritto; e cfr. EncicL, § 6. 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 57 

sono il medesimo. Che cosa, per esempio, chia- 
miamo noi razionale nel dominio del pensiero 
scientifico? Il pensiero stesso: un pensiero irrazio- 
nale non è pensiero, è irreale come pensiero. Che 
cosa chiamiamo razionale nel dominio delle pro- 
duzioni artistiche? L'opera d'arte stessa: un fatto 
artistico, che sia brutto, non è un fatto artistico; 
è, non già una realtà artistica, che abbia poi 
la nota della bruttezza; ma è l'irrealtà artistica. 
Ciò che si dice irrazionale è, dunque, l'irreale; 
e non può considerarsi come specie o classe di 
oggetti reali. Senza dubbio, anche l'irreale ha 
la sua realtà, ma è la realtà dell'irrealtà: la realtà 
del non-essere nella triade dialettica, del niente 
che è non il reale, ma lo stimolo del reale, la 
molla dello svolgimento. 

Coloro che, fondandosi sull'esposta dottrina che 
identifica razionale e reale, hanno parlato di otti- 
mismo nella concezione hegeliana della realtà e 
della vita, hanno grossolanamente frainteso. He- 
gel non cancella né il male né il brutto né il 
falso né il vano: niente sarebbe più alieno dalla 
sua concezione, drammatica, e, in certo senso, 
tragica, della realtà. Bensì, egli vuol compren- 
dere la funzione del male e dell'errore; e com- 
prendere questa funzione non è già negarlo come 
male ed errore, anzi è confermarlo come tale: 



58 LA DIALETTICA 

non è chiuder gli occhi innanzi allo spettacolo 
triste, o falsarlo con puerili giustificazioni finali- 
stiche — di finalità esterna, — come si usava nel 
secolo XVIII (come faceva, per esempio, Bernar- 
din de Saint-Pierre). Ma quel che c'è di esatto, 
in fondo all'asserzione del preteso ottimismo di 
Hegel, è,- ch'egli non può dirsi neppure pessimi- 
sta; perchè il pessimismo è la negazione del ter- 
mine positivo nella diade degli opposti, come 
l'ottimismo è la negazione di quello negativo. E, 
del resto, vi sono stati mai, o possono mai es- 
servi, pessimisti od ottimisti consequenti? Non 
più di quel che vi siano stati monisti e dualisti 
consequenti. Ogni ottimista ha sempre un lato 
pessimistico; come ogni pessimista propone un 
procedimento di liberazione dal male e dall'er- 
rore, e cioè ha il suo lato ottimistico. Bene e male 
sono termini opposti e correlativi; e l'afferma- 
zione dell'uno non nega l'altro. Hegel, che li nega 
entrambi, conservandoli entrambi, nella sintesi 
dialettica, è veramente di là dal pessimismo e 
dall'ottimismo, in alto, su quell'Olimpo filosofico 
in cui non si piange e non si ride, perchè e riso e 
pianto son diventati oggetti innanzi allo spirito, 
e la loro agitazione è superata nella serenità del 
pensiero. 
H fatto, la realtà, è sempre razionale e ideale ; 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 59 

è sempre verità, è sempre saggezza e bontà mo- 
rale. Ma, beninteso, il fatto che sia davvero fatto; 
la realtà, che sia davvero realtà. Ciò che è illo- 
gico, sciocco, brutto, turpe, capriccioso, non è 
un fatto, ma è l'assenza del fatto, è il vuoto, è 
il non-essere, è, tutt'al più, l'esigenza dell'essere 
vero, lo stimolo alla realtà, non già la realtà. 
Hegel non si è mai sognato di accettare e giu- 
stificare come fatto ciò che è sproposito e stor- 
tura: è forse una giustificazione il considerarlo, 
com'egli lo considera, cioè quale irrealtà e va- 
cuità ? La natura, secondo il vecchio detto, aborre 
dal vuoto; ma chi di certo aborre dal vuoto è 
l'uomo, perchè il vuoto è la morte della sua atti- 
vità, cioè del suo essere di uomo. 

Ma, se la giustificazione del male non si trova 
nella filosofia di Hegel, sibbene quella soltanto 
della sua funzione, è vero che Hegel mise in 
guardia contro la facilità e superficialità, con cui 
si suole spacciare come irrazionale ciò che ef- 
fettivamente è stato ed è, e che, appunto per 
questa sua effettualità, non può essere irrazio- 
nale. Hegel è il gran nemico degli scontenti della 
vita, delle anime sensibili, dei perpetui decla- 
matori e agitatori in nome della ragione e della 
virtù, e, — storicamente individuando ed esem- 
plificando, — del faustismo, che proclama grigia 



60 LA DIALETTICA 

la teoria e verde l'albero della vita, che si ri- 
bella contro le leggi del costume e dell'esistenza, 
che disprezza la verità e la scienza, e invece 
di esser posseduto dallo spirito celeste cade in 
balia di quello terrestre; — dell' umanitarismo 
enciclopedistico e del giacobinismo, che pone di 
fronte alla dura realtà il proprio squisito cuore, 
e vede dappertutto tirannie e frodi di despoti e di 
preti; — dell'astrattezza kantiana, di un do- 
vere che si tien fuori dei sentimenti umani. Egli 
odia quella virtù', che è sempre in lotta col corso 
del mondo; che fa nascere i sassi per urtarvi den- 
tro; che non sa mai precisamente che cosa si 
voglia, ed ha la testa grossa si, ma grossa di una 
gonfiatura ; e, se in qualcosa è seriamente occu- 
pata, è ad ammirar sé medesima, nella propria 
inarrivabile e commovente perfezione. Odia il Sol- 
len, il dover essere, l'impotenza dell'ideale, che 
deve sempre essere e non è, e che non trova 
mai nessuna realtà a lui adeguata; quando invece 
ogni realtà è adeguata all'ideale. Il destino di quel 
« dover essere > è di venire a noia, come ven- 
gono a noia tutte le più belle parole, — Giustizia, 
Virtù, Dovere, Moralità, Libertà, ecc., — quando 
restano mere parole, risonanti fragorosamente e 
sterilmente dove altri opera e non teme di mac-. 
chiar la purezza dell' idea traducendola nel fatto. 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 61 

Nella lotta tra questo « dover essere », tra que- 
sta vanitosa virtù e il corso del mondo, il corso 
del mondo vince sempre. Perchè, o il corso del 
mondo non si muta, e le pretese della virtù si 
chiariscono arbitrarie ed assurde, il che vuol 
dire non veramente virtuose: tutt'al più, restano 
buone intenzioni, eccellenti intenzioni, ma « gli 
allori delle buone intenzioni sono foglie secche, 
"che non han mai verdeggiato ! » . Ovvero, il fine 
della virtù si attua, entra a far parte del corso 
del mondo; e ciò che muore in quel caso, non 
è già il corso del mondo, ma la virtù, la virtù stac- 
cata dal fatto; se pure non voglia seguitare a vi- 
vere per tenere il broncio al suo ideale, colpevole 
dì esser diventato reale! L'illusione nasce dalla 
lotta, la quale è certamente reale; ma non già 
come lotta dell'individuo col mondo, ma come 
lotta del mondo con sé stesso, del mondo che fa sé 
stesso. « Ognuno vuole e crede di esser migliore 
di questo suo mondo; ma chi è migliore, esprime 
soltanto questo suo mondo meglio di altri (*). » 
Che cosa è poi codesta ripugnanza dei porta- 
tori d'ideale contro il fatto, degli ammiratori 



(1) Negli aforismi, che si leggono in appendice al Rosknkranz, Hegel* 
Leben, p. 550. — Per la satira del Sollen, si vedano in particolare la Fe- 
nomenologia, sezione della Vernunft, B, e l'introduzione alla Filosofia 
della storia. 



62 LA DIALETTICA 

dell'universale contro l'individualità? L'indivi- 
dualità non è altro che il veicolo dell'universa- 
lità, la sua effettualità. Niente si può attuare se 
non diventa passione dell'uomo: niente di grande 
si fa senza la passione. E la passione è l'attività 
dell'uomo, che si volge ad interessi e fini par- 
ticolari. Tanto l'interesse particolare è veicolo 
dell'universale, che gli uomini, proseguendo quei 
loro fini, attuano l'universale : rendono, per esem- 
pio, schiavo un altro uomo, e dalla lotta di schiavo 
e padrone nasce, nell'uno e nell'altro, l' idea vera 
della libertà e dell'umanità. Essi oltrepassano con 
l'opera loro le loro intenzioni consapevoli, e se- 
guono le intenzioni immanenti, quelle della ra- 
gione, che si vale di essi; ed è questa l'astuzia 
della ragione (die List der Vernunft). Il che 
non bisogna intendere in modo trascendente: 
l'astuzia della ragione è la frase immaginosa, che 
designa la razionalità di tutto ciò che l'uomo fa 
davvero, — di qualunque opera umana, — se 
ne abbia o no la coscienza riflessa. Così l'artista 
crea l'opera d'arte, e non si rende conto del lavoro 
compiuto; e non perchè non se ne rende conto, 
è poi irrazionale quel suo lavoro, ubbidiente alla 
somma razionalità del genio. Così l'animo buono 
ed ingenuamente eroico crede di seguir sempli- 
cemente l'impulso del proprio sentimento indi- 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 63 

viduale; non ha la coscienza della sua azione, 
come l'ha poi l'osservatore e lo storico: e non 
per questo è meno buono e meno eroico. I grandi 
uomini fanno lor passione individuale, loro inte- 
resse particolare, la volontà stessa della ragione, 
ciò che vi ha di sostanziale nei bisogni del loro 
tempo e del loro popolo: sono egli uomini d'affare » 
dello spirito del mondo. E per questo appunto co- 
loro che li giudicano superficialmente non riesco- 
no a scorgere in essi se non motivi meschini: si 
fermano, cioè, al lato individuale, sebbeno neces- 
sario, dell'opera loro, giusta il proverbio che non 
v'ha grand'uomo pel suo cameriere; il che, come 
Hegel osserva (e Goethe si compiacque di ripe- 
tere l'arguta frase), accade non già perchè il 
grand'uomo non sia grand'uomo, ma perchè il 
cameriere è cameriere. Perciò anche ai grandi 
uomini non son dati di solito onori e gratitudine 
dai contemporanei; e neppure hanno tale soddi- 
sfazione presso l'opinione pubblica della posterità: 
ad essi toccano non gli onori, ma la gloria im- 
mortale, vivendo nello spirito di coloro stessi 
che li combattono e pur ne sono tutti pieni. 

Questa maniera hegeliana di considerar la vita, 
tradotta in termini di politica corr ente, è stata 
giudicata spirito di conservatore; e si è detto 
perciò che, come Rousseau fu il filosofo della ri- 



64 LA DIALETTICA 

voluzione francese, così Hegel fu quello della re- 
staurazione specificamente prussiana, il filosofo 
del consiglio segreto di governo e della buro- 
crazia reggitrice dello stato. Ma, senza entrare 
nell'indagine della maggiore o minor verità di 
fatto di codeste affermazioni, giova osservare che 
non bisogna confonder tra loro Hegel, come in- 
dividuo storico, operante in certe date condizioni 
rispetto ai problemi sociali e politici del suo tempo 
e del suo popolo, — l'Hegel, che è di competenza 
del biografo e dello storico politico, — con He- 
gel filosofo, che solo è di pertinenza dello sto- 
rico della filosofia. Ciò da cui si può ricavare un 
atteggiamento politico storicamente determinato, 
mostra per ciò stesso di non essere pura verità 
filosofica. La filosofia non deve mescolarsi — os- 
serva lo stesso Hegel — con cose che non la ri- 
guardano; e perciò Platone poteva ben rispar- 
miarsi di dar consigli alle balie sul modo di tener 
sulle braccia i bambini ; e Fichte, di « costruire » 
il modello del passaporto poliziesco, da fornirsi, 
secondo lui, del ritratto del portatore e non. dei 
soli connotati! La concezione della vita era in 
Hegel tanto filosofica, che in essa trovano la loro, 
giustificazione, secondo i casi, e la conservazione 
e la rivoluzione e la restaurazione. Su questo 
punto son d'accordo cosi il socialista Engels, come 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 65 

lo storico conservatore Treitschke (*); i quali en- 
trambi riconoscono, che la formula dell' identità 
del razionale col reale poteva essere, a volta a 
volta, invocata da tutte le opinioni e i partiti poli- 
tici, varianti poi tra loro non già in quella formula 
comune, ma nel determinar quale fosse il reale 
razionale, e quale quello irrazionale ed irreale: 
ogni volta che un partito politico si apparecchiava 
alla guerra contro una data istituzione e classe 
sociale, la proclamava irrazionale, e cioè non for- 
nita di salda e reale esistenza; e si era messo 
così in regola con la filosofia hegeliana ! Nelle ri- 
voluzioni del secolo XIX, e in ispecie in quelle 
del 1848, parteciparono variamente tutte le fra- 
zioni della scuola hegeliana; e perfino furono due 
hegeliani, che scrissero, in quell'anno, il vigoroso 
Manifesto dei comunisti. Ma la formula a tutti 
essi comune non era una vuota etichetta: essa 
stava a significare che il giacobinismo e il sem- 
plicismo del secolo dei lumi era ormai finito, e 
che tutti, di tutti i partiti, avevano appreso da 
Hegel in che consistesse il vero senso politico. 
Hegel medesimo, fin da giovane, esaminando le 
condizioni della Germania, e definendo questa uno 



(1) H. Treitschke, Deutsche Geschichte im 19. Jahrhundert, voi. in, 
(1885), pp. 720-1; F. Engels, Ludwig Feuerbach, und der Ausgang der 
Klassischen deuUchen Philosophie (Stuttgart, 1888), 



66 LA DIALETTICA 

« stato astratto » (ein Gedankenstaat), ba fatto, 
a qualche suo critico, tornare alla memoria il Se- 
gretario fiorentino e la sua analisi profonda delle 
condizioni effettuali d'Italia nel rinascimento (*). 
E, quasi splendide esemplificazioni della teoria he- 
geliana, si videro apparire i Cavour e i Bismarck : 
uomini nei quali il razionale e il reale furono 
sempre congiunti e fusi, non straniati tra loro nel 
doloroso e infecondo dissidio proprio delle menti 
degli ideologi e dei sognatori. 

La conseguenza, a cui menava questa media- 
zione degli opposti, combinata con la distruzione 
dei falsi distinti ed opposti, era l'esaltazione della 
storia. La storia, la vita del genere umano, i fatti 
che si svolgono nel tempo, cessano di esser con- 
cepiti come un qualcosa di separato e di estraneo 
rispetto all'essenza delle cose, all'idea, o, peggio 
ancora, come una diminuzione e deturpamento 
dell'idea. Tale la storia era apparsa nei varii si- 
stemi dualistici; per non dir del materialismo, che, 
negando ogni valore, non può ammetter neppure 
il valore della storia. E tra storici e filosofi era 
sorto un profondo dissidio, uno sconoscersi reci- 
proco. Non è il caso di ricordare le forme più an- 
tiche di questo dissidio, come la filosofia di Carte- 

^1) Cfr, I\. Fisqher, Hegels Leben u. Werke, p. 59. 



P LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ . 67 

sio, antistorica per eccellenza; e lo spinozismo, — 
o panteismo orientale, come Hegel lo chiamava, 
soggiungendo che erroneamente era considerato 
quale ateismo, quando piuttosto conveniva dirlo 
acosmismo; — e tutto il sensismo e l'intellet- 
tualismo del secolo XVIII. Ma, tra gli stessi con- 
temporanei di Hegel, la storia non ha nessun 
posto nel sistema di Herbart, che manca affatto 
dell'idea di svolgimento; né in quello di Scho- 
penhauer, pel quale la vita del genere umano 
non presenta problemi di progresso; come non 
l'ebbe poi nei sistemi positivistici di Comte e di 
Spencer. 

Nel sistejma di Hegel, invece, dove l'infinito 
e il finito son fusi in uno, e il bene e il male 
costituiscono un unico processo, la storia è la 
realtà stessa dell'idea: lo spirito non è nulla, 
fuori del suo svolgimento storico. Perciò in esso 
ogni fatto, appunto perchè fatto, è un fatto del- 
l' idea ed appartiene all'organismo concreto del- 
l'idea: in Hegel, tutta la storia diventa storia 
sacra. Anche per questa parte può dirsi che ci 
sia un accordo generale; giacché sono stati sem- 
pre messi in rilievo e fatti oggetti di ammira- 
zione i grandi lavori storici, dovuti all'impulso di 
Hegel: storie della religione, delle lingue, della 
letteratura, del diritto, dell'economia, della filo- 



68 LA DIALETTICA 

sofia. Se non che, per una troppo superficiale 
concezione, questa efficacia di Hegel sugli studii 
storici è stata poi considerata quasi come acci- 
dentale, come dovuta semplicemente alla per- 
sonalità del maestro, che di cognizioni storiche 
fu cultore appassionato e padroneggiatore sicuro. 
E non si vedeva che essa era invece rigorosa 
conseguenza di quel tanto combattuto principio 
dialettico, che risolveva gli opposti e i falsi op- 
posti; ossia della logica hegeliana in quel che 
aveva di più caratteristico: onde, accettandosi 
come gran beneficio quel promovimento degli 
studii storici, se ne rifiutava la causa vera; ac- 
cettando la conseguenza, si rifiutava la premessa, 
su cui sola poteva appoggiarsi e si appoggiava. 
Il carattere sacro, che assume la storia, è un 
aspetto del carattere d'immanenza, che è pro- 
prio del pensiero hegeliano, della sua negazione 
di ogni trascendenza. Certo, si è avuto torto ad 
accusarlo o lodarlo di naturalismo e materia- 
lismo; giacché, come mai può essere naturalistica 
e materialistica una filosofia, che svela la genesi 
di tali illusioni, una filosofia dell'attività, una 
filosofia che ha a suo principio lo spirito e l'idea? 
Ma, quando con quelle parole si è inteso notarne 
il carattere antireligioso, l'osservazione ha del 
giusto. È una filosofia, — direi la sola filosofia, — 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 69 

radicalmente irreligiosa, perchè non si contenta di 
contrapporsi alla religione o di porlesi a fianco, 
ma la risolve in sé e sostituisce. Perciò anche, 
sotto altro rispetto, può dirsi la sola altamente 
religiosa; giacché suo compito è soddisfare in 
modo razionale il bisogno religioso, che è il più 
alto dell'uomo. E, fuori della ragione, non lascia 
nulla, nessun residuo: « Le domande, a cui la fi- 
losofia non risponde, hanno la loro risposta in ciò, 
che non debbono esse?" fatte ( A ). > 

Nella sua dottrina logica, e nel suo effettivo 
pensare in conformità di essa, è, dunque, il vi- 
gore indomabile, la fecondità inesausta, la per- 
sistente giovinezza della filosofia hegeliana. Vi- 
gore, fecondità, giovinezza, che risaltano più 
vivaci ai giorni nostri, nel nuovo rigoglio cui as- 
sistiamo di nevrotico misticismo e di poco sincera 
religiosità; nella nuova barbarie antistorica, che 
ci ha regalato il positivismo, e nel nuovo gia- 
cobinismo, che ne è frequente conseguenza. Chi 
sente la dignità d'uomo, la dignità del pensiero, 
non può soddisfarsi in altra soluzione dei con- 
trasti e dei dualismi, che non sia quella dialet- 
tica, conquistata dal genio di Hegel. 

Il filosofo, che, per questo riguardo, può me- 



(1) Negli aforismi citati, p. 543. 



70 LA DIALETTICA 

glio di ogni altro esser collocato accanto ad 
Ilegel, è Giambattista Vico, che ho già ricor- 
dato come precursore della dottrina logica con- 
creta, estetizzante come Hegel, preromantico 
come questi fu romantico; e che più stretta- 
mente somiglia ad Hegel pel suo effettivo pen- 
sare dialettico ( £ ). Certamente, l'atteggiamento 
di Vico, di fronte alla religione, è meno radicale 
di quello di Hegel. Se questi fu, biograficamente 
parlando, un cristiano assai incerto, e non ab- 
bastanza esplicito nel chiarire la sua posizione 
rispetto alla chiesa, Vico, considerato nella sua 
biografia, fu cattolico sincerissimo e senza equi- 
voci. Pure, tutto il pensiero di Vico è non solo 
anticattolico, ma antireligioso. Poiché egli spiega 
come naturalmente si formino i miti e le reli- 
gioni; e quel suo rinunciare a tal suo principio 
di spiegazione innanzi alla storia e alla religione 
ebraica, se soggettivamente fu timidezza di cre- 
dente, assume oggettivamente il valore di un'in- 
consapevole ironia; simile a quella consapevole, 
di Machiavelli, quando rinunciava a indagare 
come mai si mantenessero gli stati, pessima- 
mente governati, del papa, perchè — egli di- 



(1) Per la posizione storica di Vico e pel suo rapporto con la filo- 
sofia germanica, v. B. Spaventa, o. c, lez. VI, pp. 83-102; e cfr. anche 
la parte storica della mia Estetica, cap. V. 



E LA CONCEZIONE DELLA REALrÀ 71 

ceva — « son retti da cagioni superiori, alle 
quali la mente umana non aggiugne! >. Vico 
stabilisce che il vero si converte col fatto, e solo 
colui può conoscere davvero una cosa che rabbia 
fatta; epperò attribuisce all'uomo la piena cono- 
scenza del mondo umano, perchè è opera sua ; e 
rimanda a Dio la conoscenza del restante mondo 
naturale, perchè egli che l'ha fatto, esso solo ne 
ha la scienza: limitazione anche questa, che mal 
forma ostacolo all'enunciato principio rivoluzio- 
nario, il quale, stabilito che sia pel mondo umano, 
di necessità deve estendersi a tutto il reale. E 
tanto intimamente irreligiosa era tutta la gno- 
seologia di questo pio cattolico che, subito dopo 
la sua morte, si favoleggiò ch'egli avesse dovuto, 
nei suoi libri, celare parte del suo pensiero per 
imposizioni ricevute da uomini di chiesa; e i 
razionalisti videro in Vico il loro maestro, e i 
cattolici zelanti lo riprovarono come fonte prima 
di tutto il movimento antireligioso dell'epoca sto- 
rica, che segui alla sua (*). 

Ma ben più evidenti sono le somiglianze tra 
Vico ed Hegel, quando si lasci questo punto della 
religione. Come Hegel fu in opposizione e lotta 
contro l'antistoricismo degli enciclopedisti e del- 



(1) Cfr. la mia Bibliografìa vichiana (Napoli, 1904), pp. 91-95. 



72 LA DIALETTICA 

VAufklàrung, cosi Vico contro l'antistoricismo 
di Cartesio e della sua scuola; e dimostrò che 
avevano mancato per metà tanto i filosofi che non 
accertarono le loro ragioni con l'autorità dei filo- 
logi, quanto i filologi che non curarono d'avve- 
rare la loro autorità con le ragioni dei filosofi. 
Come Hegel contro gli utopisti e predicatori di 
astrazioni e seguaci del sentimento e del godi- 
mento, così Vico rifiutava insieme stoici ed epi- 
curei, e non ammetteva se non quelli ch'egli 
chiamava « filosofi politici ». E scherniva quei 
savii che, dimenticando le lotte e i dolori della 
vita reale, dettavano « pratiche di vita impos- 
sibili alla condizione umana, o pericolose, com'è 
di regolare i doveri della vita col piacere dei 
sensi » ; e davano leggi e fondavano repubbliche 
e nel riposo ed all'ombra >, che « non ebbero 
altrove luogo che nelle menti degli eruditi ». 
Egli ben sapeva che « i governi debbono essere 
conformi alla natura degli uomini governati >; 
e che « i natii costumi, e sopra tutto quelli della 
naturai libertà, non si cangiano tutto ad un tratto, 
ma per gradi e con lungo tempo > . Vico aveva, 
non meno di Hegel, il concetto dell'astuzia della 
ragione; e la chiamava la Provvidenza divina: 
« la quale delle passioni degli uomini tutti at- 
tenuti alle loro private utilità, per le quali vi- 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 73 

verebbono da fiere bestie dentro le solitudini, 
ne ha fatto gli ordini civili, per li quali vivono 
in umana società > . Che importa che gli uomini 
non ne abbiano coscienza? Il fatto non è perciò 
meno razionale. « Homo non intelligendo fit om- 
nia, perchè l'uomo con l'intendere spiega la 

sua mente e comprende esse cose, ma, col non 
intendere, egli fa di sé esse cose, e col trasfor- 
mando visi lo diventa. » « E non dobbiam dire 
— esclama altrove — ciò esser consiglio d'una 
sovrumana sapienza? La quale, senza forza di 
leggi,.... ma facendo usò degli stessi costumi de- 
gli uomini, dei quali le costumanze sono tanto 
libere d'ogni forza quanto lo è agli uomini cele- 
brare la lor natura, ella divinamente la regola 

e la conduce? Perchè pur gli uomini hanno essi 
fatto questo mondo di nazioni;... ma egli è que- 
sto mondo senza dubbio uscito da una mente 
spesso diversa, ed alle volte tutta contraria, e 
sempre superiore, ad essi fini particolari, ch'essi 
uomini s'avevan proposti ; de' quali fini ristretti, 
fatti mezzi per servire a fini più ampii, gli ha 
sempre adoperati per conservare l'umana gene- 
razione in questa terra. Imperciocché vogliono 
gli uomini usar la libidine bestiale e disperdere 
i loro parti, e ne fanno la castità de' matrimonii, 
onde surgono le famiglie; vogliono i padri eser- 



74 LA DIALETTICA 

citare smoderatamente gli imperii paterni sopra 
i clienti, onde surgono le città; vogliono gli or- 
dini regnanti de' nobili abusare la libertà signo- 
rile sopra i plebei, e vanno in servitù delle leggi, 
che fanno la libertà popolare; vogliono i popoli 
liberi sciogliersi dal freno delle lor leggi e vanno 
nella soggezione de' monarchi; vogliono i monar- 
chi in tutti i vizii della dissolutezza, che gli assi- 
curi, invilire i loro sudditi, e li dispongono a sop- 
portare la schiavitù di nazioni più forti; vogliono 
le nazioni disperdere sé medesime, e vanno a 
salvarne gli avanzi dentro la solitudine, donde 
qual fenice nuovamente risurgano. Questo, che 
fece tutto ciò, fu pur Mente, perchè il fecero gli 
uomini con intelligenza; non fu Fato, perchè il 
fecero con elezione; non Caso, perchè con perpe- 
tuità; sempre, così facendo, escono nelle mede- 
sime cose (*). » 

Sono i concetti, e spesso le medesime metafore 
ed immagini e giri di frasi di Hegel: il che è 
tanto più mirabile, in quanto il filosofo tedesco, — 
almeno nel periodo in cui meditava la sua filo- 
sofia e componeva la Fenomenologia dello spi- 
rito, — sembra non conoscesse l'altra fenome- 
nologia, meditata già un secolo prima a Napoli, 



(I) I luoghi citati di Vico sono in Opet v». <m1. Ferrari, V, 96, 97, 98, 
117, 136, 143, 146-7, 183, 571-2; VI, 235. 



E LA CONCEZIONE DELLA REALTÀ 75 

sotto titolo di Scienza nuova. Par quasi che l'ani- 
ma dell'italiano e cattolico filosofo sia trasmigrata 
nel tedesco; e ricompaia, più matura e consape- 
vole, alla distanza di un secolo. 



IV. 

Il nesso dei distinti, 

e la falsa applicazione 

della forma dialettica. 



OR come mai è accaduto che questo pensiero 
filosofico, — che è fondato con tanta profon- 
dità logica, ricco di irresistibile verità, armonioso 
e simpatico verso la concretezza, la passione, la 
fantasia e la storia, — sia apparso invece, e sia 
stato condannato, come astratto, intellettualistico, 
pieno d'arbitrii e di artificii, in contradizione con 
la storia, la natura e la poesia: come proprio Top- 
posto, insomma, di ciò che voleva essere? Come 
si spiega la reazione violenta, che parve fortunata 
e definitiva, contro di esso, e che sarebbe da 
menti leggiere, — e poco hegeliane, — spiegar 
tutta e soltanto con motivi occasionali, con l'inin- 
telligenza e con l'ignoranza? Come mai, d'altra 
parte, quel pensiero filosofico fu invocato a sus- 
sidio dei più diversi indirizzi, e di quelli per l'ap- 
punto che Hegel aveva inteso combattere e sor- 



78 11 nesso dei distinti 

passare, del materialismo e del teismo? E com'è, 
per esempio, — mi si conceda il ricordo perso- 
nale, il quale forse non accenna ad un caso me- 
ramente personale, — che io che scrivo, e che 
ho or ora, con tanto spirito di consenso, interpe- 
trata e comentata la dottrina hegeliana della sin- 
tesi degli opposti e la conseguente concezione, 
una e diversa, della realtà, per parecchi anni 
della mia vita mentale abbia sentito una forte 
ripugnanza pel sistema di Hegel; qual esso mi 
si presentava specialmente nell'Enciclopedia con 
la tripartizione di logica, filosofia della natura e 
filosofia dello spirito, e quale lo vedevo esibito 
e raccomandato dagli hegeliani? e come' va che 
anche ora, nel rileggere quelle opere, senta a 
tratti risorgere in me il vecchio Adamo, cioè la 
vecchia ripugnanza? — Di tutto ciò bisogna cer- 
car la causa intima; ossia, dopo aver additato 
la parte sana del sistema, svelare quella malata; 
dopo aver esposto ciò che ci è di vivo nel si- 
stema di Hegel, esporre quel che c'è in esso di 
morto: ossame insepolto, che impaccia la vita 
stessa del vivo. 

E non bisogna esser troppo bonarii e conten- 
tarsi di una concessione, che è stata spesso fatta- 
dagli hegeliani di stretta osservanza, e che consi- 
ste nelPammettere che Hegel potè errare ed errò 



E LA FORMA DIALETTICA 79 

in molte sue affermazioni di materia storica e di 
scienze naturali e matematiche, cosi per lo stato 
delle cognizioni nel suo tempo, come pei limiti 
della sua individuale coltura; e che perciò tutta 
questa parte del sistema sia bene da riesaminare, 
da correggere o anche da rifare da cima a fondo, 
tenendo- conto dei progressi accaduti in quei rami 
speciali di studii. In altri termini, solo lo storico 
e naturalista Hegel sarebbe deficiente e oltrepas- 
sato; il che vuol dire che il filosofo, il quale non 
fonda mai le verità sue proprie su dati empirici, 
resterebbe intatto. Di questa concessione gli av- 
versarti a buon diritto non possono soddisfarsi. 
Perchè ciò che suscita l'avversione pel sistema 
di Hegel non è già la qualità o la quantità della 
erudizione che v'è contenuta (altamente ammire- 
vole, pur nelle sue deficienze e in quel che ha 
d'invecchiato); sibbene, appunto, la sua filosofia. 
Di sopra, io mi son rifiutato a considerare l'effi- 
cacia del pensiero di Hegel sugli studii storici 
come qualcosa di separato o d'indipendente dai 
principii stessi del suo sistema: qui, per la mede- 
sima ragione, non posso acconciarmi a conside- 
rare come indipendente dai suoi principii filosofici 
la causa dei suoi errori. Quelli che son sembrati 
suoi errori, storici e naturalistici, sono in fondo, 
o per la massima parte, errori filosofici; perchè 



80 IL NESSO DEI DISTINTI 

determinati da un suo pensiero, da un suo modo 
di concepire la storia e la scienza della natura. 
Hegel è tutto d'un pezzo; e torna a suo onore 
che i suoi errori non possano, nel loro insieme, 
spiegarsi come una serie accidentale di inconse- 
guenze e di distrazioni. 

Il problema è, dunque, di cercare quale po- 
tette essere Terrore o gli errori filosofici, — o 
quello fondamentale e gli altri derivati, — che 
si mescolarono e combinarono nel pensiero di 
Hegel con la sua immortale scoperta; e che ci 
diano ragione della reazione contro il sistema 
hegeliano, per quella parte in cui la reazione 
non fu il solito ostacolo, che incontrano tutte le 
verità originali, ma ebbe un evidente carattere 
di ragionevolezza. E, giacché poi, in conformità 
di ciò che si è avvertito, la logica della filosofia fu 
il campo proprio dell'attività mentale di Hegel, in 
questa è da presumere che si trovi la causa dei- 
Terrore; vale a dire, in un errore di teoria logica. 

Giustamente perciò, — quanto al metodo ten- 
tato, — la critica antihegeliana ha trascurato di 
solito i particolari e gli incidenti del sistema, e 
si è rivolta contro il principio stesso della sintesi 
degli opposti, procurando di dimostrarlo sbagliato, 
— o perchè i due primi termini non sono oppo- 
sti; — o perchè la loro sintesi non è logica; — o 



E LA FORMA. DIALETTICA 81 

perchè esso distrugge il principio d' identità e di 
contradizione ; e simili. Ma, quanto alla sostanza, 
come si è visto, nessuna di tali obiezioni è fon- 
data; e infondata si rivela qualsiasi altra, che 
si riesca ad escogitare: quel principio resiste, e 
resisterà, trionfalmente ad ogni assalto e ad ogni 
revisione. L'errore di Hegel è, per conseguenza, 
da cercare, si, nella sua logica; ma, per quel che 
mi sembra, in altra parte della sua logica. 

Nel rapido cenno che si è dato in principio delle 
varie sue dottrine, è stata appena indicata, — 
perchè premeva di andar diritto al problema dia- 
lettico, — quella del rapportò dei distinti; ossia, 
come si direbbe nella logica naturalistica, la teoria 
della classificazione. Conviene ora considerarla 
più da presso. È in quella, per mia ferma con- 
vinzione, che si trova Terrore logico, gravido di 
conseguenze, commesso da Hegel. 

Il concetto filosofico, l'universale concreto o 
Idea, com'è sintesi di opposti, cosi è sintesi di 
distinti. Noi, per esempio, parliamo dello spirito 
ossia dell'attività spirituale in genere; ma par- 
liamo anche, continuamente, delle forme partico- 
lari di quest'attività spirituale. E, mentre le con- 
sideriamo tutte come costitutive nell'umanità, 
— e la deficienza di alcuna d'esse ci offende e 
ci muove al rimedio, e l'assenza, completa q 



82 IL NESSO DEI DISTINTI 

quasi, ci spaventa come assurda o mostruosa, — 
siamo poi vigili e gelosi perchè runa non si con- 
fonda con l'altra; e perciò riproviamo chi giudica 
di arte con criterii morali, o di moralità con 
criterii artistici, o di scienza con criterii utili- 
tarii, e via discorrendo. Già, se dimenticassimo 
la distinzione, uno sguardo alla vita ce la ricor- 
derebbe: la vita, che ci mostra quasi anche ester- 
namente distinte le sfere dell'attività economica, 
scientifica, morale, artistica; e l'unico uomo ci fa 
apparire specificato ora come poeta, ora come in- 
dustriale, ora come uomo di stato, ora come filo- 
sofo. E ce la ricorderebbe la filosofia stessa, la 
quale non sa esporre sé medesima se non spe- 
cificandosi come estetica, logica, etica, e simili: 
tutte filosofia, e pur, ciascuna d'esse, filosofia di- 
stinta dall'altra. 

Questi distinti, dei quali abbiamo dati esempii, 
e che sono unità- e distinzione insieme, costitui- 
scono un nesso o un ritmo, che malamente si 
esprimerebbe nella teorica ordinaria della classi- 
ficazione. Ciò Hegel vide benissimo; e non in- 
termise mai di combattere lo schema della clas- 
sificazione empirica, trasportato nella filosofia, i 
concetti concepiti come subordinati e coordinati. 
Nella classificazione ordinaria, si mette a fonda- 
mento un concetto; poi s'introduce un altro con- 



E LA FORMA DIALETTICA 83 

cetto, estraneo al primo; e lo si assume come 
fondamento della divisione, quasi coltello col 
quale si tagli una focaccia (il primo concetto) in 
tariti pezzetti ; i quali restano separati l'un dal- 
l'altro.' E, con questo procedere, con siffatto ri- 
sultato, addio unità dell'universale. La realtà si 
rompe in tanti elementi estranei e indifferenti 
l'uno all'altro : la filosofia, pensamento dell'unità, 
è resa impossibile. 

L'aborrimento di Hegel contro codesto metodo 
classificatorio fece sì ch'egli, innanzi di Herbart 
(celebrato a torto come autore primo della cri- 
tica), rigettò la concezione delle facoltà dell'ani- 
ma, alla quale ancora Kant si atteneva; e re- 
spinse come falsa quella psicologia — si legge in 
un suo scritto del 1802 (*), — « che rappresenta 
lo spirito come un sacco pieno di facoltà ». « Il 
sentimento, che abbiamo dell'unità vivente dello 
spirito, — ripete nell'Enciclopedia (§ 379, e 
cfr. 445), e in tutti gli altri suoi libri, nelle più 
varie forme ed occasioni, — si oppone da sé con- 
tro il frazionamento di esso in diverse forze, fa- 
coltà o attività che sieno, concepite indipendenti 
l' una verso l'altra. » E si noti che Hegel, sempre 
sollicitus servanoli unitatem spiritus, poteva far 

(X) Verhàltniss d. Skeptizismus sur Philosophie (in Werhe, XVI, 130). 



84 IL NESSO DEI DISTINTI 

questa critica con ben altro diritto e con ben 
altra consequenzialità di Herbart, che non riu- 
sciva ad accordare la sua confutazione delle fa- 
coltà dell'anima con la sua metafisica atomistica, 
e con la sua etica ed estetica consistenti in cata- 
loghi d'idee l'una divisa dall'altra, l'una senza 
relazione con l'altra. Ma tant'è: Herbart passa, 
nell'opinione degli scrittori di manuali psicologici 
e di storie della filosofia, come un rivoluzionario 
nella considerazione dello spirito; ed Hegel quasi 
quasi come un retrivo, che avrebbe serbato le 
partizioni scolastiche ! 

Se i concetti distinti non possono porsi sepa- 
rati e, insieme nella loro distinzione, debbono 
porsi uniti, la teoria logica dei distinti non sarà 
la teoria della classificazione, ma quella della im- 
plicazione : il concetto non sarà tagliato in pezzi 
da una forza estranea, ma si dividerà da sé per 
interno movimento, e in queste autodistinzioni si 
conserverà uno; l'un distinto starà, rispetto all'al- 
tro distinto, non come qualcosa d'indifferente, ma 
come un grado inferiore sta rispetto ad uno supe- 
riore, e viceversa. La classificazione della realtà 
deve esser sostituita dalla concezione dei gradi 
dello spirito, o, in genere, della realtà : la teoria 
della classificazione dalla teoria dei gradi. 

E il pensiero di Hegel si mise per questa via, 



fi LA FORMA DIALETTICA 85 

che era la sola conforme al principio, da cui 
esso moveva, all'universale concreto. Benché in 
nessun luogo ampiamente ed esplicitamente espo- 
sta e ragionata, la teoria dei gradi circola in tutti 
i suoi libri. E anche per essa ebbe i suoi precur- 
sori, che converrebbe investigare; e anche per 
essa il filosofo più a lui affine è, forse, Vico; il 
quale non distinse mai altrimenti lo spirito, le 
lingue, i governi, i diritti, i costumi, le religioni, 
che come serie di gradi: lo spirito, come senso, 
fantasia e mente; le lingue, come lingua divina 
mentale, lingua eroica, e lingua per parlari ar- 
ticolati; i governi, come teocratici, aristocra- 
tici, e democratici; i diritti, come diritto divino, 
stabilito dagli dei, eroico o della forza, e umano, 
o della ragione umana tutta spiegata, ecc. Perciò 
« anche Vico concepì la filosofia non come una 
serie di caselle separate, ma come « storia ideale 
eterna, sulla quale corrono nel tempo le stòrie 
particolari » . Ma, se Hegel forse non conobbe Vico, 
ebbe altri stimoli per la soluzione, alla quale si 
andò indirizzando, E già lo stesso sensismo del se- 
colo XVIII, e in ispecie la dottrina di Condillac, 
gli parve, nonostante la povertà delle sue cate- 
gorie e dei suoi presupposti, pregevole in quanto 
conteneva il tentativo di render comprensibile 
la varietà delle attività nell'unità dello spirito, 



86 IL NESSO DEI DISTINTI 

mostrandone la genesi. Al biasimo verso Kant, 
che aveva semplicemente enumerate le facoltà 
e le categorie costruendo tabelle, segue in He- 
gel l'alta lode per Fichte, che aveva affermato 
l'esigenza della « deduzione » delle categorie. Ma 
il vero e proprio precedente di Hegel fu il sistema 
dell' identità di Schelling, col suo metodo del po- 
tenziare, pel quale la realtà si svolgeva come 
una serie di potenze o di gradi: « il soggetto-og- 
getto (così Schelling stesso, nella sua rivendica- 
zione contro Hegel, ricordava la sua concezione 
giovanile), in virtù della sua natura, si oggettiva; 
ma da ogni oggettività torna vittorioso, e si mo- 
stra ogni volta a una più alta potenza di sogget- 
tività ; finché, dopo aver esaurita ogni sua vir- 
tualità, appare come soggetto che trionfa di 
tutto 0). > 

Che cosa importa la teoria dei gradi? quali 
sono i suoi termini, quale il loro rapporto? e qual 
differenza presenta rispetto ai termini e al rap- 
porto della teoria degli opposti? Nella teoria dei 
gradi, ogni concetto, — e sia il concetto a, — 
è insieme distinto e unito col concetto che gli 
è superiore di grado, b: onde, se a si pone senza 
b, b non si può porre senza a. Prendendo di 



(l) Nella prefazione ai Fragment* del Cousin. 



E LA FORMA DIALETTICA 87 

nuovo ad esempio il rapporto di due concetti, 
che ho studiato a lungo altrove (*), quello di arte 
e filosofia, — o, come altro si voglia presentarlo, 
di poesia e di prosa, di linguaggio e di logica, 
d'intuizione e di concetto, ecc. ecc., — si vede 
come ciò che è un enimma insolubile e un rom- 
picapo per la logica empirica e classificatoria, si 
risolva agevolmente, nella logica speculativa, me- 
diante la teorica dei gradi. Non è possibile porre 
arte e filosofia come due specie, distinte e coor- 
dinate, di un genere, cui entrambe si subordinino 
e che sia, per esempio, la forma conoscitiva: in 
modo che la presenza della prima escluda l'altra, 
come accade pei membri coordinati. Prova di ciò 
sono le tante distinzioni che si son date, e si con- 
tinuano a dare, della poesia e della prosa, tutte 
vanissime, fondate tutte su caratteri arbitrarli. 
Ma il nodo si scioglie, allorché il rapporto si 
pensi come di distinzione e d'unione insieme: la 
poesia può star senza la prosa, ma non l'esclude, 
tanto che la prosa non può star mai senza poe- 
sia; l'arte non esclude la filosofia, ma la filosofia 
include addirittura l'arte. E, infatti, ogni filosofia 
non esiste mai altrimenti che in parole, immagini, 
metafore, forme di linguaggio, simboli, che sono 

(1) Nel mio libro citato sull' Estetica come scienza dell'espressione e 
linguistica generale. 



88 IL NESSO DEI DISTINTI 

il suo lato artistico, e tanto reale e indispensabile 
che, ove mancasse, mancherebbe la filosofia stessa, 
non essendo concepibile una filosofia inespressa : 
l'uomo pensa parlando. La medesima dimostra- 
zione si può fare prendendo altre diadi di concetti 
filosofici; per esempio, il passaggio dal diritto alla 
moralità, o quello dalla coscienza percettiva, alla 
coscienza legislatrice. — Così il reale, che è uno, 
si divide in sé stesso, cresce su sé stesso, per 
dirla con Aristotile, o, per dirla con Vico, per- 
corre la sua storia ideale; — e nell'ultimo grado, 
che riassume in sé tutti i precedenti, raggiunge 
sé stesso interamente esplicato o tutto spiegato. 
Se noi ora dal rapporto di gradi a e b — e, 
nell'esempio scelto, arte e filosofia, — passiamo 
al rapporto degli opposti nella sintesi, a, /3, y, — e, 
nell'esempio, essere, non-essere e divenire, — po- 
tremo scorgere la differenza logica tra i due rap- 
porti. A e b sono due concetti, il secondo dei quali 
sarebbe arbitrario ed astratto senza il primo, ma 
che, nel suo nesso col primo, è reale e concreto 
quanto quello. Invece, a e (3, fuori di y, non sono 
due concetti, ma due astrazioni: il solo concetto 
concreto è ?, il divenire. Se si applicano ai due 
nessi i simboli aritmetici, nel primo abbiamo una 
diade, nel secondo un'unità, o, se si vuole, una 
triade, che è triunità. Se si vorrà chiamare dia- 



E LA FORMA DIALETTICA 89 

lettica (oggettiva) tanto la sintesi degli opposti 
quanto il nesso dei gradi, si dovrà poi non perdere 
di vista che l'una dialettica ha processo diverso 
da quello dell'altra. Se si vorranno applicare 
all'uno e all'altro nesso le denominazioni hege- 
liane dei momenti e del superare, che è insieme 
sopprimere e conservare, bisognerà poi avver- 
tire che queste denominazioni pigliano diverso 
significato in ciascuno di quei nessi. Infatti, nella 
teoria dei gradi, i due momenti, come si è notato, 
sono entrambi concreti; nella sintesi degli opposti, 
entrambi astratti, Tessere puro e il non-essere. 
Nel nesso dei gradi, a è superato in 6, cioè sop- 
presso come indipendente e conservato come di- 
pendente: lo spirito, nel passare dall'arte alla fi- 
losofia, nega l'arte, e insieme la serba come forma 
espressiva della filosofia. Nel nesso degli opposti, 
considerato oggettivamente, a e /3, distinti tra 
loro, sono entrambi soppressi e conservati; ma 
solo metaforicamente, perchè non esistono mai 
come a e /3 distinti. 

Son codeste differenze profonde, che rendono 
inammessibile il trattare entrambi i nessi al modo 
medesimo. Il vero non sta al falso nel rapporto 
stesso in cui sta al buono; il bello non sta al 
brutto nel rapporto stesso in cui sta alla ve- 
rità filosofica. Vita senza morte e morte senza 



90 IL NESSO DEI DISTINTI 

vita sono due falsità opposte ; la cui verità è la 
vita, che è nesso di vita e di morte, di sé e del 
suo opposto. Ma verità senza bontà e bontà senza 
verità non sono due falsità, che si annullino in 
un terzo termine: sono false concezioni, che si 
risolvono in un nesso di gradi, pel quale verità e 
bontà sono distinte e insieme unite: bontà senza 
verità è impossibile, quanto è impossibile volere 
il bene senza pensarlo; verità senza bontà è pos- 
sibile, solo nel senso che coincide con la tesi 
filosofica della precedenza dello spirito teoretico 
sul pratico, coi teoremi dell'autonomia dell'arte e 
dell'autonomia della scienza. 

Senza dubbio, a, essendo concetto concreto, 
ossia presentando il concetto concreto in una 
delle sue particolarizzazioni, è anche sintesi di 
afférmazione e negazione, di essere e di non es- 
sere. Così, per tornar sempre al medesimo esem- 
pio, la fantasia artistica vive come fantasia ; e 
perciò è concreta, è attività che si afferma contro 
la passività, bellezza che si afferma contro la 
bruttezza. Ed essere e non essere si particolariz- 
zano, per conseguenza, come verità e falsità, bel- 
lezza e bruttezza, bontà e malvagità, e via di- 
cendo. Ma questa lotta non ha luogo per un 
grado rispetto all'altro; giacché quei gradi, 
considerati nella loro distinzione, sono il con- 



E LA FORMA DIALETTICA 91 

cetto dello spirito nelle sue determinazioni, e non 
già il concetto universale di esso considerato 
nella sua intima costituzione di sintesi degli op- 
posti. L'organismo è lotta della vita contro la 
morte; ma le membra dell'organismo non sono poi 
lotta dell'uno contro l'altro, della mano contro 
il piede, o dell'occhio contro la mano ! Lo spirito 
è svolgimento, è storia, e perciò essere e non 
essere insieme, divenire ; ma lo spirito sub specie 
ceterni, che la filosofìa considera, è storici ideale 
eterna, extratemporaria: è la serie delle forme 
eterne di quel nascere e morire, che, come Hegel 
diceva, esso stesso non nasce e non muore mai. 
Questo è punto essenziale: se lo si trascura, si 
cade nell'equivoco, toccato una volta argutamente 
dal Lotze, quando scrisse: che non perchè il ser- 
vitore cava gli stivali al padrone, il concetto di 
servitore seguita a cavar gli stivali al concetto 
di padrone! 

Allorché si dice che lo spirito non si soddisfa 
nell'arte ed è, per questa insoddisfazione, spinto 
ad elevarsi alla filosofia, si dice bene; sol che 
non bisogna lasciarsi poi traviare dalle metafore. 
Lo spirito, che non si soddisfa più nella contem- 
plazione artistica, non è più spirito artistico, ne 
è già uscito fuori, è già spirito filosofico inci- 
piente: allo stesso modo che lo spirito che si sente 



92 IL NESSO DEI DISTINTI 

insoddisfatto dell'universalità filosofica e ha sete 
d' intuizione e di vita, non è più spirito filosofico, 
ma è già spirito estetico, un dato spirito estetico, 
che comincia ad innamorarsi di qualche visione 
e intuizione determinata. Come nel secondo caso, 
cosi nel primo, l'antitesi non sorge nel seno del 
grado oltrepassato: come la filosofia non si con- 
tradice in quanto filosofia, così l'arte non si con- 
tradice in quanto arte; e tutti conoscono la piena 
soddisfazione, la voluttà profonda e indisturbata, 
che ci fa godere l'opera d'arte. Lo spirito indivi- 
duale passa dall'arte alla filosofia e ripassa dalla 
filosofia all'arte, allo stesso modo in cui passa da 
una forma all'altra dell'arte, o da un problema 
all'altro della filosofia: cioè, non per contradi- 
zioni intrinseche a ciascuna di queste forme nella 
sua distinzione, ma per la contradizione stessa 
intrinseca al reale, che è divenire ; e lo spirito 
universale passa da a a 6, e da & ad a, non per 
altra necessità che quella della sua eterna natura, 
che è di essere insieme arte e filosofia, teoria e 
praxis, o come altro si determini. Tanto ciò è 
vero, che, se questo passaggio ideale fosse mosso 
dalla contradizione che si svelerebbe intrin- 
seca ad un determinato grado, non sarebbe poi 
possibile di tornar più a quel grado, ricono- 
sciuto contradittorio. Il tornarvi sarebbe una de- 



E LA FORMA DIALETTICA 93 

generazione o un regresso. E chi oserebbe mai 
considerare come degenerazione o regresso il leg- 
gere o il comporre una poesia, l'immergersi in 
una contemplazione estetica, di una pittura, o di 
una musica, dopo aver filosofato? Chi mai può 
giudicare erronea e contradittoria runa o l'altra 
delle forme essenziali dello spirito umano? — Quel 
passare della storia ideale non è un passare, o, 
meglio, è un passare eterno, che, sotto questo 
angolo visuale dell'eternità, è un essere. 

Hegel non fece, fra teoria degli opposti e teoria 
dei distinti, la distinzione importantissima, che 
io mi sono sforzato di dilucidare. Egli concepì 
dialetticamente, al modo della dialettica degli 
opposti, il nesso dei gradi: egli applicò a questo 
nesso la forma triadica, che è propria della sin- 
tesi degli opposti. Teoria dei distinti e teoria degli 
opposti diventarono per lui tutt'uno. Ed era quasi 
inevitabile che ciò accadesse, per quella speciale 
condizione psicologica in cui si trova chi ha sco- 
perto una grande e profonda verità, — in questo 
caso, la sintesi degli opposti, — che è cosi tiranneg- 
giato dalla sua stessa scoperta, cosi inebriato del 
vino nuovo di quella verità, da vedersela innanzi 
dappertutto, da essere tratto a concepir tutto se- 
condo la nuova forma. Era quasi inevitabile che 
così accadesse anche per gli stretti quanto sottili 



94 IL NESSO DEI DISTINTI 

rapporti, che legano la teoria dei distinti a quella 
degli opposti, e tutte due alla teoria dell'univer- 
sale concreto o dell'idea. Anche nella teoria dei 
gradi ci sono, — l'abbiamo visto, — come in quella 
degli opposti, momenti varii, che si superano, cioè 
si tolgono e, insieme, si conservano; anche in 
quella dei gradi c'è unità e distinzione, come 
nella teoria degli opposti. Il discernere le diffe- 
renze era riserbato a un ulteriore periodo sto- 
rico; quando il vino nuovo fosse ormai stagio- 
nato e maturato. 

Della distinzione non fatta, e, anzi, della fatta 
confusione, si hanno le prove, si può dire, ad ogni 
passo nel sistema di Hegel, in cui il rapporto dei 
concetti distinti è presentato sempre come rap- 
porto di tesi, antitesi e sintesi. Cosi nell'antropo- 
logia si ha: anima naturale, tesi; anima sensitiva, 
antitesi; anima reale, sintesi. Nella psicologia: 
spirito teoretico, tesi; spirito pratico, antitesi; 
spirito libero, sintesi; e ancora: intuizione, tesi; 
rappresentazione, antitesi ; eticità, sintesi; o an- 
cora, in quest'ultima: famiglia, tesi; società ci- 
vile, antitesi; stato, sintesi. Nella sfera dello spirito 
assoluto: arte, tesi; religione, antitesi; filosofìa, 
sintesi; o in quella della logica soggettiva: con- 
cetto, tesi; giudizio, antitesi; sillogismo, sintesi; 
e nella logica dell'idea: vita, tesi; conoscenza, 



E LA FORMA DIALETTICA 95 

antitesi; idea assoluta, sintesi. E via dicendo. È 
questo il primo caso di quell'abuso della forma 
triadica, che tanto ha offeso e offende gli animi 
nel sistema di Hegel; e giustamente è stato avver- 
tito come abuso. Giacché, chi si persuaderà mai 
che la religione sia il non-essere dell'arte, e che 
arte e religione sieno due astratti, che hanno ve- 
rità solo nella filosofia, sintesi di entrambi? 
che lo spirito pratico sia negazione di quello teo- 
retico; e la rappresentazione, negazione dell'in- 
tuizione: e la società civile, della famiglia, e la 
morale, del diritto ; e che tutti codesti concetti 
sieno impensabili fuori delle loro sintesi, — spi- 
rito libero, pensiero, stato, eticità, — al modo 
stesso dell'essere e del non-essere, che non son 
veri se non nel divenire? Certamente. Hegel 
qualche volta non si è tenuto fedele alla forma 
triadica (e già in certe sue tesi giovanili dichia- 
rava ciiequad?*atum est lex naturce, trìangulum 
mentis); e più spesso ha, con gli svolgimenti par- 
ticolari, attenuato gli errori della forma triadica; 
ma non e' è determinazione particolare, che possa 
sopprimer la divisione assunta a fondamento. Al- 
tre volte, la forma triadica sembra quasi un modo 
immaginoso di esporre pensieri, che non hanno 
da essa la loro ricca verità; ma accettare siffatta 
interpetrazione varrebbe screditare la forma tria- 



96 . IL NESSO DEI DISTINTI 

dica nel suo valore logico : in quel valore, che 
essa serba pienissimo nella dialettica o sintesi 
degli opposti. E, d'altra parte pigliare a difendere 
le affermazioni di Hegel con argomenti estrin- 
seci sarebbe procedere da avvocato, che vuol 
vincere con l'ingegnosità e non con la verità; o, 
peggio, da barattiere, che metta innanzi le monete 
d'oro buono per far scivolare, nella confusione, 
quelle di falsa lega. 

L'errore non è tale che possa correggersi per 
via, né è errore di dicitura : è errore sostanziale, 
che, per quanto piccolo possa sembrare nella for- 
mula riassuntiva che se n'è data, — come di 
uno scambio fra teoria dei distinti e teoria degli 
opposti, — produce conseguenze gravissime; e 
cioè, da esso discende, se mal non ho visto, tutto 
ciò che vi ha di filosoficamente errato nel sistema 
di Hegel. Il che giova ora esaminare partita- 
mente. 



La metamorfosi degli erbori 

in concetti particolari e gradi della verità 

(la struttura della logica). 

L'applicazione della dialettica degli opposti al 
rapporto dei distinti, eseguita con tutta se- 
rietà logica, — come infatti era da aspettarsi 
dalla mente vigorosa e sistematica di Hegel, — 
doveva avere, ed ebbe, una doppia conseguenza. 
Da una parte, quelli che sono errori filosofici, 
vennero acquistando dignità di concetti parziali 
o particolari, cioè di concetti distinti: dall'altra, 
quelli che sono realmente concetti distinti furono 
abbassati a semplici conati verso la verità, a ve- 
rità incomplete ed imperfette : vale a dire, pre- 
sero aspetto di errori filosofici. 

La prima di queste conseguenze determinò la 
struttura della logica; quale si trova più che in 
germe nella Fenomenologia dello spirito, ed è 
poi esposta di proposito nella grande Scienza 
della logica (1812-1816), e nella piccola dell'in- 



98 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI 

ciclopedia (1817, 1827, 1830). La seconda deter- 
minò il carattere dell'estetica hegeliana e die 
origine alle due scienze filosofiche della storia e 
della natura; quali queste tre scienze possono 
vedersi principalmente nell'Enciclopedia, e nei 
corsi di lezioni pubblicati postumi. 

Per cominciare dal primo punto, — confusi tra 
loro gli opposti e i distinti, — i momenti astratti 
del concetto (il quale, nella sua concretezza e 
verità è sintesi degli opposti), sono condotti na- 
turalmente ad assumere le funzioni medesime, 
che hanno i concetti distinti inferiori rispetto ai 
superiori. Per esempio, essere e nulla, che rispetto 
al divenire sono due astrazioni, diventano, per 
analogia, due gradi, come quelli che, in una serie 
di distinti, — ad esempio, nella serie: intuizione, 
pensiero, attività pratica, — i due concetti in- 
tuizione e pensiero hanno rispetto al terzo grado, 
l'attività pratica. Ma che cos'altro sono quelle 
due astrazioni, essere e nulla, separatamente 
prese ciascuna per sé, se non due falsità, due 
errori? Infatti, la prima di esse risponde, secondo 
Hegel, alla veduta eleatica, e degli altri simili in- 
dirizzi filosofici, che considerano l'assoluto come 
semplice essere, e Dio come nient'altro che l'in- 
sieme di ogni realtà, il realissimo; la seconda 
risponde alla veduta buddistica, che considera 



i 



LA STRUTTURA DELLA LOGICA 99 

il nulla come il fondo delle cose, come il vero 
assoluto. Sono perciò due opposti, e pur simili, 
errori filosofici, in entrambi i quali si pretende 
pensare come realtà somma l'indeterminato e 
l'astratto. — E che cosa sono, invece, intuizione 
e pensiero, se non due verità? Il primo termine 
riassume tutta Fattività fantastica dell'uomo e, 
nella sua riflessione teorica, dà luogo a una scienza 
particolare filosofica, all'estetica; il secondo è a 
capo di tutta l'attività scientifica umana, e, nella 
sua riflessione teorica, dà luogo alla scienza della 
scienza, ossia alla logica. Non sono, dunque, due 
astrazioni irreali; ma due concetti concreti e reali. 

Posto ciò, risulta chiaro chercon la confusione 
tra la dialettica degli opposti e il nesso dei di- 
stinti, col far che i due opposti, astrattamente 
presi, adempiano le funzioni medesime dei con- 
cetti distinti, quegli errori si trasmutano in ve- 
rità: verità particolari, verità di gradi inferiori 
dello spirito, ma funzioni necessarie, o categorie. 
E, battezzati questi errori come verità di una 
certa sorta, non c'è più impedimento a che tutti 
gli errori, Terrore in generale, siano considerati 
come verità particolari. La fenomenologia del- 
l' errore assume, per tal modo, le sembianze di 
una storia ideale della verità. 

Questo battesimo, questa trasfigurazione, è par- 



100 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI 

sa, e parrà ancora a molti, il riconoscimento di 
una verità importante, quanto profonda. Non si 
parla frequentemente, anche nel linguaggio or- 
dinario, di errori progressivi, di errori che aprono 
la via alla verità? e non si dice che l'uma- 
nità ha più imparato da alcuni errori che non 
da molte verità? Gli eleati ebbero torto nel 
concepir l'assoluto come semplice essere; ma 
quel loro errore afferma pure una verità, sal- 
dissima quantunque parziale: che cioè l'assoluto 
è anche essere. Cartesio e Spinoza sbagliarono 
nel porre il parallelismo di spirito e di corpo, 
di pensiero e di estensione; ma, se non si fosse 
mediante quell'errore, fissata ed accentuata la 
distinzione dei due termini, come si sarebbe po- 
tuto pensarne l'unità concreta? Kant errò nel pre- 
sentare le antinomie come insolubili; ma venne 
con ciò a riconoscere la necessità delle antinomie, 
base della dialettica. Schelling errò nel concepire 
l'assoluto come mera identità; ma quel suo er- 
rore fu il necessario ponte di passaggio per con- 
cepir l'assoluto come unità nella opposizione e 
distinzione. Senza la platonica trascendenza delle 
idee, come mai il concetto meramente logico di 
Socrate si sarebbe mutato nelsinolo aristotelico? 
Senza la negazione scettica di Hume, come mai 
sarebbe sorta la sintesi a priori di Kant? Chi 



LA STRUTTURA DELLA LOGICA 101 

pretende che la verità si generi senza Terrore, 
pretende il figlio senza il padre. Chi disprezza 
Terrore, disprezza la verità stessa, che non è com- 
prensibile senza quegli antecedenti errori ; i quali 
restano perciò come suoi aspetti eterni. , 

Se non che, anche qui è da raccomandare di 
non lasciarsi sviare dalle metafore, e analizzare 
la cosa stessa. Ciò che, nell'errore, dà luogo alla 
denominazione di errore progressivo, di errore 
fecondo e simili, non è poi errore, ma verità. 
Considerando all'ingrosso una dottrina, noi la 
pronunziamo erronea; ma quella dottrina, più 
particolarmente considerata, si risolve in una se- 
rie di affermazioni, alcune vere, altre false; e la 
progressività e fecondità è nelle affermazioni vere, 
non già nelle false, che non possono dirsi nep- 
pure affermazioni. Cosi, nella dottrina eleatica, 
l'affermazione che l'assoluto sia essere, è vera: 
falso è, che non sia altro che essere. Anche nel 
.suo supremo inveramento : « l'assoluto è lo spi- 
rito > , l'assoluto è essere, sebbene non più sem- 
plice essere. Così -nel parallelismo cartesiano e spi- 
noziano la distinzione dello spirito dal corpo, e 
del pensiero dall'estensione, è, almeno in un certo 
senso, vera; ma come essa si generi, resta poi 
da spiegare: il falso è l'affrettata teoria meta- 
fisica, che spiega quei due termini facendone due 



102 LA METAMORFOSI DEGLI ERRORI 

manifestazioni di Dio o due attributi della so- 
stanza, ossia che muta il problema in una solu- 
zione. Così anche, nella trascendenza platonica 
il vero è il valore dato air idea come di qual- 
cosa che non sia più meramente soggettivo, ma 
che sia, insieme, reale: il falso è lo staccare 
le idee dalle cose reali, e porle in un mondo, 
che non si riesce a pensare; e, con questa im- 
maginazione, confonderle daccapo con le cose 
reali e finite. Il falso di ciascuna di queste dot- 
trine è, di certo, lo stimolo del progresso: è il 
non-essere, momento necessario dello svolgimento; 
senza il dubbio, senza la contradizione, senza la 
perplessità e l'insoddisfazione, non si andrebbe 
innanzi: l'uomo non conquisterebbe la verità, 
perchè cesserebbe di pensare, o, anzi, cesserebbe 
addirittura di essere. La cosa ormai ci è nota: 
è il principio della sintesi degli opposti, che è 
stato di sopra esposto e pienamente accettato. 
Ma quel principio, se afferma la sintesi di essere 
e di non-essere, non ha poi la virtù di mutare 
il non-essere in essere, la tenebra in luce, lo 
stimolo al progresso in progresso, Terrore in ve- 
rità parziale o grado della verità. L'errore, che 
si conserva nella verità come suo grado o suo 
aspetto particolare, è quel tanto di verità, con- 
tenuto nelle dottrine che denominiamo erronee. 



LA STRUTTURA DELLA LOGICA 103 

E questo tanto di verità il vero s ubbie tto della 
storia delle scienze : Terrore come errore è Temi- 
sferio di tenebre, che la luce del vero non ha 
ancora rischiarato; e si fa la storia del successivo 
rischiaramento, non della tenebra, che è senza 
storia perchè accompagna ogni storia. Perciò la 
trasmutazione degli errori in verità, — prima 
conseguenza dell'applicazione, a cui Hegel si la- 
sciò andare, della dialettica degli opposti al nesso 
dei distinti, — è falsa, come è falsa l'applicazione 
da cui risulta. 

Se queste dilucidazioni che ho premesse, se 
questi canoni di giudizio che ho fissati, sono 
esatti, noi siamo ora in grado di renderci conto 
del problema e della struttura della Logica hege- 
liana : non già, beninteso, del principio delle dot- 
trine logiche di Hegel (il concetto concreto) e delle 
varie sue dottrine in particolare (teoria degli op- 
posti, dei distinti, ecc.), — di ciò si è già discorso 
nei capitoli precedenti; — ma di quel determinato 
pensiero, che mosse Hegel a concepire una scienza 
fondamentale, la quale egli denominò Logica o 
Scienza della logica, e svolse nelle tre sezioni 
di logica dell'issare, logica dell'Essenza e logica 
del Concetto. Una scienza, che non senza qualche 
ragione è sembrata oscura e bizzarra, rigorosa 
all'apparenza, ma arbitraria nel fatto e ad ogni 



104 LA METAMORFOSI DEGLI ERRORI 

passo: un qualcosa d'inafferrabile, perchè non 
porge nessun punto sicuro di presa e d'appoggio. 
Il problema della Logica hegeliana, — come 
risulta dal contenuto principale di quel libro, — 
è di sottoporre ad esame le varie definizioni del- 
l'Assoluto, cioè di fare una critica di tutte le 
forme di filosofia per dimostrare, mercè le dif- 
ficoltà e le contradizioni di esse, la verità di 
quella filosofia, che considera l'Assoluto come spi- 
rito o idea; dimostrando insieme che in questa 
concezione trovano la loro giustificazione gli 
aspetti di verità messi in luce dalle varie filo- 
sofie; e che perciò quella filosofia, com'è stata 
l'aspirazione, cosi è la risultante di tutti gli 
sforzi del pensiero umano. Onde nella Logica 
ci passano innanzi, ora nominativamente addi- 
tati, ora per allusioni ed accenni, l'emanatismo 
orientale, il buddismo, il pitagorismo, l'eleatismo, 
l'eraclitismo, l'atomismo democriteo, il platoni- 
smo, l'aristotelismo, le dottrine dei panteisti, de- 
gli scettici, dei gnostici, il cristianesimo, S. An- 
selmo, la scolastica; e poi ancora le dottrine di 
Cartesio, Spinoza, Locke, Leibniz, Wolf, Hume, 
Kant, Fichte, Schelling, Jacobi, Herder; ed altri 
punti di vista filosofici. È la « patologia del pen- 
siero > , com'è stata chiamata, con significato al- 
quanto diverso dal mio, da uno scrittore inglese : 



LA STRUTTURA DELLA LOGICA 105 

è la polemica, con la quale ogni filosofia afferma 
e mantiene la sua vita contro le altre filosofie, 
più o meno discordanti e nemiche. 

Questa polemica, se ben si guardi, può con- 
dursi in due modi diversi, uno dei quali presup- 
pone l'altro come sua base. Le diverse filosofie, 
e i loro punti di vista parzialmente erronei, 
possono essere studiati nella loro individualità, 
nella forma determinata che presero presso i 
varii pensatori nei varii tempi, e secondo l'or- 
dine cronologico ; e si ha cosi la Storia della filo- 
sofia (che è storia e critica insieme, come ogni 
vera storia). Ovvero si studiano le possibilità 
universali degli errori filosofici, le fonti perpetue 
di essi, che nascono dalla confusione della filosofia 
con le altre varie attività dello spirito umano ( £ ); 
e, in questo caso, la polemica contro gli errori 
è la filosofia stessa, l'intero sistema; giacché solo 
dal sistema interamente svolto risultano chiari 
i motivi degli errori. Una polemica contro gli er- 
rori potrà collocarsi, per comodo letterario, pra 
a capo, ora nel mezzo, ora alla coda di una 
teoria filosofica; ma, logicamente, essa è inscin- 
dibile dalla filosofia stessa; perchè, diceva Ba- 
cone, come la linea retta misura sé stessa e la 



(1) Si veda, come saggio di ciò, nei miei Lineamenti di logica, il 
e. VII: La teoria delV errore. 



106 LA METAMORFOSI DEGLI ERRORI 

curva, cosi rerum index sui et falsi; o, come si 
dice comunemente, ogni affermazione è insieme 
negazione. Questa critica, che è Finterò sistema, 
è poi la base vera di quell'altra critica, che è 
la storia della filosofia. 

Hegel, con le tesi affermative della sua filo- 
sofia, assolse magnificamente il compito della 
critica degli errori filosofici : di certo, nei limiti 
del suo sistema, ossia fino a quel segno in cui gli 
errori stessi del sistema gY impedirono di vedere 
più oltre negli errori altrui ; ma, ad ogni modo, 
con tale larghezza e ricchezza come nessun altro 
filosofo seppe mai, salvo Aristotile. Il quale sta 
per l'appunto, di fronte allo svolgimento ante- 
riore del pensiero ellenico, come Hegel di fronte 
a tutta la filosofia svoltasi a cominciar dal mondo 
ellenico, anzi da quello orientale, fino ai suoi 
tempi: onde più volte la Logica di Hegel è stata 
paragonata, e messa accanto, alla Metafisica di 
Aristotile ( £ ). E perciò anche nella Storia della 
filosofia Hegel giunse ad altezze non mai toccate 
prima di lui, e dì rado poi ; tanto che egli è con- 
siderato come il vero fondatore della storia della 
filosofia, intesa non più come storia letteraria o 



(1) « C'est la seule métaphysique qui exiete, avec celle d'Aristote ». 
H. Taine, in una lettera del 1851 : si veda Sa vie et sa correspondance 
(Paris, 1902), I, 162-3, cfr. 145. 



LA STRUTTURA DELLA LOGICA 107 

raccolta di materiale erudito, ma come storia 
interna, come esposizione che la filosofia mede- 
sima fa della sua propria genesi nel tempo: come 
la grande autobiografia del pensiero filosofico. 

Ma, a cagione della commessa confusione tra 
la dialettica e il nesso dei distinti, e del conse- 
guente concetto degli errori come verità parti- 
colari, Hegel non si soddisfece nei due modi in- 
dicati, ma tentò un terzo modo; che è quello 
concretato nella struttura della Logica. Qui gli 
errori sono trattati come concetti distinti, cioè 
come categorie; e si pretende dedurre, ossia svol- 
gere gli errori, come si deducono e svolgono le 
categorie, cioè i concetti distinti. Il metodo, che 
è proprio della verità, viene in essa applicato 
alla non-verità. 

Che cosa doveva accadere in questo tentativo 
disperato, in questo sforzo violento e spasmodico 
verso l'impossibile? e SII est difficile, c'est fait; 
s'il est impossible, on le fera », diceva quel tale 
ministro cortigiano dell' ancien regime. E fece 
T impossibile con l'arbitrio^ menando a rovina lo 
stato e provocando la rivoluzione. Similmente, 
l'arbitrio regna sovrano nella struttura della lo- 
gica, che Hegel congegnò. E comincia dal co- 
minciamento. Hegel si dette sempre grande am- 
bascia circa questo problema del cominciamento, 



108 LA METAMORFOSI DEGLI ERRORI 

non meno che intorno a quello dell' introduzione 
da fare alla filosofia (è nota la disputa sul posto 
che la Fenomenologia ha nel sistema: disputa 
priva di senso). Eppure egli stesso riconosce be- 
nissimo che la filosofia è un « circolo »; e con ciò 
pronunzia implicitamente l'impossibilità di un 
punto d'inizio necessario. Nel circolo, si entra da 
ogni parte; e cosi nella filosofia: o che si cominci 
da un concetto dello spirito in genere, procedendo 
poi per determinazioni, o dal concetto più sem- 
plice procedendo per successive complicazioni, 
o dal più complesso procedendo per scomposi- 
zione, o da un qualsiasi concetto intermedio an- 
dando poi innanzi e indietro; o, infine, da un qual- 
siasi problema e quesito filosofico e critica di er- 
rori, salendo da essi a un intero sistema. Così 
tutti cominciano a filosofare; e questa è la realtà: 
ciascuno ha il suo primo, xè itp&xov irpòs ^fias, e 
non c'è, sotto questo aspetto dell' apprendimento, 
un 7ipo>Tov cpóosi. La preferenza da dare a un co- 
minciamento piuttosto che ad un altro è, tutt'al 
più, questione di convenienza didascalica. Ma, se 
il problema del cominciamentp non ha valore in 
filosofia, è vero, per altro, che la filosofia, ogget- 
tivamente considerata, ha il suo primo, il suo 
itpovrov cpóoet: un primo, che è insieme l'ultimo, 
il primo che è circolo, e, per esempio, nella 



LA STRUTTURA DELLA LOGICA 109 

filosofia di Hegel, lo Spirito o l'Idea. Ma nella 
Logica, in quanto esame di una serie di errori, 
come mai può pensarsi un primo, che sia primo 
per necessità, un irpcotov cpóoet? Hegel cominciò col 
puro essere, cioè con Tesarne dei sistemi filosofici 
che definiscono l'Assoluto come semplice essere ; 
e tentò ripetutamente di giustificare questo co- 
minciamento; ma invano. Era un cominciamento 
come un altro, giustificato quanto un altro; ma 
ingiustificabile, in quanto si pretenda giustifi- 
carlo come il solo. E perchè non cominciare dalle 
filosofie, che pongono la radice delle cose in uno 
od altro degli elementi cosmologici, l'acqua di 
Talete o l'aria di Anassimene? perchè non 
cominciar dalle filosofie sensistiche, per le quali 
l'assoluto è il relativo, la realtà è il fenomeno? 
L'essere puro, sia; ma un esame che cominci 
da esso, ha un principio « comandato », come 
quello che si pone nelle discipline matematiche. 
Ovvero il cammino che si segue ha un valore 
puramente biografico, autobiografico o estetico; 
ed infatti, la Fenomenologia, che comincia dalla 
certezza sensibile, la Logica, che comincia dal- 
l'essere puro, prendono qua e là un andamento, 
che suggerisce il ricordo di qualche romanzo 
filosofico: dell' Èmile, o del viaggio dell'Irlan- 
dese alla ricerca della migliore delle religioni. 



110 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI 

Arbitrario il cominciamento, arbitrario il sé- 
guito. Non è agevole tenere a mente la Logica 
di Hegel, salvochè non si ricorra al sussidio del- 
l'apprendimento meccanico: la generazione ne- 
cessaria delle sue parti manca. Le triadi si se- 
guono alle triadi; ma una triade si lega poi 
all'altra, come il metodo porterebbe, triadica- 
mente ? Non pare. Dopo la prima triade, di es- 
sere, non-essere e divenire, segue la categoria 
dell'essere determinato (Daseyn): ma, perchè 
legame ci fosse, Tessere determinato dovrebbe 
sorgere come antitesi del divenire, come il non 
divenire del divenire; e invece Hegel stesso dice, 
che l'essere determinato corrisponde all'essere 
puro della sfera precedente. Perciò, la serie delle 
triadi della Logica hegeliana è stata, da qual- 
che critico, interpetrata non come una grande 
catena ininterrotta, ma come una sola triade fon- 
damentale, nella quale s' inseriscono altre triadi ; 
e se ne potrebbero inserire altre ancora, in ag- 
giunta a quelle che Hegel ha enumerate, e sulle 
quali si è fermato quasi in via d'esempio. Ma, 
con siffatta interpetrazione, l'ascensione necessa- 
ria per gradi, dal puro essere all'idea, — ch'era il 
disegno della Logica, — vien dichiarata illusoria. 
Quel libro, cioè, viene per tal modo considerato 
come una congerie di critiche, rivolte contro le 



LA STRUTTURA DELLA LOGICA 111 

affermazioni di termini astratti, che vengono ri- 
soluti in sintesi dialettiche. E bisognerebbe ag- 
giungere che le critiche non concernono solo gli 
opposti astratti, ma anche i falsi opposti ; e per- 
ciò non del tutto a torto è stato notato, nella Lo- 
gica, un certo mutamento di metodo, via via che 
si sale dalle prime categorie alle ulteriori. È chiaro 
che il contenuto della critica muta, quando si 
passa dagli errori concernenti Tessere a quelli 
che si riferiscono all'essenza e al concetto ; onde 
Hegel stesso dice, che « nell'essere si ha un altro 
e un trapassare in altro ; nell'essenza, l'apparire 
nell'opposto ; e nel concetto, la distinzione del sin- 
golo dall'universalità, la quale come tale continua 
in ciò che è distinto da lei, ed è col distinto, in 
relazione d'identità » (Enc, § 240). 

Se nella Logica di Hegel non c'è la connes- 
sione necessaria fra le sue parti, appaiono per 
altro in essa gli effetti delle tendenze proprie del 
contenuto di pensiero, che è stato costretto in 
quegli schemi quasi in letto procusteo. Quel 
contenuto, come si è già detto, non poteva es- 
sere svolto se non, o in forma di esposizione di un 
compiuto sistema filosofico, — e, in questo caso, 
come una filosofia dello spirito, — o in forma di 
una storia della filosofia. E la trattazione della 
Logica si avvicina, qua e là, ora all'uno ora al- 



112 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI ' 

l'altro tipo ; e, per esempio, un tentativo di storia 
della filosofia è nell'ordine delle prime categorie, 
in cui successivamente compaiono Parmenide, 
Eraclito, Democrito; e poi di nuovo, in altre 
parti, Cartesio, Spinoza, Kant: la parte prima 
della dottrina del concetto contiene la critica 
dell' analitica aristotelica; la parte seconda, la 
critica della monadologia leibniziana. Più vigo- 
rosa è la tendenza a trasformarsi in una filo- 
sofia (speculativa, e non empirica) dello spirito; 
cioè, delle varie forme conoscitive e pratiche, 
nel loro nesso necessario. Così, nella dottrina 
dell'essere (sezione della quantità) è la gnoseo- 
logia del procedere aritmetico; nella dottrina 
dell'essenza, la gnoseologia delle scienze natu- 
rali; e, in una parte dei paragrafi sull'oggetti- 
vità, si chiariscono i concetti di meccanismo e 
chimismo; nella dottrina del concetto (prima 
sezione) è la logica del concetto, del giudizio, del 
sillogismo; e poi (sezione terza) la logica più 
propriamente filosofica: nelle parti relative alla 
teleologia e alla vita, è un abbozzo di filosofia 
della natura; la filosofia pratica spunta nei pa- 
ragrafi circa il volere (sezione dell'Idea). Perfino 
l'estetica non è del tutto esclusa: nel compen- 
dio di logica, che si trova nella Propedeutica 
del 1808-1812, alla categoria della Vita si con- 



LA STRUTTURA DELLA LOGICA 113 

giunge quella del Bello ( 4 ). Perciò anche, è impresa 
disperata tener distinte fra loro le varie parti del 
sistema di Hegel : la Logica anticipa la Filosofia 
dello spirito, questa riprende i temi della Logica, 
la Filosofia della natura svolge le dottrine del- 
l'essere e dell'essenza ; le parti della Logica, re- 
lative al meccanismo, al chimismo e alla vita, 
anticipano la Filosofia della natura: la Fenome- 
nologia dello spirito contiene tutto il sistema in 
un primo abbozzo (quando non si tenga conto 
del System der Sittlichkeit, che Hegel non pub- 
blicò, e che fu l'abbozzo primissimo). 

Contenuto concreto, preso dalla storia della 
filosofia, e in misura maggiore dalla filosofia dello 
spirito, ed ordinamento violento ed arbitrario, im- 
posto dalla falsa idea di una deduzione a priori 
degli errori: ecco con qual sembiante a me ap- 
pare la Logica hegeliana. L'ordinamento danneg- 
gia il contenuto; e, cosi dicendo, e riconfermando 
cosi la condanna della pretesa hegeliana che 
prende corpo nella Logica, s'intende non già dan- 
nare alla morte e all'oblio quel ricchissimo dei 
libri, che portano siffatto titolo; ma anzi dargli 
le condizioni favorevoli perchè viva ed eserciti 
la sua profonda efficacia sulle menti. Chi prenda 



(1) Philo8ophische Propàdeutilt, ed. Rosenkranz, 2° corso, § 10 (in 
'Werke, XVUI, 120). 



114 LA METAMORFOSI DEGLI ERBORI 

tra mano la Logica di Hegel col proposito d' inten- 
derne il nesso, e, anzitutto, la ragione del comin- 
ciamento, dovrà, dopo un po', deporre quel libro, 
disperato d'intendere, o persuaso che si trova in- 
nanzi ad un ammasso di astrattezze senza signifi- 
cato. Ma chi, come il cane di Rabelais, — bestia 
filosofa, — invece di lasciare stare Tosso, lo ad- 
denti or di qua or di là, lo stritoli, lo sminuzzi e lo 
succi, si ciberà alfine del sostanziale midollo. He- 
gel, e al suo cenno gli scolari, hanno insistente- 
mente additato la porta, per cui s'entra nella Lo- 
gica : V essere "puro, da cui si deve passare via via 
pei vestiboli e su per le scale del niente, del dive- 
nire, dell'essere determinato, del qualcosa, del li- 
mite, del cangiamento, dell'esser per sé, ecc. ecc.; 
per giungere alla cella riposta della Dea, o del- 
l'Idea. Ma invano procurerà d'entrare nel palagio 
colui che si ostini a picchiare a quella porta, e 
creda alla fallace indicazione fornitagli, che tale 
e non altra debba essere la porta e la scala. Quella 
porta, indicata come la sola, è una porta chiusa, * 
anzi una porta finta. Prendete il palagio d'assalto 
da tutte le parti; e solo così perverrete all'interno, 
penetrerete fino al santuario della Dea. E può 
darsi che vediate colà il volto della Dea irrag- 
giarsi di un benevolo sorriso, guardando alla 
santa semplicità di molti dei suoi devoti! 



VI. 

La metamorfosi dei concetti particolari 
in errori filosofici. 

I. L'arte e il linguaggio (Estetica). 

L'altra conseguenza, il secondo contraccolpo 
dello scambio tra sintesi degli opposti e rap- 
porto dei distinti, non fu meno grave. A cagion di 
quello scambio, Hegel si tolse il modo di rico- 
noscere l'autonomia, e di attribuire il loro proprio 
e giusto valore alle varie forme dello spirito. Con- 
fuso Terrore con la verità particolare, come gli 
errori filosofici eran diventati per Hegel verità 
particolari, cosi le verità particolari dovevano 
accomunarsi con gli errori e diventare errori fi- 
losofici : perdere ogni loro misura intrinseca, ve- 
nire ragguagliate alla stregua della verità spe- 
culativa, ed essere trattate come nient'altro che 
forme imperfette di filosofia. 

Perciò Hegel non giunse a riconoscer V indole 
vera né della funzione estetica, né della funzione 



116 I CONCETTI PARTICOLARI 

storiografica, né di quella naturalistica: vale a 
dire, né dell'arte, né della storia, né delle scienze 
fisiche e naturali. 

Senza dubbio, le pagine di Hegel intorno al- 
l'estetica sono animate da un gran senso artistico; 
e, nell' insieme, vi domina la tendenza a far del- 
l'arte un elemento importantissimo della vita 
dell'umanità, un modo di conoscenza e di ele- 
vazione spirituale. Siamo portati, da quelle pa- 
gine, ben di là e ben più in alto della veduta 
volgare, per la quale l'arte è un accidente su- 
perfluo nella vita reale, un diletto, un giuoco, un 
passatempo ; ovvero un semplice mezzo pedago- 
gico, empirico e relativo. Per quel costante con- 
tatto, nel quale la speculazione estetica hegeliana 
si tiene col gusto e con le opere d'arte, e per 
quella nuova dignità che essa riconosce all'atti- 
vità artistica, ha operato con forza sulle menti 
e dato un grande impulso allo studio dei problemi 
estetici. E questo un merito, che, in parte, ha co- 
mune con tutte le teorie estetiche del periodo ro- 
mantico, — il gran periodo di fermentazione e rin- 
novamento per la filosofia dell'arte e per la cri- 
tica e storiografia letteraria ed artistica ; — e, in 
parte, le spetta in proprio, per la ricchezza d' idee, 
di giudizii, di problemi, che essa presenta. 

Ma gli elementi di verità, sparsi in copia nel- 



I. l'abtb e il linguaggio 117 

l'estetica hegeliana, sono o troppo generici o me- 
ramente incidentali e intimamente divergenti dal 
concetto fondamentale dell'arte, che Hegel ac- 
cetta, e che è erroneo. 

È erroneo, perchè Hegel, fisso nel suo pensiero 
che ogni forma dello spirito, — tranne l'ultima 
e suprema, —non sia altro che un modo prov- 
visorio e contradittorio di afferrare l'Assoluto, non 
potè scoprire quella forma teoretica prima ed in- 
genua, che è la lirica o la musica dello spirito, 
e nella quale non e' è nulla di contradittorio fi- 
losoficamente, perchè il problema filosofico non 
v'è posto in nessun modo, e soltanto se ne pone 
la condizione. È quella la regione dell' intuizione, 
della fantasia pura, del linguaggio nel suo carat- 
tere essenziale, come pittura, musica o canto: 
è la regione vera dell'arte. Quando Hegel co- 
mincia la sua meditazione intorno alle fasi dello 
spirito, egli si trova già a tal punto, che quella 
regione gli sta dietro le spalle, e pur non si ac- 
corge di averla oltrepassata. La Fenomenologia 
prende le mosse dalla certezza sensibile, la forma 
per Hegel più semplice di tutte : quella nella quale 
— egli dice — noi ci comportiamo verso la realtà 
in modo immediato o ricettivo, senza cangiar 
nulla in essa, e astenendoci da ogni lavorio di 
concetti. Ed Hegel non dura fatica a mostrar che 



118 I CONCETTI PARTICOLARI 

siffatta contemplazione, la quale sembra la più 
ricca e la più vera, è, invece, la più astratta e la 
più povera: la cosa è ora, e non è più nel mo- 
mento dopo; è qui, e, subito dopo, nel qui è un'al- 
tra : ciò che solo sopravanza, è l'astratto questo, 
qui, ora; il resto fugge via. Ma la certezza sensi- 
bile, di cui parla Hegel, non è la prima forma teo- 
retica; non è la genuina certezza sensibile, l'aToOrjois 
pura e semplice; non è, com'egli crede, la co- 
scienza immediata: è già mista di riflessione in- 
tellettiva, contiene già la dimanda sul che cosa sia 
veramente reale. Alla genuina certezza sensi- 
bile, — quale si ha nella contemplazione estetica, 
dove non c'è distinzione di soggetto ed oggetto, 
non c'è paragone di una cosa con un'altra, non c'è 
collocazione nella serie spaziale e temporale, — 
è stata sostituita la prima riflessione sulla co- 
noscenza sensibile; ed è naturale che quella prima 
riflessione appaia imperfetta, e da superare. Hegel 
dice più volte che: « il soggetto senza predicato 
è ciò che, nel fenomeno, la cosa senza proprietà, 
la cosa in sé, un fondo vuoto e indeterminato: 
è il concetto in sé stesso, il quale solo col predi- 
cato riceve differenza e determinazione ». Ma 
l'arte è, per l'appunto, soggetto senza predicato; 
ed è tutt'altro che il nulla e il vacuo della cosa 
in sé e della cosa senza proprietà. È l' intuizione 



I. l'arte e il linguaggio 119 

senza riferimenti intellettuali : è il fremito, che 
ci comunica una poesia e pel quale ci s'apre la 
veduta su una realtà, che noi non possiamo mai 
rendere in termini intellettivi; e non possediamo 
se non cantandola, o ricantandola. 

Come Hegel non attinge la regione dell'attività 
estetica e con essa la forma teoretica veramente 
primitiva, egli non riesce a spiegarsi il linguag- 
gio, che diventa anch'esso, ai suoi occhi, una con- 
tradizione organizzata. Infatti, per Hegel il lin- 
guaggio è opera della memoria, ch'egli chiama 
« produttiva », perchè produce « segni »: e il 
segno è esplicitamente definitivo come un' intui- 
zione immediata, che rappresenta un contenuto 
« tutto diverso da quello che è il suo proprio ». 
L' intelligenza manifesta, mediante il linguaggio, 
la sua rappresentazione in un elemento esterno; 
e perciò la forma del linguaggio è intellettuale: 
è il prodotto di un istinto logico, che si teorizza 
poi nella grammatica. Per questa sua forma lo- 
gica, il linguaggio vuol esprimere l'individuale 
e non può: « voi volete dire questo pezzo di carta, 
su cui io scrivo, o meglio ho scritto, questo; e non 
lo dite. Ciò che voi dite è un universale, il que- 
sto » . Cosi il linguaggio, secondo Hegel, confuta 
sé stesso, assumendo di esprimere l'individuale 
ed esprimendo invece sempre l'universale. — Se 



120 I CONCETTI PARTICOLARI 

non che, all'omne individuum ineffàbile degli 
scolastici, che Hegel sembra qui ripetere, bi- 
sogna sostituire l'affermazione opposta: solum 
individuum effabile (o correggere la prima con 
raggiunta : logicis modis ineffabile). E già come 
mai pensare che un'attività dell'uomo, qual è il 
linguaggio, non raggiunga il suo scopo, e si pro- 
ponga un fine assurdo, e viva neir inganno, e 
non possa uscirne ? Il linguaggio è radicalmente 
poesia ed arte: col linguaggio, con l'espressione ar- 
tistica, l'uomo coglie la realtà individuale, quella 
sfumatura individuale, che il suo spirito intuisce e 
non rende in termini di concetti, ma come suoni, 
toni, colori, linee, e via dicendo. Perciò il lin- 
guaggio, inteso nella sua vera indole e in tutta 
la sua vera estensione, è adeguato alla realtà. 
L'illusione dell'inadeguatezza nasce allorché si 
chiama linguaggio un frammento di esso, astratto 
dal tutto. Cosi la carta, questa carta, di cui io 
parlo, è non già solo ciò, che le parole : « questa 
carta » esprimono, avulse dal resto e rese astratte; 
ma ciò che i miei occhi, o meglio, tutto il mio 
spirito ha presente; e, in quanto se lo rappresenta, 
può rendere, anche esteriormente, col suono, col 
colore, e via dicendo. Se io dico: « questa carta 
proprio », gli è perchè l'ho innanzi e la mostro 
agli altri : le parole che mi escono di bocca hanno 



I. l'arte e il linguaggio 121 

il loro pieno significato da tutta la situazione psi- 
cologica in cui mi trovo, e quindi dall'intenzione 
e intonazione e gesto, con cui le pronunzio. Se 
le astragghiamo da quella situazione, di certo 
esse appariranno inadeguate a quell'individuale: 
ma saranno tali, perchè le abbiamo rese noi cosi, 
mutilandole. Ma Hegel, — che non aveva una 
esatta idea dello stato estetico come stato spiri- 
tuale primitivo, — non poteva comprendere a 
fondo il linguaggio: doveva considerarlo a quel 
modo mutilato e intellettualizzato, e dichiararlo 
per ciò una contradizione. E, quando dal lin- 
guaggio della prosa egli passa, nella sua Este- 
tica, a trattar del linguaggio poetico, ricade, dopo 
qualche tentativo di uscirne, nella vecchia reto- 
rica; anche il linguaggio poetico resta per lui 
uri mero segno ed è essenzialmente diverso dalle 
linee e dai colori della scultura e della pittura, 
e dai toni della musica. 

La sua erronea teoria logica circa i concetti 
distinti copre dunque, agli occhi di Hegel, il 
vero posto in cui si trova Fattività estetica; e 
gli suggerisce una filosofia del linguaggio, che 
porta di necessità a considerare il linguaggio 
come un errore. Ma non solo il linguaggio viene 
trattato cosi: l'arte, non collocata al suo vero 
posto, s'impone poi alla mente di Hegel, il quale, 



122 I CONCETTI PARTICOLARI 

non sapendo che cosa farne, la trasferisce a un 
posto che non le spetta, e dove anch'essa come il 
linguaggio (che è stato prima arbitrariamente 
distaccato dalla funzione estetica, con cui coin- 
cide in modo essenziale), finisce con l'apparire 
nient'altro che un'imperfezione ed ' un errore. 
Passarla sotto silenzio, darle poca importanza, — 
come han fatto molti filosofi naturalisti e positi- 
visti, — Hegel non poteva: non glielo consentiva 
né il suo tempo, né la sua individuale disposizione 
di spirito (della quale era tanta parte l'interes- 
samento artistico). E fu, sostanzialmente, del suo 
tempo la concezione cui egli si attenne. L'atti- 
vità estetica, che Kant studiava nella terza Cri- 
tica, insieme col giudizio teleologico, come uno 
dei modi di rappresentarsi la natura, oltrepassando 
la concezione meccanica delle scienze esatte; che 
Schiller indicava come il terreno di concilia- 
zione nella lotta tra necessità e libertà; che Schel- 
ling faceva vero organo dell'Assoluto; che, più 
tardi, Schopenhauer doveva similmente conside- 
rare come liberazione dalla volontà e contempla- 
zione delle Idee; questa attività, che tutto il pe- 
riodo romantico ora sostituì, ora sovrappose, ora 
sottopose alla religione e alla filosofia, anche per 
Hegel divenne un modo di apprendere l'Assoluto. 
Nella Fenomenologia, ne fa una forma di reli- 



i. l'arte e il linguaggio 123 

gione, che è superiore alla religione meramente 
naturale, — la quale adora gli oggetti materiali, 
i feticci e simili, — perchè è già un modo di ado- 
rare lo spirito come soggetto; nell'Enciclopedia, 
poco diversamente, ne fa la religione della bel- 
lezza, un primo grado rispetto alla religione rive- 
lata, inferiore a questa, come questa è a sua volta 
inferiore alla filosofia. La storia della poesia e 
dell'arte si atteggia, per conseguenza, nelle le- 
zioni sull'Estetica come una storia della filosofia, 
della religione e della vita morale dell'umanità ; 
storia degli ideali umani, in cui l'individualità 
degli artisti, ossia la forma propriamente estetica, 
passa in seconda linea, o è additata solo per in- 
cidente. 

Se la concezione dell'arte, come travaglian- 
tesi nello stesso problema della religione e della 
filosofia, è comune al suo tempo, ciò che è pro- 
prio ad Hegel è il rapporto che egli stabilisce tra 
quelle tre forme: il carattere distintivo, che as- 
segna all'arte rispetto alla religione e alla filoso- 
fia. Hegel non poteva, come altri, far dell'attività 
estetica un complemento dell'attività filosofica, 
che risolva a suo modo i problemi insolubili di 
questa, e, meno ancora, un'attività, che sia su- 
periore alla filosofica. Il suo presupposto logico lo 
doveva condurre alla solita soluzione della dialet- 



124 I CONCETTI PARTICOLARI 

tica, applicata ai concetti distinti : l'attività arti- 
stica è distinta dalla filosofica soltanto per la sua 
imperfezione, soltanto perchè coglie l'Assoluto in 
forma sensibile e immediata, mentre la filosofia 
lo coglie nell'elemento puro del pensiero. Il che 
vuol dire, logicamente, che non è distinta nient'af- 
fatto; e che l'arte, per Hegel, si riduce sostanzial- 
mente ad un errore filosofico, ad una cattiva 
filosofia. L'arte vera è la filosofia, che affronta il 
medesimo problema su cui l'altra si travaglia, 
e lo risolve in modo perfetto. 

Che tale sia il pensiero genuino di Hegel, è com- 
provato dal fatto, che egli non ripugna alla conse- 
guenza estrema di questa teoria: allorché la filo- 
sofia si è svolta compiutamente, l'arte deve spa- 
rire, perchè superflua: l'arte deve morire, e, 
anzi, è bella e morta. Se essa è un errore, non è 
necessaria ed eterna. La storia dell'arte, che Hegel 
traccia, è diretta a mostrare il successivo dissol- 
versi della forma artistica; la quale, nel tempo 
moderno, non appartiene più al nostro vero e 
alto interesse: è un passato, o una sopravvivenza 
del gassato. Questo grandioso paradosso illumina 
l'errore estetico di Hegel in tutti i suoi contorni; 
e, meglio forse di ogni altro esempio, chiarisce 
l'errore dello stesso presupposto logico. È stato 
detto, a difesa di Hegel, che la morte dell'arte, 



i. l'arte e il linguaggio 125 

della quale egli parla, è quell'eterno morire, che 
è un eterno rinascere : quale si osserva nello spi- 
rito dell'uomo, allorché dalla poesia fa passaggio 
alla filosofia, dall'intuizione si eleva all'univer- 
sale, scolorandosi allora ai suoi occhi il mondo 
delle intuizioni. Ma, contro questa interpetrazione 
attenuatrice, sta il fatto, che Hegel parla di una 
morte dell'arte, non già perpetuamente rinnovan- 
tesi, ma proprio da accadere ed accaduta, di una 
morte dell'arte nel móndo storico. Il che è poi 
in pieno accordo col suo trattamento dei gradi 
della realtà come se fossero serie di opposti, ma- 
lamente astratti e separati. Posta questa appli- 
cazione ch'egli fa della dialettica, ad Hegel non 
restava altra scelta se non, o sopprimere l'arte 
mediante quel grandioso paradosso, o conservarla 
con un'inconseguenza non meno grandiosa. 

A questo modo si spiega come il sistema di 
Hegel, — il cui principio del concetto concreto, 
con l'annessa dialettica, è di schietta ispirazione 
estetica, — sia poi sembrato, e non a torto, come 
un freddo intellettualismo, inconciliabile con la 
coscienza artistica. E la negazione dell'arte fa 
sentire in esso la sua efficacia non buona su tutti 
quei problemi filosofici, in cui il concetto dell'arte 
deve entrare come un dato più strettamente ne- 
cessario. Hegel è considerato di solito come un 



126 I CONCETTI PARTICOLARI 

avversario della logica aristotelica e formali- 
stica; ma bisognerebbe dire, con più esattezza, 
che egli fu avversario della logica classificatoria 
e naturalistica; o, meglio ancora, ch'egli si li- 
mitò a svelare l'insufficienza della logica clas- 
sificatoria e naturalistica a funzionar da logica 
della filosofia. Questo merito gli è stato già da noi 
riconosciuto ; ed altro significato non può avere 
la sua polemica in proposito. « Aristotile — 
egli dice — è l'autore della logica intellettuale 
(dell' intelletto astratto), le cui forme concernono 
solo la relazione dei finiti tra loro, onde in esse 
non può essere concepito il vero ( 1 ). > Ma il me- 
todo classificatorio non è quel che vi ha di ve- 
ramente caratteristico nella logica di Aristotile 
e della scuola: l'indirizzo classificatorio si ritrova 
anche nella logica baconiana o induttiva. Il ca- 
ratteristico della logica aristotelica è la sua sillo- 
gistica, ossia il verbalismo, la confusione in cui 
incorre tra pensiero logico e parola, e la pretesa 
di stabilire le forme logiche, attenendosi alle forme 
verbali. E questo errore Hegel non criticò né po- 
teva criticare, perchè gli mancava ristrumento 
stesso della critica, che può esser dato soltanto 
da una buona filosofia del linguaggio. Egli tenta 



(1) Gesch. der Philos*, II, 365-8, 



i. l'arte e il linguaggio 127 

bensì di distinguere tra proposizione e giudizio 
logico; ma di questa distinzione non gli riesce 
di addurre giuste ragioni; e dice che una propo- 
sizione (per es., « fa caldo >) diventa giudizio 
solo quando si risponda con essa al dubbio che 
può sorgere sulla verità dell'affermazione. La di- 
stinzione esatta, — la quale consiste nel ricono- 
scere che la mera proposizione non è altro che 
il parlare stesso, il linguaggio come un puro fatto 
estetico, scevro di logica, benché veicolo necessa- 
rio pel pensiero logico, — gli era vietata. E perciò 
non solo mantiene la tripartizione di concetto, 
giudizio logico e sillogismo; ma anche si adopera 
a distinguere e definire nuove categorie di giu- 
dizii e di sillogismi; e la sua logica conserva dap- 
pertutto tracce dei vecchi trattati di logica for- 
malistica, con la divisione tra dottrina delle forme 
elementari e dottrina dei metodi, della definizione, 
della divisione, della dimostrazione e della prova. 



VII. 

La metamorfosi dei concetti particolari 
IN ERRORI filosofici. 

II. La storia (Idea di una filosofia della storia). 

Potrebbe dirsi che il non aver inteso Tauto- 
nomia dell'arte impedì anche ad Hegel d'in- 
tendere l'autonomia della storia (della storiogra- 
fia). Ma il vero è che Hegel non poteva render 
giustizia a questa seconda funzione, per la ra- 
gione medesima per cui non potè alla prima; cioè, 
per la già detta metamorfosi da lui compiuta dei 
concetti particolari in errori filosofici. Dal punto 
di vista logico, i due errori hanno la stessa ori- 
gine. Psicologicamente, è probabile che il primo 
spianasse la via al secondo; com'è anche psi- 
cologicamente probabile che a produrre il primo 
contribuisse in qualche misura l'idea che Hegel 
ebbe della religione, — quale forma immaginosa, 
e più o meno imperfetta, della filosofia; — il che 



130 I CONCETTI PABTICOLARI 

dovè condurlo ad assegnare un'analoga posizione 
all'arte rispetto alla filosofia. 

La storia, diversamente dall'arte, presuppone 
il pensiero filosofico quale sua condizione; ma, 
come l'arte, ha il suo soggetto proprio nell'ele- 
mento intuitivo. Perciò la. storia è sempre nar- 
razione, e non mai teoria e sistema, pure avendo 
nel suo fondo la teoria e il sistema ; perciò agli 
storici s'inculca, da una parte, di studiare scru- 
polosamente i documenti, dall'altra di formarsi 
idee chiare sulla realtà e sulla vita, e in ispecie 
su quegli aspetti della vita, che essi prendono 
a trattare storicamente; perciò è sembrato che 
la storia non possa far di meno della scienza, e 
pure resti sempre opera d'arte. Se tutti i lavori 
storici si riducono alla loro più semplice espres- 
sione, che è il giudizio storico, — ossia la pro- 
posizione affermante che « qualcosa è accaduto > 
(per es., Cesare fu ucciso, Alarico devastò Roma, 
Dante compose la Co media, ecc.), — si vede, 
analizzando queste proposizioni, che ciascuna 
d'esse è costituita di elementi intuitivi, che fun- 
zionano da soggetto, e di elementi logici, che 
funzionano da predicato. I primi saranno Cesare, 
Roma, Dante, la Comedia e via dicendo; e i 
secondi, i concetti dell'uccisione, della devasta- 
zione, della composizione artistica, ed altrettali. 



n. LÀ STORIA 131 

Dall'accennata gnoseologia storica (*) risulta 
che ogni progresso del pensiero filosofico si tra- 
duce in un progresso della conoscenza storica, 
comprendendo noi, ad esempio, ben più esatta- 
mente quel che davvero fu il fatto storico della 
composizione che Dante fece del suo poema, al- 
lorché meglio sappiamo che cosa sia la poesia 
e la creazione artistica. Ma risulta altresì che 
sarebbe stolta pretesa il voler risolvere quelle 
affermazioni storiche in affermazioni filosofiche, 
assorbendo nella mera condizione del fatto il 
fatto nella sua totalità e integrità. La storia può 
dar luogo a una scienza concettuale di carattere 
empirico, come quando da essa si passi a una 
sociologia che proceda per tipi e classi ; ma, ap- 
punto perciò, essa non è assorbita in quella scienza 
concettuale, della quale rimane come il presup- 
posto e la base. Inversamente, la storia può dar 
luogo a una filosofia, allorché si passi dalla con- 
templazione storica del particolare agli elementi 
teorici, che sono in fondo a quella contempla- 
zione, e concorrono a renderla possibile ed ef- 
fettiva; ma, appunto perciò, essa non é assor- 
bita in quella filosofia, che è il suo presupposto 
e la sua base. Una filosofia della storia, intesa 

(1) È svolta a lungo nei miei Lineamenti di logica, cap. IV: II con- 
cetto e la rappresentazione storica. 



132 I CONCETTI PARTICOLARI 

non come il ritorno a codesta pura filosofia, ma 
come una storia di secondo grado, come una 
storia che sia filosofia, restando storia; che sia 
sistema, restando applicazione del sistema; che 
sia universale e logica, pur aggirandosi nell'in- 
dividuale e nell'intuitivo; è una contradizione in 
termini. 

Che cosa importa il porre siffatta idea di una 
filosofia della storia, quale storia di secondo grado? 
Né più né meno, che l'annullamento della storia. 
Giacché quel secondo grado, quella postulata 
considerazione filosofica della narrazione storica, 
quella storia filosofica, sarebbe poi la vera storia, 
rispetto alla quale la storia degli storici si sve- 
lerebbe quale errore, perchè costruita con un 
metodo che non conduce alla verità o, che è lo 
stesso, non conduce a tutta la verità. All'apparir 
della seconda forma, la prima si dissolverebbe ; o 
meglio, si dissolverebbe appunto perchè sarebbe 
non una forma, ma qualcosa d'informe. L'idea di 
una filosofia della storia è il disconoscimento del- 
l'autonomia della storiografia, a beneficio della 
/ pura filosofia. Ogni volta che si pone queD 'esi- 
genza, par di s^tir sona re le campane a mo rto 
per la storia degli storici. I quali, infatti, — docili 
\di solito, se alcuno li avverta circa un progresso 
della scienza o della filosofia, che possa rischiarar 



n. LA STORIA 133 

meglio qualche parte della loro opera di narra- 
tori, — si ribellano con violenza allorché loro 
si parla di una filosofia della storia, di non so 
qual metodo speculativo di conoscer la storia; e 
si tenta di persuaderli a consegnare il lavoro, 
nel quale han posto tutti sé stessi, e di cui ogni 
linea e sfumatura è ad essi cara, nelle mani dei 
filosofi, che lo rivedranno e compiranno. E la ri- 
bellione è ragionevole. Tanto varrebbe dire a un 
pittore o a un musicista di consegnare, dopo' 
averlo compiuto, il suo quadro o il suo spartito 
ai filosofi, che lo eleveranno a seconda potenza 
introducendovi filosofiche pennellate e filosofici 
accordi ! 

Hegel doveva porre, e pose, l'idea di una fi- 
losofia della storia; e doveva fare, come fece, la 
, negazione della storia degli storici. Ciò era ri- 
chiesto dal suo presupposto logico. Egli divideva 
la filosofia in pura o formale, — che sarebbe 
stata la logica, la quale era insieme metafisica; — 
e in filosofia applicata e concreta, comprendente 
le due filosofie, della natura e dello spirito: nella 
seconda delle quali rientrava la filosofia della sto- 
ria; le tre insieme, componevano l'enciclopedia 
delle scienze filosofiche. Per tal modo, Hegel fa- 
ceva sua la tradizionale partizione scolastica 
della filosofia in razionale e reale; e non già 



134 I CONCETTI PARTICOLARI 

come semplice dicitura e schema esterno, ma 
ponendole insieme l'esigenza di una trattazione 
filosofica dei fatti contingenti della natura e della 
storia umana. Secondo i chiarimenti che ho pre- 
messi, ogni storia potrebbe, in certo senso, deno- 
minarsi filosofia concreta o filosofia applicata: ma 
il significato di queste parole non era, per Hegel, 
altrettanto innocente quanto per noi; giacché per 
lui esse importavano la recisa distinzione della sto- 
ria, inclusa nell'enciclopedia filosofica, dalle altre 
storie tutte, che costituiscono il lavoro degli sto- 
rici. Nelle sue lezioni sulla filosofia della storia, 
la distinzione è fatta con la massima chiarezza: 
da una parte, si hanno la storiografia originaria 
e la storiografia riflessa (suddivisa, la seconda, in 
storia generale, prammatica, critica e concet- 
tuale); dall'altra, la storiografia filosofica, o filo- 
sofia della storia. 

Che questa storiografia filosofica debba avere 
un metodo suo proprio, diverso dal metodo della 
storiografia ordinaria, non si può mettere in dub- 
bio; perchè Hegel stesso le rivendica il carattere 
di costruzione a priori. È vero che egli sembra 
con ciò indicare non già un carattere distintivo, 
ma soltanto l'esigenza di un a priori meglio ela- 
borato; notando subito dopo, che anche gli storici 
ordinarii fanno storie a priori, ossia muovono da 



n. LA STORIA 135 

certe loro rappresentazioni e pensieri, difettosi 
ed arbitrarii bensì, ma pur sempre a priori. Se 
non che, l'apriori ch'egli introduce, non è poi 
l'elemento logico, interpretazione dei dati intui- 
tivi, che si è di sopra riconosciuto indispensabile 
per qualunque lavoro storico; è, invece, una sto- 
ria bella e fatta, che ha bisogno soltanto di es- 
sere rivestita di nomi e di date. « L'unico pen- 
siero — scrive Hegel, — che la filosofia porta seco 
(nell'appressarsi alla storia) è il semplice pensiero 
della ragione: che la ragione domini il mondo, e 
che perciò anche nella storia del mondo ci sia un 
andamento razionale. > Ma si tratta di ben più 
di questo, o, meglio, queste parole ricevono il 
loro significato, quando vediamo tracciare da 
lui a priori l'andamento necessario della ragione 
nel mondo storico. La storia del mondo è il pro- 
gresso nella coscienza della libertà: i suoi singoli 
momenti e gradi sono i varii spiriti nazionali 
(Volksgeister), i varii popoli; ciascuno dei quali 
è destinato a rappresentare un sol grado e ad 
eseguire un sol compito nell'azione totale. Hegel, 
prima di ricercare i dati di fatti, sa già quali 
essi debbono essere; li conosce anticipatamente, 
come si conoscono le verità filosofiche, che lo 
spirito trova nel suo essere universale, e non de- 
sume dai fatti contingenti quasi loro riassunto. 



136 I CONCETTI PARTICOLARI 

In quello, che è forse il suo maggior lavoro sto- 
rico nella Storia della filosofia, egli sa a priori che 
la storia della filosofia e il sistema della filosofia 
sono identici: si tratta di un medesimo svolgi- 
mento, che, nel sistema, è rappresentato « puro 
nell'elemento del pensiero, libero dalle esterio- 
rità storiche »; e, nella storia, ha l'aggiunta di 
codeste esteriorità (nomi e date). Le prime fasi 
del pensiero ellenico sono le prime categorie della 
metafisica, e si succedono col medesimo ordine 
che hanno in questa. 

Si potrebbero opporre a questa nostra inter- 
petrazione della teoria di Hegel circa la filosofia 
della storia le parecchie dichiarazioni dello stesso 
autore sul gran rispetto che si deve ai dati di 
fatto. Ma bisogna poi esaminare qual valore possa 
attribuirsi a codeste dichiarazioni. « Che nella sto- 
ria del mondo ci sia un andamento razionale, — 
egli dice, — conviene che risulti dalla conside- 
razione della storia stessa...: dev'essere un risul- 
tato: bisogna prender la storia com'è; e procedere 
storicamente, ed empiricamente. » Alla filosofia 
l' accidentale è estraneo ; e la storia, — dice al- 
trove, — « deve calare l' universale nelT indivi- 
dualità empirica e nella realtà effettuale: l'idea 
è la sua essenza; ma l'apparizione dell'idea è 
nell'accidentalità e nel campo dell'arbitrio » . Sta 



LA STORIA 137 

bene. Ma, se l'accidentalità e l'individualità sono 
davvero estranee alla filosofia, se non si può co- 
noscerle fuorché empiricamente, della storia non 
si può far la filosofia, ma, per l'appunto, sola- 
mente la storia. E, se si fa una filosofia della 
storia, quell 'accidentale e individuale, e quel me- 
todo storico ed empirico, vengono disconosciuti 
e rifiutati. Dal dilemma non si esce. Raccoman- 
dare di tener conto dei fatti, o anche riconoscere 
che lo studio dei documenti è il punto di par- 
tenza indispensabile per la storia, son parole; 
quando poi, pei principii assunti, di quei fatti e 
di quei documenti non si sa che uso fare. Gli sco- 
lari di Hegel, che hanno creduto di salvare capra 
e cavoli, col sostenere nella storia il metodo spe- 
culativo ed insieme il metodo filologico, non hanno 
salvato né l'uno né l'altro. È puerile affermare che 
una medesima funzione si compia con due metodi 
diversi; giacché il metodo è intrinseco alla fun- 
zione, e duplicità di metodo vuol dire duplicità 
di funzione: peggio che puerile, far che i due me- 
todi si alternino e soccorrano a vicenda, come se 
fossero due individui, due amici e compagni di 
ufficio. Altra volta, Hegel sembra intendere il 
suo schema a priori come nient'altro che un'an- 
ticipazione all'ingrosso di ciò che dà la storia ef- 
fettiva: « si può credere, — scrive nella Storia 



138 I CONCETTI PARTICOLARI 

della filosofia, — che la filosofia nei gradì del- 
l' idea debba avere un ordinamento diverso da 
quel che hanno questi concetti, che si sono pro- 
dotti nel tempo; ma nell'insieme firn Ganzen) l'or- 
dinamento è il medesimo ». Altra volta ancora 
tempera la sua affermazione in modo che quasi 
non ne resta più nulla. Così, affermando l'identità 
del sistema filosofico e della storia della filosofia, 
osserva: « La filosofia, che è ultima nel tempo, è 
insieme il risultato di tutte le precedenti, e deve 
contenere i principii di tutte: essa è perciò — be- 
ninteso, se è davvero una filosofia, — la più svi- 
luppata, ricca e concreta. » La riserva della pa- 
rentesi finisce con l'affermare tautologicamente, 
che la filosofia più sviluppata, ricca e concreta, 
è, non già l'ultima nel tempo, ma quella che è 
davvero una filosofia; potendo apparire ultimo nel 
tempo un sistema filosofico, che costituisca un 
regresso. Che cosa concludere da tutto ciò ? Che 
Hegel non abbia mai pensato a una filosofia della 
storia a priori, la cui idea è pure s; rettamente 
connessa con la sua trattazione dialettica dei di- 
stinti? No; ma piuttosto che l'errore è contradi- 
zione; e che la tesi erronea di Hegel di una 
filosofia della storia, — di una storia ideale, 
non già eterna ma nel tempo, — si mostra tale 
anche per le involontarie contradizioni, in cui 



II. LÀ STORIA 139 

Hegel si avvolge. Non si può certamente con- 
cluderne, che quelle confessioni bastino a sanare 
i difetti della tesi erronea, e a mutarla in vera. 
Che la filosofìa della storia, cosi ideata, non 
soffra accanto a sé la storia propriamente detta, 
e la neghi, è non solo una conseguenza logica, 
intima quanto ineluttabile; ma traspare anche, con 
sufficiente chiarezza, da parecchie osservazioni 
di Hegel. E già il fatto stesso ch'egli definisca 
la filosofia della storia « la contemplazione pen- 
sante della storia > , — - ricordando, subito dopo, 
che il pensiero è ciò che solo distingue l'uomo 
dall'animale, — viene a confermare che la storia 
come tale, o non è un pensiero, o è un pensiero im- 
perfetto. Ed è anche significativo l'atteggiamento 
di antipatia e di disprezzo, che Hegel prende con- 
tro gli storici di professione; press'a poco, come 
se un filosofo dell'arte se la pigliasse coi poeti 
e coi pittori di professione! Ma, sopratutto, è da 
notare quel ch'egli dice del materiale di fatti, che 
lo storico deve elaborare. Per la storia hanno 
valore — secondo Hegel — soltanto quei fatti, 
che rappresentano il movimento dello spirito, la 
storia dello stato. I restanti fatti particolari « sono 
una massa superflua, che a raccoglierli fedel- 
mente ne vengono oppressi ed oscurati gli oggetti 
degni della storiala caratteristica essenziale dello 



140 I CONCETTI PARTICOLARI 

spirito e del suo tempo è contenuta sempre nei 
grandi avvenimenti. Perciò un giusto sentimento 
ha condotto a rinviare simiglianti rappresenta- 
zioni del particolare ai romanzi (quali sono quelli 
celebri di Walter Scott, ecc.): è da tener per buon 
gusto il congiungere i quadri della vita inessen- 
ziale e particolare con una materia parimenti 
inessenziale, quale il romanzo la trae dai fatti pri- 
vati e dalle passioni soggettive. Nell'interesse 
della cosiddetta verità, mescolare le picciolezze 
individuali del tempo e delle persone nella rap- 
presentazione degli interessi generali è non solo 
contro il giudizio e il gusto, ma contro il concetto 
della verità oggettiva ; per la quale è vero per 
lo spirito solo ciò che è sostanziale, e non già la 
vacuità di esistenze esterne e di accidentalità; ed 
è perfettamente indifferente che tali cose insigni- 
ficanti sieno documentate formalmente, o che, 
come nel romanzo, sieno inventate in modo carat- 
teristico, e attribuite a questo e quel nome, e a 
queste e quelle circostanze » . Chi mediti queste 
parole, vi troverà anzitutto la perniciosa distin- 
zione tra fatti e fatti, fatti storici e fatti non storici, 
fatti essenziali e fatti inessenziali, che si è vista 
poi ricomparire molte volte nei libri degli scolari 
di Hegel: da Eduardo Gans, che, pubblicando per 
l'appunto le lezioni di filosofia della storia del mae- 



n. LÀ STORIA 141 

stro, ripeteva che codesta disciplina perderebbe di 
dignità se dovesse occuparsi della micrologia dei 
fatti, e che per conseguenza ad essa spetti di 
mostrar la necessità, non di tutti i fatti, ma solo 
delle grandi epoche della storia e dei grandi gruppi 
di popoli, abbandonando il resto alla storia me- 
ramente narrativa; via via fino a queir hegeliano 
italiano, che ebbe a sostenere, alcuni anni fa, in 
una nota polemica, esser necessarii i documenti 
per stabilire in quali carceri stette Tommaso Cam- 
panella, o quanti giorni ed ore soffri la tortura : 
ma non già poi per determinare il significato sto- 
rico del suo pensiero e della sua azione. Questa se- 
conda cosa si dedurrebbe a priori dall'idea del 
rinascimento, della chiesa cattolica, della riforma 
luterana e del concilio di Trento! Con siffatte di- 
stinzioni, anziché salvare come necessarii per 
la storia vera una classe di fatti, si vengono a 
gettar via come inutili tutti i fatti, la nozione 
stessa di fatto. Giacché, per quale altra ragione i 
fatti a, 6, e, d, e sarebbero inessenziali e superflui, 
se non perchè sono individuali e contingenti? E 
non sono egualmente contingenti ed individuali 
i fatti f g, h, i 9 k, l, che si vuol dichiarare 
essenziali e indispensabili? Se è un fatto contin- 
gente che Napoleone patisse di un cancro allo 
stomaco, non saranno anche contingenti il 18bru- 



142 I CONCETTI PARTICOLARI 

maio e la battaglia di Waterloo? e non sarà con- 
tingente tutta l'epoca della Rivoluzione e deir Im- 
pero? E così via via, — giacché l'individualità 
e la contingenza si estendono a tutti i fatti, — 
sarà contingente l'intera storia del mondo. Vi- 
ceversa, se la rivoluzione francese e il 18 brumaio 
e Waterloo furono fatti necessarii, non si vede il 
modo di negar la necessità a Bonaparte, che fu at- 
tore del dramma; e a Bonaparte, proprio come era 
costituito nella realtà effettiva: con le sue forze 
e con le sue debolezze mentali e fisiche; con la sua 
resistenza alle fatiche negli anni giovanili, onde 
poteva restare a cavallo intere giornate e seduto 
al tavolo di lavoro notti intere; e col suo mal 
di stomaco degli anni maturi. Come la realtà non 
ha né nòcciolo né corteccia ed è di un sol getto, 
come l'interno e l'esterno sono tutt'uno (ed Hegel 
ce l'ha insegnato); così la massa dei fatti è una 
massa compatta, che non si sdoppia in nucleo 
essenziale e corteccia inessenziale, in fatti intima- 
mente necessarii e in esteriorità superflue. Quando 
codeste distinzioni si adoprano nel linguaggio or- 
dinario, s'intende sempre riferirsi a determinate 
rappresentazioni storiche, rispetto al tema delle 
quali, e solo rispetto a quel tema determinato, 
certe masse di fatti appaiono superflue; e la di- 
stinzione è cosi evidentemente relativa che, can- 



II. LÀ STORIA 143 

giandosi i punti di vista, passandosi da un tema 
all'altro, ciò che prima era superfluo, diventa 
necessario, e ciò che prima era necessario, di- 
venta superfluo. 

Ma, nel brano citato, è anche da osservare che 
Hegel rimanda i fatti, che gli sembrano non sto- 
rici (e noi diciamo tutti i fatti) al romanzo, cioè 
a una forma d'arte; e, poiché l'arte per lui era 
un mero fenomeno, che la filosofia dissipa e so- 
stituisce, anche per quest'altra via si mostra la 
negazione, che la filosofia hegeliana fa della storia. 
Strano destino! Quella stessa filosofia, che, in 
forza di una sua dottrina logica, aveva con tanta 
efficacia rivendicato il valore della storia, delle 
res gestce, per effetto di un'altra sua dottrina 
logica era poi messa nell'impossibilità di ricono- 
scere il valore della historia rerum gestarum, 
e quindi delle stesse res gestce. Affamata di storia, 
nutrita di storia, la filosofia di Hegel faceva poi, 
senza rendersene ben conto, la propaganda del 
digiuno. E la contradizione si manifestò alla luce 
del sole, agli occhi di tutti ; giacché, come dalla 
scuola di Hegel usci una serie di grandi scrittori 
di storie, dalla stessa scuola vennero fuori i più 
petulanti e comici dispregiatori della storia e dei 
fatti, che si sieno mai visti al mondo. 



vm. 

La metamorfosi dei concetti particolari 
in errori filosofici, 

IH. La natura. 
(Idea di una filosofia della natura). 

Più difficile compito era certamente l'intendere 
i veri limiti, e cioè P indole vera, delle disci- 
pline naturali e matematiche. Dal rinascimento 
in poi si era avuto un continuo ingrandirsi di 
quella che fu detta la scienza sperimentale e ma- 
tematica, la scienza esatta della natura; la quale 
sempre più dominava gPintelletti e la vita. La spe- 
culazione filosofica piegava innanzi alla scienza 
esatta; o ne riceveva in qualche modo Pimpronta, 
come si vede in molte parti dei sistemi di Carte- 
sio, di Spinoza, di Leibniz. Il sensismo e il mate- 
rialismo filosofici del secolo XV1H erano stati Pul- 
tima conseguenza di quel predominio dell'ideale 
naturalistico. 
È vero che, quando Hegel si andava formando 



io 



146 I CONCETTI PARTICOLARI 

mentalmente, era già cominciato un movimento 
di reazione e di dubbio; e (per non parlar di Vico, 
che di nuovo dovrebbe essere qui ricordato), in 
Germania da più parti si andava mettendo in 
chiaro, che la scienza esatta della natura è ina- 
deguata a raggiungere la realtà reale, il fondo 
delle cose. Filosofi, tutti armati di matematica e 
di conoscenze empiriche, come Kant, analizzando 
i metodi delle scienze esatte e tirando le conclu- 
sioni, proclamavano i limiti della conoscenza 
scientifica, e rimandavano i problemi essenziali 
alla ragion pratica, e air intuizione estetica e te- 
leologica. Altri filosofi, come Jacobi, studiando il 
più insigne monumento di scienza esatta appli- 
cata ai problemi speculativi, la filosofia di Spi- 
noza, mostravano che, col metodo delle scienze 
finite, non si esce dal finito; e Dio e l'infinito e 
i problemi morali dichiaravano di pertinenza del 
sentimento e del sapere immediato. Poeti, artisti 
e letterati, del periodo dello Sturm und Drang, 
sentivano il freddo e il vuoto dell'intellettualismo 
dell' Aufhlàrung ; e, come Goethe, aspiravano 
alla visione di una natura tutta animata, che si 
sarebbe rivelata solo a chi la contemplasse con 
animo simpatico. 

Ed Hegel accoglieva quest'eredità critica, e la 
portava alla massima espressione; stabilendo, 



HI. LA NATURA 147 

come si è già accennato, la diversità del me- 
todo della filosofia, rispetto a quello delle disci- 
pline matematiche e naturali. 

Pure, in tutto questo movimento, che sembra 
cosi avverso all'ideale delle scienze esatte, quel- 
l'ideale stesso si fa sentire in ogni parte, e spiega 
la sua forza, e grava col suo peso. Giacché, per 
esempio, se Kant nega alla scienza esatta la pos- 
sibilità di risolvere i problemi essenziali, è anche 
certo che, per lui, sola scienza che l'uomo possa 
raggiungere è, per l'appunto, quella esatta; e le 
soluzioni, che propone con altro metodo, non 
hanno per lui valore conoscitivo o di pensiero; 
e cioè, non hanno vero valore. Se Jacobi critica 
il metodo delle scienze finite rispetto alla cono- 
scenza di Dio, non resta men saldo che sola forma 
di conoscenza è per lui quella delle scienze finite; 
perchè l'altra poi non è conoscenza, non si tra- 
duce in forma di pensiero: è sentimento. 

In Hegel, e nel suo immediato predecessore 
Schelling, le cose parrebbero atteggiarsi diver- 
samente; ponendo entrambi come vera cono- 
scenza quella dell'intuizione intellettuale e del- 
l'idea. Ma, indagando più addentro, si scopre in 
essi lo stesso preconcetto — che potrebbe dirsi il 
preconcetto moderno per eccellenza, — a favore 
delle scienze esatte. Se non che, quel pregiudizio 



148 I CONCETTI PARTICOLARI 

si manifesta in Schelling ed in Hegel in una 
nuova forma. Invece di escludere le scienze esatte 
dalla filosofia, e considerar la filosofia come non 
capace di esattezza scientifica, essi considerano 
le scienze esatte come non sufficientemente scien- 
tifiche e le includono nella filosofia, mediante la 
quale la scienza esatta della natura dovrebbe 
diventar veramente tale. Kant e Jacobi, ciascuno 
a suo modo, facevano delle scienze esatte una 
non-filosofia, e della filosofia una non-scienza; 
Schelling ed Hegel fanno delle scienze esatte una 
semifilosofia, e della filosofia la vera scienza. Sono 
due soluzioni diverse di un problema, pel quale 
si accettano i medesimi dati; e principale tra 
questi la persuasione, che le scienze esatte ab- 
biano valore teoretico, ossia che i loro concetti 
sieno formazioni logiche più o meno perfette. 

Ora, per comporre definitivamente il dissidio 
tra scienza esatta e filosofia, per stabilire defi- 
nitivamente i diritti dell'una e dell'altra, con- 
veniva seguire tutt'altro procedimento. Finché il 
metodo naturalistico e il metodo filosofico si con- 
sideravano come due metodi della verità scien- 
tifica, la lotta era inevitabile: per la ragione già 
ricordata, che una determinata funzione ha un 
sol metodo intrinseco, il suo proprio; e uno solo 
è il metodo della verità scientifica. Onde, am- 



m. LA NATURA 149 

messo come scienza il primo metodo, il secondo 
veniva infirmato e doveva cadere: la filosofia do- 
veva essere eliminata. Viceversa, ammesso come 
solo metodo di verità quello speculativo, l'altro 
restava un mero tentativo, grossolano e contra- 
dittorio, del primo metodo, e doveva cedere di 
fronte al metodo speculativo, completamente svi- 
luppato: le discipline naturalistiche e matema- 
tiche dovevano essere sostituite dalla filosofia, 
poiché erano una mediocre filosofia che non po- 
teva reggere accanto alla buona. D'altra parte, la 
via di uscita di Kant o di Jacobi, il rinvio della 
filosofia alla ragion pratica o al sentimento, al 
non-teoretico, era ormai chiusa; dopo che s'era 
dimostrata la capacità del pensiero a risolvere i 
problemi della realtà, e s'era scoperta la logica 
filosofica. Non restava, dunque, altra via aperta 
che quella di rinviare al non-teoretico, e cioè al 
pratico, le discipline naturalistiche e matemati- 
che, la scienza esatta. Questa via è stata tentata 
ai giorni nostri; e a me sembra che dovrà apparire 
sempre più, non solo feconda, ma necessaria ( £ ). 



(1) U rapporto del concetto puro della filosofia col concetto pratico, 
o pseudoconcetto, delle scienze naturali e matematiche, è da me chia- 
rito nei citati Lineamenti di logica, cap. V.: Il concetto e le discipline 
naturali e matematiche. — Mi si condonino queste autocitazioni, che 
sono indispensabili a spiegare la brevità di certi svolgimenti e il si- 
gnificato di alcuni accenni. 



160 I CONCETTI PARTICOLARI 

Non si può dir che Hegel non avesse nessun 
sentore dell'indole pratica delle discipline natu- 
ralistiche e matematiche. I suoi libri sono pieni 
di analisi e di osservazioni, che si potrebbero tra- 
piantare senz'altro nei libri dei modernissimi 
gnoseologi di quelle discipline. Si leggano le sue 
pagine sul concetto di legge nelle scienze empi- 
riche: tale legge — egli dice — non è altro che 
l'immagine costante dell'apparizione incostante; 
e, nel passare dalle leggi più particolari alle più 
generali, nel ridurle ad unità, si urta in tauto- 
logie, con le quali l'intelletto non esprime la 
realtà delle cose, ma soltanto la sua propria ne- 
cessità. Che cosa è il postulato, che nel movi- 
mento uniformemente accelerato le velocità sono 
proporzionali ai tempi, se non la semplice defi- 
nizione dello stesso movimento uniformemente 
accelerato? E che cosa sono le tante escogita- 
zioni dei fisici se non asserzioni, che non rispon- 
dono . né alla realtà empirica né al concetto filo- 
sofico, come ad esempio i pori, dei quali si parla 
senza che l'esperienza li mostri? Delle forze cen- 
trifughe e centripete Hegel osserva che sono un 
mostro metafisico, che vien semplicemente pre- 
supposto, e al quale si vieta poi di applicare alcun 
esame intellettuale, onde si fa che in modo miste- 
rioso quelle forze crescano e diminuiscano, e eia- 



m. LA NATURA 151 

scuna acquisti o perda la sua preponderanza. Nelle 
scienze esatte, si chiama pensabile ciò che è im- 
pensabile, perchè è falso. « È ben pensabile, come 
dicono, che un movimento uniformemente cre- 
scente e decrescente avvenga in circoli; ma questa 
pensàbilità è nient'altro che una rappresentabi- 
lità astratta, che tralascia il carattere determinato 
di ciò di cui si tratta, e perciò è non soltanto su- 
perficiale, ma falsa. » Allo stesso jnodo, nelle ma- 
tematiche si chiama irrazionale soltanto quel 
ch'entra in esse di reale e di razionale. 

Oltre queste, e moltissime altre osservazioni 
simili, che sono sparse a profusione cosi nella 
Fenomenologia, come nella Logica e nella Filo- 
sofia della natura, nelle pagine di Hegel ricor- 
rono di frequente le parole finzioni intellettive 
(Verstandesfiktionen), concezioni arbitrarie 
(willkùrlich), per designare le costruzioni del- 
l'intelletto astratto e delle discipline naturali e 
matematiche. E la finzione e l'arbitrio rimandano 
per l'appunto all'attività volontaria e pratica; e, 
giacché quegli arbitrii hanno una storia secolare 
e sono prodotti di nobilissime fatiche, e sono cir- 
condati dalla stima e anzi dall'entusiasmo per Futi-, 
lità dei risultati raggiunti, doveva essere evidente 
che non si poteva parlar di arbitrii in senso dispre- 
giativo, ossia di atti pratici compiuti in servigio 



152 I CONCETTI PARTICOLARI 

di capricci e di male passioni; ma di arbitrii 
razionalmente giustificabili, ossia di atti pratici 
legittimi. 

Ma c'è un caso nel quale Hegel esplicitamente 
mostra di riconoscere il carattere non scienti- 
fico, e tuttavia legittimo, di quelle costruzioni, cosi 
come sono e debbono restare; ed è là dove, pro- 
ponendosi il quesito se sia possibile una mate- 
matica filosofica, — cioè « una scienza, la quale 
conosca per concetti ciò che l'ordinaria scienza 
matematica deduce da determinazioni presup- 
poste secondo il metodo dell'intelletto », — ri- 
sponde, a siffatto quesito, negativamente. « La 
matematica — egli dice — è la scienza delle de- 
terminazioni finite di grandezza, le quali debbono 
restare e valere nella loro finità e non trapassare; 
e perciò è essenzialmente una scienza dell' intel- 
letto. Possedendo essa la capacità di esser ciò in 
un modo perfetto, occorre piuttosto che le si con- 
servi il vantaggio che ha di fronte alle altre 
scienze della medesima sorta; e non lo si turbi 
col mescolarvi il concetto, ad essa eterogeneo, o 
gli scopi empirici. » (Enc. f § 259). « Se si volessero 
trattare filosoficamente le figurazioni dello spazio 
o dell'uno, — aveva detto nell'edizione prece- 
dente, — quelle perderebbero il loro significato e 
la loro forma particolare: una filosofia di esse di- 



HI. LA NÀTUBÀ 153 

venterebbe alcunché di logico, o alcunché di perti- 
nente a qualche altra scienza filosofica concreta, 
secondo che ai concetti venisse attribuito un si- 
gnificato più concreto. » Egli sapeva, d'altra parte, 
che « l'aritmetica non contempla i numeri e le 
loro figure, ma opera (operirt) con essi; giacché 
il numero è la determinatezza indifferente, inerte, 
e deve esser mosso, e messo in relazione, dall'e- 
sterno » . Una volta che si era ammessa una forma 
di attività, che opera con dati di pensiero ma 
non li pensa, non ci sarebbe dovuta esser difficoltà 
ad estendere l'osservazione, e, riattaccandovi 
tutte le altre sparsamente fatte sul procedere 
non teoretico delle discipline naturali e delle ma- 
tematiche, giungere ad una teoria esatta circa 
l'indole genuina di queste 

Hegel aveva anche ben chiaro in mente un 
concetto non metafisico, ma meramente gnoseolo- 
gico della natura, ossia del metodo naturalistico: 
metodo, che non si applica solo alle cosiddette 
manifestazioni inferiori della realtà (ai tre regni), 
ma anche a tutte le restanti (al glóbus intel- 
lectualis). Cosi egli considerava la teoria del di- 
ritto esterno degli stati di Ugo Grozio come alcun- 
ché di analogo alla filosofia naturale di Newton: 
la logica aristotelica gli pareva nient'altro che una 
scienza naturalistica del pensiero in cui le for- 



154 I CONCETTI PARTICOLARI 

me erano descritte e messe Furia accanto all'altra, 
come nella storia naturale si fa dell'unicorno, del 
mammouth, degli scarafaggi, dei molluschi; e il 
medesimo richiamo gli suggeriva, nell'etica, la 
dottrina delle virtù (Tugendlehre). Anche per 
questa via si sarebbe dovuto giungere a ricono- 
scere, che il contenuto delle cosiddette scienze 
naturali è non già una parte della realtà, ma un 
modo di trattazione di tutta la realtà : modo, che 
sorge e persiste accanto a quello filosofico, ap- 
punto perchè, infrenato nei suoi proprii limiti, 
non gli fa concorrenza. 

Un'altra osservazione caratteristica di Hegel, 
che menerebbe al 'medesimo risultato, è l'affer- 
mazione, sulla quale egli molto insiste, che la 
natura, diversamente dall'umanità, non ha storia. 
Ora, se tutta la realtà è movimento e svolgi- 
mento, come mai si può concepire una parte della 
realtà, che non sia in processo di divenire, in- 
sieme con tutto il resto? Ma, in verità, ciò che 
non ha storia, è la natura nel senso naturali- 
stico; vale a dire, la natura rattrappita e mum- 
mificata in schemi e concetti astratti: altra 
ragione, che deve indurre a considerare quegli 
schemi e concetti come non destinati a cogliere 
la realtà reale. Un critico inglese ha opportu- 
namente notato che la filosofia della storia, ossia 



m. LA NÀTUBÀ 155 

la trattazione della storia politica universale, cor- 
risponde, nella Filosofia dello spirito, alla se- 
zione dello spirito oggettivo; come alla sezione 
dello spirito assoluto, che comprende le tre sfere 
dell'arte, della religione e della filosofia, corri- 
spondono rispettivamente le storie dell'arte, della 
religione e della filosofia, di cui Hegel anche ha 
dato speciali trattazioni. Cosicché, in quella fi- 
losofia dello spirito, la sola sezione dello spirito 
soggettivo, ossia la psicologia, non ha poi corri- 
spondenza in una trattazione storica : dell'uomo, 
considerato psicologicamente, non si dà storia ( A ). 
Ma perchè? Appunto perchè la psicologia è scienza 
naturalistica; ed è colpita cosi dalla medesima ste- 
rilità storica, riconosciuta alla natura in generale. 
Ma, malgrado tutte queste suggestioni, mal- 
grado queste condizioni favorevoli, malgrado 
queste parziali e più o meno consapevoli con- . 
flessioni, Hegel non concluse nel senso che a noi 
sembra giusto; non proclamò l'indifferenza filo- 
sofica delle discipline naturali e matematiche e 
la loro piena autonomia; e si volse invece verso 
la soluzione, che era stata già adottata da Schel- 
ling, ideando una Filosofia della natura. La 
ragione è ben chiara. Egli era spinto a quella 



(1) Màckintosh, Hegel and hegelianism, p. 236 n. 



156 I CONCETTI PABTICOLABI 

conclusione dal suo presupposto logico. Come 
l'arte e la storia si erano atteggiate innanzi alla 
sua mente quali errori filosofici da inverare l'uno 
nella filosofia pura, l'altra nell'ideata filosofia della 
storia; cosi, analogamente, le discipline naturali 
e matematiche non potevano restare nella loro 
indipendenza di pratiche schematizzazioni dei 
dati dell'esperienza, e dovevano essere trattate 
come conati filosofici ed errori parziali, da inve- 
rarsi in una filosofia della natura. « L'antitesi — 
egli dice — della fisica e della filosofia della na- 
tura non è già quella tra un non-pensare e un 
pensare la natura: filosofia della natura non si- 
gnifica altro che contemplazione pensante della 
natura; e ciò fa anche la fisica ordinaria, giacché 
le sue determinazioni di forze, leggi, ecc. sono 
pensieri ; soltanto, quei pensieri nella fisica sono 
pensieri formali e intellettuali, » « Nella filosofia 
della natura non si tratta d'altro che di porre 
al luogo delle categorie dell' intelletto, i rapporti 
del concetto speculativo e, secondo questi, com- 
prendere e determinare l'esperienza. » « Non solo 
la filosofia deve concordare con l' esperienza na- 
turale; ma la nàscita e la formazione della scienza 
filosofica ha per presupposto e condizione la fi- 
sica empirica. » Egli ben vede che vi sono nelle 
scienze naturali classificazioni meramente arti- 



IH. LA NATURA 157 

fidali, dirette soltanto a dare note sicure e sem- 
plici pel conoscere soggettivo; ma crede che pos- 
sano sostituirsi con classificazioni « naturali », 
e gli par di scorgere nelle ricerche dell'anatomia 
comparata, e nella divisione degli animali in ver- 
tebrati ed invertebrati, delle piante in mono -e 
dicotiledoni, e simili, qualche corainciamento di 
tali classificazioni. Parla sovente di un « istinto 
della ragione » , che si manifesterebbe nelle teorie 
dei fisici e naturalisti, e pel quale verrebbe in 
qualche modo anticipato il concetto speculativo. 
Perciò anche difende, contro il nominalismo na- 
turalistico e matematico di Locke, resistenza 
reale dei generi naturali e dei concetti mate- 
matici: perciò anche serba fede inconcussa alle 
« leggi eterne della natura ». 

Basta, un accenno a mostrare l'insostenibilità di 
questa posizione anfibia. Cóme colui che ai fatti 
storici vuole applicar la filosofia, non può far 
altro che narrar la storia, — la quale per es- 
sere storia dev'esser sempre in qualche modo 
filosoficamente illuminata; — e se poi, innanzi 
alla storia, è preso dal desiderio di un sistema 
filosofico, non può se non abbandonar la storia 
e tornare alla pura filosofia; similmente colui 
che, innanzi alle scienze naturali, è agitato dal 
bisogno filosofico, non ha se non due vie per sod- 



158 I CONCETTI PARTICOLARI 

disfarlo: secondo che il suo bisogno si volga verso 
una filosofia applicata, o verso una filosofia pura. 
Nel primo caso, dalle discipline naturali e ma- 
tematiche, e dai loro concetti astratti ed arbi- 
trarli, deve passare alla visione storica delle cose 
della natura e dell'uomo; nel secondo, deve tornare, 
puramente e semplicemente, alla filosofia. Ma una 
filosofia della natura, una filosofia che abbia a 
base le scienze naturali, è anch'essa, — come, 
per un altro verso, la filosofia della storia, — una 
contradizione in termini; perchè importa pensa- 
mento filosofico di quei concetti arbitrarii, che la 
filosofia non conosce, e sui quali per conseguenza 
non ha presa, né per affermarli né per negarli. 

Hegel ripetutamente richiamò l'attenzione sulla 
differenza tra la sua e la filosofia schellinghiana 
della natura; rimproverando a quest'ultima di 
essere fondata sull'analogia tra organico ed inor- 
ganico, sul paragone di una sfera con l'altra della 
natura, e svolta con l'applicazione di uno schema 
prestabilito. Ma anche la filosofia della natura di 
Hegel non può svolgersi se non mediante l'ana- 
logia: sol che in essa l'analogia è data dalle 
forme del concetto, e vi si parla di giudizio, di 
sillogismo, di opposti dialettici, e simili. Onde il 
divario tra le due filosofie, tra la madre e la fi- 
gliuola, ha, a mio parere, scarsa importanza. Né 



HI. LA NATURA 159 

mi sembra calzante una lode, eh' è stata data alla 
filosofia naturale di Hegel, di precorrere, col suo 
concetto del divenire e dell'evoluzione, le sco- 
perte di Darwin. L'evoluzione e la dialettica dei 
concetti nella filosofia della natura hegeliana è 
meramente ideale; e lascia intatte le specie na- 
turali, anzi ne proclama la fissità. « È stata un'im- 
propria rappresentazione dell'antica, ed anche 
della nuova filosofia della natura, il considerare 
il progresso e il passaggio di una forma e sfera 
naturale ad una più alta come una produzione 
fornita di. realtà esteriore; la quale però, per ren- 
derla più luminosa, è stata poi respinta nell'oscu- 
rità del passato. Alla natura è propria per l'ap- 
punto l'esteriorità, per la quale essa lascia che le 
differenze si distacchino tra loro e appaiano come 
esistenze indifferenti : il concetto dialettico, che 
guida i gradi nel loro progresso, opera all'interno 
di essi. Rappresentazioni nebulose, e, in fondo, 
d'origine sensibile, come quelle del nascere delle 
piante e degli animali dall'acqua, e degli organi- 
smi animali più sviluppati dai più bassi, ecc., 
debbono essere escluse affatto dalla considera- 
zione filosofica » (Enc, § 249). Questo è pretto 
antidarvinismo ; e bisognava aspettarselo da He- 
gel, che non riconosce nessuna storicità alla 
natura. 



160 I CONCETTI PARTICOLARI 

Certamente, allorché si parla della fallace idea 
di una filosofia della natura e si condanna la trat- 
tazione che Hegel si propose di fare, non bisogna 
involgere nella condanna l'intero libro, che porta 
quel titolo. Il diavolo non è poi cosi brutto come 
si annunzia; e quel libro di Hegel contiene anche 
(di solito nelle osservazioni ai paragrafi, epperò 
nella sua massima parte) una folla di critiche giu- 
stissime, che a primo sguardo paiono rivolte con- 
tro matematici, fisici e naturalisti, e sono invece 
contro la metafisica, che quelli mescolano alle 
loro discipline o mal ricavano da esse. Vale a 
dire, si rivolgono contro Y « ineffabile metafisica » , 
come Hegel la chiama, che muta in realtà le 
astrazioni matematiche e naturalistiche, le forze, 
i pori, gli atomi, e via discorrendo. In tutto ciò 
Hegel ha buon giuoco; e non si può non dargli 
vivo assenso. 

Questa polemica è anche la sola parte giusta 
delle violente invettive contro Newton, ossia con- 
tro la cattiva metafisica, che Newton, — per 
quanto avesse ammonito: « Fisica, guardati dalla 
Metafisica! >, — introduceva o suggeriva. — Nel 
resto, le invettive di Hegel documentano Tosti- 
li tà, che Tidea di una filosofia della natura re- 
cava seco contro i naturalisti e matematici; come 
già Tidea di una filosofia della storia importava 



IH. LA NATURA 161 

una certa ostilità contro gli storici di mestiere. 
L'ostilità, come si è detto, non nasceva da di- 
sprezzo per quelle discipline; anzi, da troppo 
amore, dall'idea troppo alta e filosofica, che Hegel 
se ne faceva ancora, e che lo rendeva severo verso 
i loro cultori. Epperò la sua bète noire doveva di- 
ventar colui, che era il massimo rappresentante 
della moderna scienza esatta. Contro Newton, 
Hegel appunta critiche e accuse e sarcasmi, dalla 
dissertazione De orbitis planetarum fino all'ul- 
tima edizione dell'Enciclopedia. Nella disserta- 
zione, deplora « illam, quse a Newtone incepta 
est, mathematices et physices confusionem » ; e, a 
proposito della storiella del pomo, osserva scher- 
zosamente che questo frutto fu tre volte fatale 
al genere umano, cagionando il fallo di Adamo, 
la distruzione di Troia e, col cascar sulla testa di 
Newton, la rovina della filosofia naturale! ( A ). 
Newton, — dice, riassumendo, nella Storia della 
filosofia, — ha contribuito massimamente a in- 
trodurre nella scienza le determinazioni rifles- 
sive delle forze, mettendo le leggi delle forze al 
posto delle leggi dei fenomeni. Nella fisica e nel- 
l'ottica, fece cattive osservazioni e sillogismi an- 



(1) « ... universa generis humani, deinde Troi® miseri se principila 
poinnm adfuisse, malum et iam sci enti is philosophicis omen » (in 
Werke, XVI, 17). 



11 



162 I CONCETTI PARTICOLARI 

che peggiori. Dall'esperienza giungeva a punti di 
vista generali; poi li pigliava a fondamento, e co- 
struiva con essi i fatti singoli; e di tal sorta sono le 
sue teorie. Era un barbaro nell'uso dei concetti; e 
non si accorgeva mai di adoperare determinazioni 
di pensiero. Maneggiava i concetti, come si maneg- 
giano pietre e pezzi di legno. Le esperienze e i sil- 
logismi della sua ottica, — che si adducono come 
il più sublime esempio di tali operazioni nello 
studio della natura, — dovrebbero, invece, servir 
da esempio del come non si debba né sperimen- 
tare né ragionare. A codeste pretese esperiènze 
contrasta la natura; la quale è ben superiore al- 
l'idea meschina, che di lei si farebbe chi desse fe- 
de a quelle. — Simili sfoghi, che giungono fino al- 
l'accusa di mala fede, lanciata contro Newton,. — il 
quale avrebbe consapevolmente alterato i risul- 
tati di alcune esperienze, — hanno sempre levato 
grande scandalo; e sono stati giudicati con grande 
severità. Ma, pur facendo una qualche piccola 
parte all'elemento passionale che può esservisi 
mescolato ; e pure rinunziando a scusare Hegel 
col ricordare com'egli in queste critiche, e anche 
nella violenza del linguaggio, fosse all'unisono 
con alcuni insigni suoi contemporanei, e prin- 
cipalmente con Goethe; — è certo che, sostan- 
zialmente considerando, tanto ciò che vi ha di 



HI. LA NATURA 163 

giusto, quanto ciò che, nella polemica, vi ha di 
esagerata e d'ingiusto, è semplice conseguenza 
logica della posizione filosofica di Hegel. 

Anche nella filosofia della natura, come nella 
filosofia della storia, Hegel non osò mai risol- 
versi a dichiarar del tutto errato il metodo em- 
pirico . e positivo, e pienamente sostituibile con 
quello speculativo. Per lui, le scienze empiriche, 
costruendo le loro leggi e i loro concetti, ven- 
gono incontro (entegegenarbeiten) al lavoro del 
filosofo, al quale porgono il materiale pronto e 
mezzo lavorato; ed egli raccomandava, come s'è 
visto, raccordo tra fisica e filosofia. Dichiarazioni 
della stessa sorta sono state ripetute anche dagli 
scolari di Hegel, quali il Michelet, il Rosenkranz, 
il Vera: quest'ultimo paragona i fisici ai mano- 
vali e il filosofo all'architetto, e dice che « la 
physique rassemble et prépare les matériaux, que 
la philosophie vient ensuite marquer de sa for- 
me ». Ma codeste son frasi, animate di molta 
impertinenza contro i fisici, e tuttavia vuote di 
ogni contenuto. Giacché, infatti, o si pensa che 
il metodo empirico sia in grado di porre alcune 
leggi, alcuni generi, alcuni concetti, alcune ve- 
rità insomma ; ed allora non si riesce ad inten- 
dere perchè mai le altre leggi, generi, verità e 
concetti, e il sistema totale di essi, non siano 



164 I CONCETTI PARTICOLARI 

raggiungibili con lo stesso metodo : quell'attività 
medesima, che pone il primo concetto naturali- 
stico, mostra con ciò la capacità a porre gli altri e 
il tutto; come Fattività poetica, che forma il primo 
verso, è quella medesima, che compie l'intero 
poema. Ovvero si pensa che il metodo empirico 
non sia capace di nessuna verità, per quanto 
minima; e, in tal caso, il metodo speculativo non 
solo non ha necessità dell'altro, ma non può trarne 
nessun aiuto. Far concessioni di parole alla fisica 
e al metodo empirico, non è serio; e giustamente 
non ha soddisfatto nessuno. Hegel, considerando 
le scienze esatte come una semifilosofia, le ne- 
gava interamente e le assorbiva nella filosofia; la 
quale assumeva cosi tutti i diritti e tutti i do- 
veri di quelle. E, avendo posto un cosi gran ca- 
rico sulle spalle della filosofia, non gli era poi 
lecito di alleggerirlo col tentar di riversarlo di 
nuovo, in parte, sulle scienze empiriche, ormai 
per lui annullate e inesistenti. Tutti i diritti e tutti 
i doveri : alla filosofia, e non all' empiria, toccava 
ormai di provare e giustificare l'esistenza di que- 
sto o quel fatto particolare della natura; alla filo- 
sofia scoprir astri, forze fisiche, corpi chimici, 
elementi fisiologici, specie ignote di animali e 
vegetali. Quel povero diavolo di K^rug era (pa- 
re che bisognerebbe ormai convenirne) sem- 



IH. LA NATURA 165 

plice portavoce del buon senso, quando richie- 
deva alla filosofia naturale di Schelling, che de- 
ducesse la luna coi suoi caratteri; o una rosa, 
un cavallo, un cane; o anche soltanto la penna 
con la quale lui, Krug, scriveva in quel momento. 
Hegel, dai primi ai suoi ultimi scritti (*), lo sbef- 
feggiò e presentò come un personaggio comico, e 
sarà stato forse tale ; ma ciò non toglie che la ri- 
sposta di Hegel all'obiezione di Krug sia, sotto la 
apparente disinvoltura, impacciata ed ambigua. 
Perchè Hegel, da una parte, sembrava dire che 
le cose di quella sorta, i fatti individuali (e tutti 
i fatti sono poi individuali), non appartengono 
alla filosofia; dall'altra, che la deduzione è ben 
possibile, ma che la scienza ha ora compiti ben 
più urgenti che non la deduzione della penna 
da scrivere del signor Krug. E, come Krug, 
aveva ragione P illustre fisiologo e medico napo- 
letano, Salvatore Tommasi, il quale alP hegeliano 
De Meis, — assertore insistente di non so quale fi- 
siologia e patologia speculativa, — rispondeva, non 
senza fastidio : che egli sarebbe stato disposto a 
volger l'attenzione al metodo raccomandatogli, 
quando, per mezzo di esso, si fosse fatta una 



(1) Si veda un articolo del 1802, in Werke, XVI, 57-9; e cfr. Encicl., 
§ J50 n. 



166 I CONCETTI PARTICOLARI 

qualsiasi scoperta di medicina: per esempio, la 
cura diretta della pulmonite. 

Il tentativo, dunque, di attaccarsi ai panni delle 
scienze empiriche, dopo averle licenziate, non 
ha altro significato, come di sopra si è detto pel 
caso della storia (e storica è la base delle scienze 
naturali), se non di dar la riprova che la tesi 
di Hegel è falsa: non già di sanarne il falso e 
renderla vera. Ma l'analogia non finisce qui. Se 
Hegel, disperato di poter mai razionalizzare in- 
teramente la storia come richiedeva la sua idea 
di una filosofia della storia, fini col tagliar via ar- 
bitrariamente una parte dei fatti storici che gli 
sembrava più imbarazzante del resto e rinviarla 
al romanzo; lo stesso egli fece per le scienze natu- 
rali, innanzi alle tante classi e specie di fatti natu- 
rali, innanzi alle infinite apparizioni della realtà, 
innanzi a quelli che si chiamano casi rari, ec- 
cezioni, esseri straordinarii. La sua trovata è de- 
liziosa: è quella dell impotenza della natura 
(die Ohnmacht der Natur), della debolezza, del 
deliquio, degli svenimenti di questa, nell'aspro 
compito di attuare la razionalità del concetto! 
Ma, come non ci siamo lasciati persuadere, nel 
campo della storia, a gettar via una parte dei fatti, 
avendo appreso da Hegel stesso che il fatto è sacro ; 
cosi ora, dopo aver appreso da lui che la ragione 



III. LA NATURA 167 

è nel mondo, non ci acconceremo a credere, che 
una parte della realtà sia ribelle o inerte innanzi 
alla ragione. E quella che qui vien chiamata impo- 
tenza della natura, ci si chiarisce come nient'al- 
tro cheVimpotenza della Filosofia della natura, 
ideata da Schelling e da Hegel, a tener fede al 
suo proprio programma. 



IX. 

La costruzione delle false scienze 
- E l' applicazione della dialettica 
all'individuale e all'empirico. 



Hegel avrebbe potuto porre l'idea di una filo- 
sofia della storia e di una filosofia della na- 
tura, vagheggiarle, inculcarle, difenderle; e non 
farne altro. Si può enunciare un programma, e poi 
non risolversi ad eseguirlo: cosa che accade 
spesso, particolarmente quando il programma è 
periglioso. I sistemi e i libri, che non sono andati 
oltre le introduzioni e i preliminari, non sono po- 
chi, neppure nella letteratura contemporanea, e 
tra quelli annunziati con maggior fragore: quasi 
varrebbe la pena di farne 1' istruttivo catalogo. 
Ma Hegel non lasciò la filosofia della storia e la 
filosofia della natura come idee in aria; e costruì 
effettivamente l'una e l'altra. In questo passaggio 
all'attuazione, egli doveva sforzarsi di trattare i 
fatti individuali e i concetti empirici come con- 
cetti filosofici particolari; e, poiché a questi aveva 



170 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE ' 

già applicato la dialettica, doveva procedere a 
trattare dialetticamente i fatti individuali e i 
concetti empirici. 

È questo il secondo grande abuso, che Hegel 
fece della sua scoperta dialettica. Per giungere ad 
esso, ed essere in grado di darne l'enunciazione 
esatta e la genesi, era a noi indispensabile pas- 
sare attraverso il primo abuso, e percorrerne le 
molteplici conseguenze: di alcune delle quali, cioè 
dell'aver disconosciuto l'autonomia della storia 
e delle scienze positive, il secondo abuso è, a sua 
volta, conseguenza. Senza seguire quella via in 
tutte le sue svolte ed intrighi, non si compren- 
derebbe come Hegel potè mai venire in così strano 
pensiero: seguendola, sorge, insieme con P intelli- 
genza piena del fatto, quasi un sentimento d'am- 
mirazione per l'ingegnosità, che è in quell'in- 
timo nesso di errori, pel method of that madnéss, 
come avrebbe detto Polonio. 

Il secondo abuso è il più comunemente noto; 
ed ha, più di ogni altra còsa, contribuito a dar 
mala fama alla filosofia hegeliana. Se col primo 
si danneggiavano alcune parti della filosofia, col 
secondo il danno colpiva o minacciava gli studii 
storici e le scienze positive; e quelli e queste 
energicamente reagirono in propria difesa. 

Ma non bisogna, a questo proposito, trascurare 



E l'applicazione della dialettica 171 

alcune osservazioni. L'acquistata coscienza del- 
l'erroneità del metodo, che Hegel propugnava e 
tentava di applicare, ha fatto involgere in una 
condanna totale tutti i libri di Hegel sulla storia 
della civiltà e dell'arte, della filosofia e della reli- 
gione, e sulle varie discipline naturalistiche. Se 
il metodo è sbagliato, — si è detto, con semplici- 
stico ragionamento, — quale valore, quale garan- 
zia possono avere i risultati? Quei libri saranno, 
da capo a fondo, scienza e storia sofisticata. — 
E perciò, non solo la filosofia della natura non 
viene mai ricercata e consultata dagli studiosi 
delle cose naturali, e si è visto perfino qualche tra- 
duttore ometterla nella sua versione dell'Enci- 
clopedia; ma le stesse trattazioni d'indole sto- 
rica sono guardate con diffidenza, e quasi con 
la paura di macchiarsi al contatto. Ora, quei 
libri son da esaminare, come tutti i libri, anche 
nell'esecuzione e nei particolari; giacché Hegel 
potè operare, e operò infatti molte volte in essi, 
contro, o indipendentemente dal suo programma. 
Allo stesso modo Goethe, il quale nell'ottica, al 
dir dei competenti, volle adoprare metodi af- 
fatto estranei alla fisica, che hanno provocato 
l'unanime condanna degli scienziati della ma- 
teria, in altre parti delle scienze naturali, come 
^nell'anatomia e nella botanica, fece vere e proprie 



172 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE 

scoperte ('). In genere poi, il valore dei libri sulla 
filosofia della natura di Schelling, di Hegel e dei 
loro scolari, cresce man mano che dalle parti 
più astratte si passa alle più concrete, dalla fisica, 
alla fisiologia, dal mondo cosiddetto inorganico 
all'organico; e la ragione ne è chiara, perchè, 
nelle parti più concrete, decresce l'utilità del 
metodo matematico. Ad ogni modo, se Hegel, a 
quel che sembra, nella parte positiva delle sue 
trattazioni naturalistiche, non raggiunse risultati 
importanti, né fece osservazioni originali (come 
pur se ne trovano nelle opere di Treviranus, 
Oken, ecc.) ( 2 ) ; se il meglio che egli offre è forse 
sempre nella psicologia ed antropologia, materie 
nelle quali era più propriamente versato ; nelle 
trattazioni storiche, invece, è alla pari dei mag- 
giori storici nel secolo XIX, che fu tuttavia (e 
in parte mercè sua) il secolo della storicità. Nella 
storia della filosofia, — che, come già si è no- 
tato, può considerarsi quasi come una sua crea- 
zione, — le caratteristiche ch'egli dette dei pre- 
socratici (e specie di Parmenide, di Eraclito e 



(1) Si vedano i due discorsi deU'HELMHOi/rz, Ueber Goethes naturwis- 
8enschaftliche Arbeiten, e Goethes Vorahnungen kommender naturwis- 
senschaftlicher Jdeen (in Vortràge und Reden*, Braunschweig, 1896, 1, 
23-47, II, 335-361). 

(2) Si cfr., per altro, una nota dell'ENGELS, Antidùhring*, pp. XV-XVI, 
ohe mette in rilievo alcuni meriti di Hegel come fisico e naturalista. -, 



E l'applicazione della dialettica 173 

dei sofisti), di Socrate stesso, di Platone, di Ari- 
stotile, degli stoici e degli scettici, dei neopla- 
tonici e del cristianesimo; e, pei tempi moderni, 
della filosofia empirica inglese, del periodo cri- 
tico-speculativo da Kant a Schelling, di Jacobi e 
dei sentimentali e mistici, quanto sono originali, 
altrettanto sono piene di verità. Nello studio della 
filosofia antica, egli si rese esatto conto della pro- 
fonda differenza che questa presenta, rispetto alla 
moderna, nel modo di porre e intendere i pro- 
blemi ; e della erroneità di tradurne le proposi- 
zioni in termini di filosofia corrente, come sole- 
vano il Brucker o il Tiedemann. La storia politica 
offre vedute ampie e luminose sul carattere e le 
connessioni delle grandi epoche storiche, sulla 
Grecia, su Roma, sul medioevo, e sulla riforma e 
la rivoluzione francese. La storia della letteratura 
e delle arti, frammista alle sue lezioni sull'estetica, 
contiene vedute e giudizii, — per esempio, sul- 
l'epos omerico, sulla tragedia antica, sul dramma 
shakespeariano, sulla pittura italiana della rina- 
scenza, sulla pittura olandese, — che son divenuti 
tutti popolari. E, in verità, chi facesse uno studio 
speciale intorno alle idee storiche, che hanno avuto 
corso nel secolo XIX, e sono entrate nel patrimonio 
della nostra coltura, resterebbe meravigliato del 
gran numero di esse che risalgono ad Hegel come 



174 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE 

a fonte prima, o che da Hegel ricevettero forma 
definitiva; per quanto vengano poi ripetute senza 
conoscenza, o con falsa conoscenza, della loro ori- 
gine, attraverso scrittori che le hanno divul- 
gate (per es., attraverso Taine). — Sarebbe, d'al- 
tro canto, critica meschina accusare Hegel di er- 
rori storici, come spesso è stato fatto, prendendo 
a base ricerche e scoperte posteriori (e richia- 
mandosi perfino talora a dubbie scoperte, come 
quando gli si è mosso rimprovero per non aver 
tenuto conto del matriarcato, o per non aver so- 
spettato le teorie sociologiche sull'origine dell'arte 
dal lavoro economico e dalla decorazione indu- 
striale!). Ad esami di questa fatta, nessuno storico, 
per quanto grande, reggerebbe: né Tucidide, né 
Tacito, né Machiavelli, e neppure Niebuhr o 
Mommsen. Ovvero fargli carico troppo grave e 
personale di certi pregiudizii politici e nazionali, 
che nelle sue costruzioni storiche appaiono né 
più né meno che in quelle di tanti altri storici, 
filosofi e pubblicisti ; dal primato italiano di Gio- 
berti alle odierne manìe germanistiche del signor 
Chamberlain o del signor Woltmann. 

Ed anche nell'ambito di quegli errori storici, 
che furono conseguenze di errori filosofici, bi- 
sogna poi distinguere tra quelli nascenti da con- 
cetti filosofici sbagliati, che Hegel ha spesso in 



E l'applicazione della dialettica 175 

comune con altri filosofi, o con la filosofia del suo 
tempo, — per esempio, la trattazione della storia 
della poesia e dell'arte, fondata sul concetto di 
un'arte che sia sostanzialmente religione e filo- 
sofia ; e, anche, la generica pretesa di costruire o 
ricostruire speculativamente il corso storico, — 
dagli errori, che hanno relazione con la sua dia- 
lettica, e che soli qui c'interessa ricercare. 

Ma, fatte tutte queste riserve, è certo che nei 
libri di Hegel s'incontrano esempii di tratta- 
zione dialettica dell'individuale e dell'empirico; 
e ciò basta a spiegare, e parzialmente a giusti- 
ficare, la violenta reazione degli storici e dei na- 
turalisti contro la dialettica stessa. 

In minor numero se ne incontrano, per le ra- 
gioni già dette, nelle sue esposizioni storiche; 
anzi quasi del tutto esente può considerarsene la 
storia della filosofia. Ma la storia universale, svolta 
da Hegel, è concepita triadicamente, come mondo 
orientale, mondo classico e mondo germanico. Tesi, 
antitesi e sintesi, che, bene o male, si concretano 
nella formula, che l'Oriente seppe, e sa, soltanto 
che un solo è libero; il mondo greco-romano, che 
alcuni sono liberi; il mondo germanico, che tutti 
sono liberi: onde carattere del primo è il de- 
spotismo, del secondo la democrazia e aristocra- 
zia, del terzo la monarchia. Per istabilire questa 



176 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE 

triade, Hegel è costretto sopprimer molta parte 
della storia nello spazio e nel tempo. Nello spazio, 
perchè egli elimina addirittura la quinta parte del 
mondo; e l'Australia e le altre isole tra Asia ed 
America gli paiono perfino affette di una « im- 
maturità fisica »: l'America stessa non è per lui 
se non come un'appendice della civiltà europea; 
rifiutandosi a prendere in considerazione le anti- 
chissime civiltà del Messico e del Perù, giacché, 
dalle notizie che se ne hanno, appare che « quelle 
erano affatto naturali e dovevano perire all'ap- 
pressarsi dello Spirito » . Nel tempo, giacché egli 
sostiene che la storia comincia solo quando vi 
sono storici, onde a ragione la parola tedesca Gè- 
schichte (o quella italiana storia) significano cosi 
la storia a parte subiecti, come la storia a parte 
obiecti: i popoli possono aver percorso una lunga 
vita senza stato; ma questa, che è la loro preistoria, 
non ha niente che fare con la storia. Riferendosi a 
siffatte limitazioni nello spazio e nel tempo, Hegel 
segnava negli ultimi anni della sua vita in un 
suo taccuino: « Nella storia universale vale la 
partizione stessa, che era in uso presso i Greci : 
— Greci e barbari (') » . In tal modo Hegel cercava 
di render disposta alla sua dialettica la storia 



(1) Apltoritm. a. d. Btrliner Periode, in Rosbnkrànz, p. 55». 



E 1/ APPLICAZIONE DELLA DIALETTICA 177 

universale, quale si configura nei libri degli sto- 
rici; e s'illudeva di aver trovato neir individuale 
un punto di partenza, che avesse la precisione 
del primo termine della triade dialettica: tale sa- 
rebbe l'Oriente spirituale, dove sorge il sole della 
storia. Ma la triade, cosi faticosamente conqui- 
stata, traballa ad ogni particolare svolgimento, 
che Hegel viene tentando; e già, per arrestarci 
ai primi che s'incontrano, la stessa triade fon- 
damentale si allarga a una quatriade di mondo 
orientale, mondo greco, mondo romano, mondo 
germanico; e, nell'Oriente, la Cina e l'India sono 
subito sacrificate alla Persia, che è per Hegel la 
prima nazione veramente storica. — Similmente, 
la storia dell'arte dà luogo a una triade di arte 
orientale o simbolica, greca o classica, cristiana o 
romàntica: triade poco solida nella sua stessa for- 
mulazione, dedotta dallo squilibrio tra contenuto e 
forma, la cui sintesi sarebbe poi non già nel terzo 
termine, ma nel secondo. Hegel sembra anche ac- 
cennare a un quarto periodo artistico, dopo il ro- 
mantico: il che muterebbe anche qui la triade in 
una quatriade, se pur non voglia dirsi che l'ul- 
tima fase è quella del cessar dell'arte nella filo- 
sofia. La storia delle religioni si organizza in tre 
fasi: religione naturale, religione dello sdoppia- 
mento della coscienza in sé, e religione del tra- 



12 



178 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE 

passo alla religione della libertà. Le due ultime 
si determinano anche triadicamente: la religione 
dello sdoppiamento, in quelle della misura (la ci- 
nese), della fantasia (1* indiana), dell'interiorità (la 
buddistica); la religione del trapasso, in quelle 
della natura, della libertà spirituale, e della reli- 
gione assoluta. Le quali si suddividono in nuove 
triadi, e cioè la religione della natura, in quelle 
della luce (la persiana), del dolore (la sirica), del- 
l'enimma (l'egizia); la religione della libertà spiri- 
tuale, in quelle della sublimità (la giudaica), dèlia 
bellezza (la greca), dell'intelletto o della finalità 
(la romana). La religione assoluta sarebbe poi il 
cristianesimo. — Se non che, uno degli esempii 
più curiosi di costruzione dialettica dell'indivi- 
duale ci è fornito dalle tre parti del mondo. Hegel, 
come si è detto, si era spacciato delle altre due, 
che non gli sembravano mature, né fisicamente 
né spiritualmente. Il mondo nuovo presenta la 
spartizione non giunta a completo sviluppo in una 
parte settentrionale e in una meridionale, a guisa 
di magnete. Ma l'antico è la divisione completa 
in tre parti; delle quali la prima, l'Africa, — la re- 
gione del metallo, dell'elemento lunare, indurita 
dal calore, in cui l'uomo è compresso in sé ed 
ottuso, — è lo spirito muto, che non perviene sino 
alla conoscenza; la seconda, l'Asia, è la dissipa- 



E l'applicazione della dialettica 179 

zione baccantica e cometaria, il paese dalla ge- 
nerazione informe e indeterminata, che non può 
dominar sé stessa; la terza, l'Europa, rappresenta 
invece la coscienza, e costituisce la parte razio- 
nale della terra, col suo equilibrio di fiumi, valli 
e montagne; e il centro dell'Europa è la Ger- 
mania! (*). 

La costruzione dialettica infierisce nella filo- 
sofia della natura, ossia nel campo dei concetti 
empirici. Nella sua parte positiva, quel libro 
non è, in fondo, altro che un compendio di disci- 
pline matematiche e naturalistiche, diviso in tre 
sezioni: l a , geometria e meccanica; 2 a , astronomia, 
fisica e chimica ; 3 a , mineralogia, botanica, zoolo- 
gia, geologia e fisiologia. Questo compendio di co- 
gnizioni disparate è ordinato nella triade fonda- 
mentale di meccanica, fisica e fisica organica; 
e tutto suddiviso in triadi minori. Lasciamo an- 
dare che, come nella storia universale il punto 
di convergenza e il risultato finale è lo spirito 
germanico, cosi nella concezione cosmologica di 
Hegel il centro dell'universo è la Terra (e per essa 
dovrebbe essere la Germania, almeno secondo 
le parole citate di sopra). Ciò mostra ancora una 
volta come un'alta mente filosofica possa farsi 



(1) Wa(urphilo8ophie, § 349 Zus t 



180 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE 

qua e là soggiogare dal sentimento e dal pre- 
giudizio. Ecco invece qualche esempio di dia- 
lettica del geometrico e del fisico, Hegel, oltre 
le tre dimensioni dello spazio, pone tre dimen- 
sioni del tempo, passato, presente e futuro; ma, 
mentre osserva che nella natura le tre dimen- 
sioni del tempo non si differenziano in modo 
esistenziale, sembra ammettere che in modo 
esistenziale si differenzino le tre dello spazio. 
Queste tre, ad ogni modo, si fonderebbero sulla 
natura del concetto, per quanto — egli dice — 
le determinazioni del concetto, in tale prima 
forma dell'esteriorità, nella quantità astratta, 
sieno soltanto superficiali e costituiscano dif- 
ferenze del tutto vuote. Sono superficiali, sono 
vuote, sono arbitrarie; eppure, Hegel le deduce 
dialetticamente. Il punto è la negazione dello 
spazio; ma è una negazione essenzialmente spa- 
ziale, e però è linea; e la negazione della nega- 
zione è la superficie! Si fa la deduzione dei corpi 
celesti; il corpo centrale è la tesi, la luna e le 
comete sono i corpi dell'antitesi; la sintesi, il 
corpo della totalità concreta, è il pianeta. H ma- 
gnetismo è la dimostrazione ad oculos del concetto 
dialettico nella natura, del sillogismo completo. I 
poli sono le estremità sensibilmente esistenti di 
una linea reale; come poli, però, hanno, non la 



E l'applicazione della dialettica 181 

realtà sensibile meccanica, ma una realtà ideale ; 
e sono del tutto inseparabili. Il punto d'indiffe- 
renza, nel quale essi hanno la loro sostanza, è 
l'unità in cui sono come determinazioni del con- 
cetto, in modo che essi ricevono senso ed esi- 
stenza solamente in tale unità; e la polarità è 
soltanto la relazione di siffatti momenti. Per la 
necessità della forma dialettica, Hegel combatte 
l'identificazione, che la scienza fisica cerca di 
fare, di magnetismo, elettricità e chemismo; e 
vuole che i tre fatti sieno uniti insieme e distinti. 
Egualmente, si sarebbe opposto ai fisiologi, che 
aboliscono la netta distinzione tra cellula ani- 
male e cellula vegetale; o che considerano la vita 
come sparsa ovunque: i tre « regni della natura » 
rispondevano troppo bene al suo triadismo, per- 
chè egli non dovesse conservarli, dialettizzan- 
doli come natura geologica, vegetale ed animale. 
Nella prima, la vita pone a sé stessa la sua pro- 
pria condizione; nella seconda, l'individuo è an- 
cora esterno alle sue membra, che sono esse stesse 
individui; nella terza, le membra esistono essen- 
zialmente come membra dell'individuo, e perciò 
questi è soggetto. La dialettica continua per cia- 
scuna di queste forme della natura: il processo 
della pianta si divide in tre sillogismi, cioè nel 
processo di formazione, nel processo di opposi- 



182 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE 

zione verso la natura inorganica, e nel processo 
di riproduzione, unità dei due precedenti. Più 
faticosa è la costruzione dialettica dei cinque 
sensi, che son cinque e non tre. Ma Hegel non 
si confonde. I sensi per lui sono cinque, eppure 
sono tre. Il primo è quello della sfera meccanica, 
del peso e della coesione e del loro cangiamento, 
cioè il senso del tatto. Il secondo è — i due sensi 
dell'antitesi, cioè quello dell'aerata particolariz- 
zata, e quello che comprende la neutralità del- 
l'acqua concreta, e le antitesi della soluzione 
della neutralità concreta: V odorato e il gusto. Il 
terzo è il senso dell' idealità, ed è anche duplice: 
cioè senso dell' idealità còme manifestazione del- 
l'esterno per l'esterno, della luce in genere; e, 
più precisamente, della luce che diviene deter- 
minata nell'esteriorità concreta, del colore; e 
senso della manifestazione dell'interiorità, che si 
fa conoscere come tale nella sua estrinsecazione, 
del tono: vale a dire, la vista e Yudito! 

Altri esempii di codesta dialettica dell'empi- 
rico si trovano in copia in quella, che per noi 
è anche filosofia della natura (in senso gnoseo- 
logico), cioè filosofia dell'empirico; ed è sparsa 
nell'estetica, nella logica, e nella filosofia dello 
spirito. Nell'estetica, si svolge triadicamente il 
sistema delle arti: la prima delle quali, l'archi- 



E l'applicazione della dialettica 183 

Lettura, pone il tempio del Dio; la seconda, la 
scultura, il Dio stesso; la terza esprime i senti- 
menti dei fedeli con colori, toni, parole, e si sud- 
divide in pittura, musica e poesia. La fatica del 
condensare in tre ciò che, empiricamente, è de- 
terminato con altro numero, — le cinque in tre 
arti, i cinque in tre sensi, — gli è risparmiata 
nel campo della poesia dalla retorica; dalla quale 
Hegel è lieto di accettare la tripartizione di poesia 
lirica, epica e drammatica, come aveva accettato 
della scienza empirica i tre regni della natura. 
Nella logica, la classificazione dei giudizii è, con 
nuova terminologia, su per giù quella medesima 
di Kant, che ha per base una quatriade: il giu- 
dizio della qualità diventa quello dell'esistenza, il 
giudizio della quantità quello della riflessione, 
il giudizio della relazione quello della necessità, 
il giudizio della modalità quello del concetto; e 
se ne conservano le suddivisioni triadiche. Il sil- 
logismo, — che è la sintesi rispetto alFantitesi del 
giudizio, ossia la restaurazione del concetto nel 
giudizio, e quindi l'unità e verità di entrambi, — è 
svolto anche triadicamente: come sillogismo dei- 
Tessere determinato, sillogismo della riflessione, 
sillogismo della necessità. — Nella filosofia dello 
spirito, Hegel sa bene che la psicologia non può 
servir di base alla filosofia; eppure la tratta dia- 



184 LA COSTRUZIONE DELLE FALSE SCIENZE 

letticamente. Lo spirito soggettivo si svolge nei tre 
gradi dell'antropologia, della fenomenologia, dello 
spirito e della psicologia: la prima comprende 
l'anima, naturale, senziente e reale; la seconda, 
la coscienza, l'autocoscienza e la ragione; la terza, 
lo spirito teoretico, pratico e libero. Lo spirito 
oggettivo ha i tre momenti del diritto, della mo- 
ralità e dell'eticità: il diritto, quelli della pro- 
prietà, dal contratto e dal diritto contro il torto: 
l'eticità si suddivide in famiglia, società civile 
e stato; lo stato, infine, in diritto interno, diritto 
esterno, e (con curioso salto) storia universale. 
È stata fatta tante volte la caricatura della dia- 
lettica hegeliana; ma nessuna caricatura può pa- 
reggiare quella che inconsapevolmente ne fece 
l'autore stesso, quando tentò di pensare l'Africa, 
l'Asia e l'Europa, o la mano, il naso e l'orecchio, o 
il patrimonio famigliare, la potestà paterna o il te- 
stamento, col ritmo medesimo con cui aveva pen- 
sato l'essere, il nulla e il divenire. Sembra, a 
volte, che Hegel non possedesse ancora tutto il 
suo pensiero, tanto che dovè aiutarsi con la mi- 
tologia: allo stesso modo che, — secondo una 
geniale interpetrazione del medesimo Hegel, — 
Platone, quando non riusciva a dominare col pen- 
siero certi ardui problemi ancora immaturi al 
suo tempo, surrogava la soluzione pensata con 
l'immaginata, il concetto col mito. 



Il dualismo non superato. 



Jl panlogismo, che è stato notato nel sistema 
di Hegel, non è altro che l'insieme degli er- 
rori nascenti dalla falsa applicazione dialettica, 
che io ho finora analizzati ed esposti a parte a 
parte. È la sostituzione del pensiero filosofico a 
tutti gli altri processi dello spirito; i quali tutti 
debbono acquistar forma logica (filosofica), e pe- 
rire. Ma si è avuto torto nel considerare il panlo- 
gismo come il carattere fondamentale del sistema 
quando invece non è se non l'escrescenza mor- 
bosa, sorta su di esso. Anche non bisogna recare 
come prova di panlogismo T identificazione che 
Hegel fa della logica con la metafisica, in modo 
che per lui la logica è insieme metafisica. Poi- 
ché per Hegel la cosiddetta Logica non aveva 
nulla di comune con la logica delle scuole, — e, 
neppure, in genere, con una scienza della logica 
come particolare scienza filosofica, — ma era la 
dottrina delle categorie, delle quali la logica in 



186 IL DUALISMO NON SUPERATO 

senso stretto riempiva una sola, o un gruppo solo; 
e poiché quelle categorie abbracciavano tutto lo 
spirito e tutta la realtà; è chiaro che la identifi- 
cazione di logica e di metafisica, di logica e di 
filosofia si riduceva, in fondo, a identificar la 
metafisica con la metafisica, la filosofia con la 
filosofia. Che tale sua metafisica e filosofia sia 
svolta, in parte, panlogisticamente, è vero; ma 
questo è un altro discorso: Terrore appartiene 
per l'appunto all'applicazione del principio, e non 
al principio per sé preso. 

Parrebbe inconciliabile con l'accusa di panlo- 
gismo l'altra, che pure è stata mossa al sistema 
di Hegel, di dualismo più o meno larvato; e 
non è. Come l'errore non può mai affermarsi con 
la coerenza piena della verità, l'errore panlo- 
gismo si converte nel suo contrario, e cioè nel 
dualismo. Il campo di questa conversione è la 
filosofia della natura, dove, come si è mostrato, 
appare dappertutto saldo e persistente il vecchio 
concetto di natura, suggerito dalle scienze fisi- 
che e naturali: concetto al quale Hegel accordava 
valore filosofico, facendone cosi il pensiero di una 
realtà che sta di fronte, o dietro, al concetto della 
realtà dello spirito. Il punto critico della conver- 
sione, ossia la rivelazione del dualismo che ha 
luogo nel momento stesso in cui si cerca di lar- 



IL DUALISMO NON SUPERATO 187 

vario, è il celebre passaggio dall'idea alla na- 
tura, su cui tanto brevemente e oscuramente 
Hegel si espresse, e tante parole, ma nessuna luce, 
sparsero i suoi sostenitori: « L'idea, la quale è 
per sé, considerata secondo questa sua unità con 
sé, è intuire. Ma, come intuizione, l'idea è posta 
nella determinazione unilaterale dell'immedia- 
tezza o negazione, per mezzo della riflessione 
estrinseca. L'assoluta libertà dell'idea è però che 
essa non trapassa solo nella vita, né solo come 
conoscere finito lascia apparire la vita in sé; ma, 
nell'assoluta verità di sé stessa, si risolve a la- 
sciar uscire liberamente da sé il momento della 
sua particolarità, o del suo primo determinarsi e 
del suo esser altro: l'idea immediata, che è il suo 
riflesso, — come natura » (Enc, § 244). 

Quella conversione e quel passaggio sono cosi 
pericolosi, che molte interpetrazioni sono state 
proposte, — ed altre se ne potrebbero proporre, — 
del pensiero hegeliano; le quali eviterebbero il 
pericolo, eliminerebbero il dualismo e conserve- 
rebbero al sistema il suo motivo iniziale, che è 
l'idealismo assoluto, la sostanza come soggetto. 
Ma nessuna di quelle interpetrazioni ci sembra 
conforme al genuino pensiero del filosofo. 

Così, può esser comodo il sostenere che il pas- 
saggio dall' idea alla natura sia, per Hegel, nien- 



188 IL DUALISMO NON SUPERATO 

t'altro che il passaggio dalla filosofia all'espe- 
rienza, dalla filosofia alla scienza naturale, la cui 
sussistenza e indipendenza accanto alla filosofia 
Hegel non avrebbe mai pensato a negare. Il si- 
stema di Hegel diventerebbe per tal modo una 
filosofia della mente o dello spirito in universale, 
estranea ma non nemica all'esperienza, cioè al- 
l'osservazione e indagine del particolare storico 
e naturale. Ma a siffatta interpetrazione si op- 
pone la semplice considerazione, che Hegel non 
passa già dalla filosofia alla scienza (empirica) 
della natura, ma dalla logica o dalla filosofia in 
genere alla filosofia della natura; e perciò intende 
la natura non come l'empirico rispetto allo specu- 
lativo, ma come un concetto speculativo, che ha 
diritto eguale all'altro. 

Nella medesima difficoltà urta l'interpetrazione, 
la quale dichiara che tra idea e natura non ha 
luogo passaggio né logico né temporale, perchè 
l'idea non diventa già natura, ma è natura; l'in- 
dividuale è l'universale e l'universale è l'indi- 
viduale. Senza dubbio, a questo modo il dualismo 
sarebbe evitato; perchè, nella considerazione fi- 
losofica, non si coglie se non l'universale: l'indi- 
viduale (che, filosoficamente, è l'universale stesso) 
vien colto, in quanto individuale, dall'intuizione, 
cioè da una sfera dello spirito, che precede quella 



IL DUALISMO NON SUPERATO 189 

filosofica ed è sua condizione. Ma Hegel non ha 
mai pensato ad abbandonare P individuale ai poeti 
e agli storici: egli dell'individuale ha fatto la fi- 
losofia, quando ha fatto la filosofia della natura 
e della storia. Per interpetrarlo al modo proposto, 
bisognerebbe non già tagliar via dal suo sistema 
alcune pagine incidentali e digressive; ma muti- 
larlo d'interi libri e d'intere parti, di quelli che, 
all'autore almeno, parevano organi vitali. 

Una terza interpetrazione potrebbe essere esco- 
gitata, fondandosi sopra un significato, di cui son 
tracce anche in Hegel, della parola natura, in- 
tesa come il momento negativo dello spirito, la 
passività di fronte all'attività, il meccanico di 
fronte al teleologico, il non-essere che si oppone 
all'essere. In questo caso, spirito e natura non 
sarebbero due concetti distinti, concetti di due 
realtà, o di due forme di realtà; ma un unico con- 
cetto, dell'unica realtà, che è sintesi di opposti, 
dialettica e svolgimento; e l'unità sarebbe salva. 
L'idea, che si aliena da sé come natura per tor- 
nare a sé nello spirito, sarebbe lo spirito stesso, 
inteso nella sua concretezza, che include il mo- 
mento negativo. Il nostro Spaventa passò accanto 
a questa interpetrazione, quando scrisse che: « il 
logo cosi per sé non è realtà, se non in quanto è 
Logica, cioè spirito come pensiero del pensiero 



190 IL DUALISMO NON SUPERATO 

(pensiero puro); e la natura, fissata come natura, 
non basta a sé stessa, e perciò non solo presup- 
pone idealmente il logo, ma ha come suo prin- 
cipio reale, appunto perchè ha come suo fine 
reale assoluto, l'assoluto spirito (*) » . — Se non 
che, accanto a quel significato della parola na- 
tura — negazione e non-essere, — come accanto 
al significato della parola natura » individuale 
e materia d'intuizione, — c'è in Hegel la natura 
intesa come realtà, come l'altro dello spirito, 
tè Scepov xaO'a&ttJ, l'altro in sé. Infatti, se così non 
fosse, Hegel non avrebbe potuto mai pensare a co- 
struire una filosofia del negativo, del non-essere, 
di ciò che è una mera astrazione ; ed egli, invece, 
fa proprio una filosofia della natura, il cui oggetto 
è perciò inteso come un qualcosa di positivo. 

Finalmente, si è cercato d' interpetrare la tri- 
partizione hegeliana di logo, natura e spirito, 
come se natura e spirito non fossero se non lo 
spirito stesso concreto, diviso solo empiricamente 
in due parti; e il logo starebbe a significare la 
realtà vera che è in entrambi, la loro identità 
nell'apparente divisione: che è lo spirito nella 
sua universalità, e non quale appare nel solo 
mondo, che si dice sociale o umano quando lo si 



(1) Prineipii di etica, pp. 53-54. 



IL DUALISMO NON SUPERATO 191 

stacca empiricamente dal resto. Ma sarebbe im- 
possibile cancellar la distinzione profonda, che 
Hegel pone tra natura e spirito, e che si afferma 
con la distinzione tra una logicità inconsapevole 
e una logicità consapevole. Il panpsichismo era 
lungi dalle intenzioni di Hegel: il pensiero era 
per lui proprio dell'uomo ed estraneo all'ani- 
male: nella natura non vi ha pensiero, ma de- 
terminazioni di pensiero, il che è diverso: vi 
ha, si, mxH intelligenza, ma, come diceva Schel- 
ling (ed Hegel lo seguiva in ciò), vetrificata. 
Perciò anche Hegel sosteneva che nella natura 
le forme dello spirito siano non già, come nello 
spirito consapevole, risolute runa nell'altra, ma 
abbiano la posizione di esistenze separate: la ma- 
teria e il movimento, per esempio, esistono, come 
fatti, nel sistema solare; le determinazioni dei 
sensi esistono come qualità dei corpi, e, anche 
più separatamente, come elementi; e via dicendo 
(Enc, § 380): la natura dialettica del concetto sta 
come fatto naturale nei poli positivo e negativo 
del magnete. Far della natura e dello spirito una 
unica serie, che sia distinguibile in due sola- 
mente air ingrosso, cosi come si distingue l'uomo 
civile dal selvaggio, potrà essere un pensiero 
giusto; ma era affatto estraneo all'intento di He- 
gel. La sua distinzione di natura e spirito è, chec- 



192 IL DUALISMO NON SUPERATO 

che si sia affermato in contrario, qualitativa; se 
qualitativa è la differenza tra esseri inconscienti 
ed esseri coscienti, tra cose e pensanti. 

Nel genuino pensiero di Hegel, quale si ricava 
dalla sua filosofia della natura, spirito e natura 
sono, dunque, due realtà: l'una di fronte all'altra, 
o Tuna base dell'altra; ma, ad ogni modo, l'una 
distinta dall'altra. Perciò egli ricorse a un terzo 
termine, al logo: l'esigenza del dualismo da su- 
perare lo spinse a cercar di superarlo con la forma 
triadica, che gli aveva reso cosi eccellenti ser- 
vigi per superare il dualismo degli opposti. Ma, 
poiché natura e spirito non sono opposti nel suo 
pensiero, non sono due astrazioni, ma due realtà 
concrete; la forma triadica era inapplicabile. E 
non era applicabile neppure la forma di critica, 
ch'egli, anche con mirabili risultati, aveva usato 
pei concetti di riflessione nella dottrina dell'es- 
senza; giacché, per lui, natura e spirito, nel si- 
gnificato in cui li prendeva, non erano concetti 
di riflessione, malamente distinti: ma due con- 
cetti ben distinti, di carattere determinato. Il 
Logo, terzo termine, è, nella sua triade, il primo, 
la tesi; ma, laddove del secondo termine, del- 
l'antitesi, si sa quale sia il contenuto, essendo 
nient'altro che l'insieme delle teorie matemati- 
che, fisiche e naturali; e del terzo, della sintesi, 



IL DUALISMO NON SUPERATO 193 

il contenuto è, da una parte» la psicologia e, dal- 
l'altra, la filosofia del diritto, dell'arte, della reli- 
gione, e dello spirito assoluto; il primo, la tesi, il 
Logo, non ha un contenuto suo; e lo piglia in 
prestito dalle altre due parti, e specie dall'ultima, 
mescolandovi una polemica contro le filosofie 
inadeguate. Gli è che quel Logo, a chi lo separi 
davvero dalla natura e dallo spirito e lo guardi 
bene in faccia, si svela come non altro che il fondo 
oscuro della vecchia metafisica: Dio, nel quale si 
congiungevano le due sostanze di Cartesio; la 
substantia sive Deus, che sopportava i due attri- 
buti del pensiero e dell'estensione, di Spinoza; ed 
è poi ancora l'Assoluto di Schelling, indifferenza 
della natura e dello spirito; o la cieca (ma non 
troppo cieca) Volontà di Schopenahuer, da cui 
esce la natura e la coscienza ; o l'Incosciente di 
Eduardo von Hartmann, che, anch'esso con molta 
logicità, mette capo alla coscienza. Hegel aveva 
rimproverato a Schelling di concepir l'Assoluto 
come sostanza e non come soggetto. Ma il suo Logo 
è poi un soggetto, che non si può pensare come 
soggetto, o meglio, non si può pensar punto: è, 
come Hegel stesso dice, « Dio nella sua eterna 
essenza prima della creazione della natura e dello 
spirito finito » ; e noi possiamo ben pensare Dio 
nella natura e nello spirito finito, Deus in no- 



13 



94 IL DUALISMO NON SUPERATO 

bis et nos, ma non già un Dio fuori o prima 
della natura e dell'uomo. L'espediente triadico, e 
il termine del Logo, cui ricorse Hegel, mostra 
che egli è sempre preso nel dualismo: che vi si 
dibatte contro gagliardamente, ma non ne esce. 
In questo dualismo non superato, nel quale 
s'impiglia, pel grave errore logico commesso, 
l'idealismo assoluto di Hegel, è la ragione della 
divisione della scuola hegeliana in una destra e 
in una sinistra, spintasi poi quest'ultima sino ad 
un'estrema sinistra. L'ala destra interpetrava 
Hegel teisticamente: il soggetto, il Logo di He- 
gel, era il Dio personale; e la relazione dell^ filo- 
sofia hegeliana col cristianesimo non consisteva 
soltanto nel riconoscimento del grande elemento 
filosofico incluso nella teologia cristiana, ma in un 
accordo ben altrimenti sostanziale. L'ala sinistra 
si opponeva ad ogni trascendenza e ad ogni con- 
cetto di un Dio personale ; e, dando rilievo al ca- 
rattere d'immanenza del sistema, giungeva fino a 
simpatizzare col materialismo filosofico, in quanto 
anch'esso, a suo modo, ha carattere immanente 
e non trascendente. Non sarebbe possibile deci- 
dere quale delle due interpetrazioni fosse più fe- 
dele al pensiero di Hegel; giacché entrambe si fon- 
davano su dottrine hegeliane, ed erano opposte ed 
avversarie l'una dell'altra, perchè quelle dottrine, 
per l'appunto, erano contradittorie. 



XI. 

La critica e la continuazione 
del pensiero di hegel. 

Conclusione. 

Con F interpetrazione, che ho data in questo 
scritto, della filosofia di Hegel, ho detto in- 
sieme, quale compito, a mio avviso, sarebbe spet- 
tato ai critici e ai continuatori Si fronte ad essa. 
Bisognava serbarne la parte vitale, cioè il nuovo 
concetto del concetto, l'universale concreto, con la 
dialettica degli opposti e la teorica dei gradi della 
realtà ; rifiutare, appoggiandosi a quel nuovo con- 
cetto e svolgendolo, ogni panlogismo, ed ogni co- 
struzione speculativa dell'individuale e dell'em- 
pirico, della storia e della natura; riconoscere 
Fautonomia delle varie forme dello spirito, pur 
nella loro necessaria connessione ed unità; e, in- 
fine, risolvere la filosofia tutta in una pura filosofia 
dello spirito (o logica-metafisica, che si fosse poi 
voluto intitolarla). Bisognava trar fuori il pen- 



196 LA CRITICA 

siero hegeliano « dalla vagina delle membra 
sue », cioè delle membra posticce, che gli erano 
state malamente appiccicate ; e lasciar che si for- 
masse membra sue proprie, rispondenti alla na- 
tura del germe primitivo. 

La scuola di Hegel falli totalmente a questo 
compito. Divisa, come si è accennato, in destra 
e sinistra, e suddivisa in frazioni secondarie, 
nella questione del rilievo da dare alle intenzioni 
di trascendenza o d'immanenza del sistema, essa 
era poi tutta unita nel conservarne ed accre- 
scerne l'intrigo dialettico, la confusione tra dia- 
lettica degli opposti e dialettica dei distinti, dia- 
lettica dell'assoluto e dialettica del contingente. 
Il Michelet, per esempio, editore della filosofia 
della natura, si baloccava a correggerne dialet- 
ticamente qualche particolare; come il posto che 
spetta alla quinta parte del mondo nella già ci- 
tata dialettica della geografia, stimando egli che 
le isole dell'Oceania rappresentino l'ultimo av- 
venire del genere umano, lo svolgimento estremo 
del selfgovernment democratico. E a coloro, che 
non vedevano chiaro nei modi dialettici di ra- 
gionamento, il Michelet rispondeva, che il me- 
todo dialettico, come la creazione artistica, non 
pretende all'accoglienza universale, ma deve re- 
stare « un talento specifico del favorito -degli 



E IL PENSIERO DI HEGEL 19-7 

Dei ». Il che non era veramente far onore al 
maestro; il quale aveva, con tanta insistenza e 
profondo senso umano, affermato, che la filosofia 
dev'essere non esoterica, ma essoterica. Il Ro- 
senkranz, — altro dei maggiori rappresentanti 
della destra, — dopo aver costruito, in modo che 
mi contenterò di dire bizzarro, nella sua Este- 
tica del brutto, tutte le parole della più grosso- 
lana e volgare psicologia, — proponeva anch'egli 
riordinamenti e correzioni alla filosofia della na- 
tura:, per esempio, circa la dignità delle stelle 
fisse, che Hegel aveva menomata a vantaggio 
dei pianeti e della terra ; circa la divisione della 
fisica dall'astronomia, che Hegel aveva mesco- 
late a torto; circa il trasferimento del processo 
di cristallizzazione dalla fisica all'organica; e si- 
mili. Ma non abbandonava mai, per altro, il pre- 
supposto hegeliano della filosofia della natura; 
anzi, dove Hegel aveva colto un barlume del 
vero col dichiarare impossibile una costruzione 
dialettica della matematica, il Rosenkranz era 
pronto a dargli sulla voce, esclamando: « Ciò non 
si può ammettere. Perchè, se quello dialettico è 
il metodo universale, la matematica ne dovrebbe 
restare esclusa? >. Il Vera, — campione italiano 
di codesti ortodossi, — continuava le prodezze 
contro Newton; sosteneva che la scienza della 



198 LA 0RITIC4 

natura si fa con tre metodi, lo sperimentale, il 
matematico, e lo speculativo, che ne costituisce 
il coronamento; e scriveva tra l'altro: « Nous 
disons qu'il y a un air, une lumière, et méme 
un temps et un espace apparents et qui sont sen- 
tis, et un air, une lumière, etc, qui n'apparais- 
sent point et qui sont simplement pensés. » 

Passando dall'estrema destra all'estrema si- 
nistra, e fermandoci su uno scrittore che negli 
ultimi tempi è stato molto divulgato e discusso 
anche in Italia, a Federico Engels, — l'amico e 
collaboratore di Carlo Marx, — si può vedere 
com'egli liquidasse la filosofia, risolvendola nelle 
scienze positive, e salvandone solo e la dottrina 
del pensiero e delle sue leggi: la logica formale (!) 
e la dialettica ». E di codesta dialettica, Ja 
quale « non era altro che la scienza delle leggi 
generali di movimento e di sviluppo delle so- 
cietà umane e del pensiero », l'Engels dava e- 
sempii cosiffatti. Un granello di orzo, messo nella 
terra, germoglia, e, diventando pianta, viene ne- 
gato ; ma dalla pianta vengon fuori altri granelli: 
negazione della negazione. L'uovo è negato, 
quando da esso esce la farfalla; ma la farfalla 
produce daccapo l'uovo: negazione della nega- 
zione. Nell'aritmetica, a vien negato nel - a; ma, 
negando la negazione, si ha - a >< - a — a 2 ; cioè 



E IL PENSIERO DI HEGEL 199 

il primo a, elevato a potenza. Nella storia, la 
civiltà comincia con la proprietà comune della 
terra; la proprietà privata nega il comunismo 
primitivo: il socialismo farà la negazione della 
negazione, riproducendo il comunismo primitivo, 
ma elevato a più alta potenza. Nella storia della 
filosofia,* il primo momento è il materialismo 
originario; questo viene negato dall'idealismo: 
ma T idealismo ha la sua negazione della nega- 
zione nel materialismo dialettico. Né si obietti, 
— soggiungeva l'Engels, — che si può negare 
un granello d'orzo col mangiarlo, un insetto col 
calpestarlo, la grandezza positiva a col cancel- 
larla; perchè la negazione dev'esser tale da 
render possibile la negazione della negazione: 
altrimenti, — dice egli ingenuamente, — non si 
avrebbe processo dialettico! ('). 

Chi narrerà con copia di particolari gustosi le 
lamentabili fortune del metodo dialettico presso 
gli scolari di Hegel? Uno dialettizzava lo spirito 
come il principio maschile; la natura come il 
principio femminile; la storia come l'unione ma- 
trimoniale. Un altro trovava nel mondo orientale 



(1) Antiduhring, introd., pp. 9-11, o sulla negazione della negazione, 
pp. 137-146. Questo brano si trova anche in italiano in appendice al 
libro del Labriola, Discorrendo di socialismo e di filosofia (Roma, 1897), 
pp. 168-178. 



200 LA CRITICA 

la categoria dell'essere; in quello classico, la 
categoria dell'essenza; e nel mondo moderno, la 
categoria del concetto. Per un altro ancora, l'anti- 
chità era il regno dell'arte; il mondo moderno, 
quello della filosofia; l'avvenire sarebbe stato il 
regno della moralità; e, nell'antichità, Atene si fa- 
ceva corrispondere all'elettricità dinamica, Sparta 
all'elettricità statica, la Macedonia all'elettroma- 
gnetica, la Persia alla luce, Roma al calore espan- 
sivo ed assorbente (*). Queste stupidità s'incon- 
trano a profusione in libri così illustrium come 
óbscurorum virorum; né è a dire che quelle de- 
gli uomini oscuri sieno poi le meno significative. 
I migliori della scuola furon coloro che, non 
sentendosi in grado di superare Hegel o non re- 
putando i tempi maturi da ciò, si restrinsero a 
preservare quasi sacro deposito le dottrine del 
maestro, mettendone in rilievo, i profondi tratti 
di verità, e astenendosi, quasi per un istinto del 
vero, dall' insistere sulle parti scabrose (filosofia 
della natura, filosofia della storia), pur senza rifiu- 
tarle esplicitamente. E costoro mostrarono il loro 
spirito cauto e critico anche col riportare, in certo 



(l) Questi esempii, presi da C. Knapp, da A. v. Ciezcowski, ecc., 
in P. Barth, Oeaehichtsphilosophie Hegels u. d. Hegelìaner, pp. 29, 62. 
Per altri esempii caratteristici, si veda la parte storica della mia 
Estetica, e. XIII. 



E IL PENSIERO DI HEGEL 201 

modo, Hegel alle sue basi kantiane ; facendo con- 
tinuo oggetto della loro disamina la necessità del 
passaggio da Kant ad Hegel. Tali furono Kuno Fi- 
scher in Germania, al quale si deve una lucida 
trascrizione della logica hegeliana (*); Bertrando 
Spaventa, in Italia; lo Stirling, nella Gran Bret- 
tagna (*) ; e parecchi degli scolari, che essi for- 
marono nei tre paesi. Lo Spaventa non superò o 
trasformò Hegel; ma aveva chiaro il presenti- 
mento, che ciò era necessario e doveva accadere, 
e Nei filosofi, — egli avvertiva a questo propo- 
sito, — nei veri filosofi, ci è sempre qualcosa sotto, 
che è più di loro medesimi e di cui essi non hanno 
coséienza; e questo è il germe di una nuova vita. 
Ripetere macchinalmente i filosofi, è soffocare 
questo germe, impedire che si sviluppi e diventi 
un nuovo e più perfetto sistema ( 3 ). » 

Quanto agli avversarli di Hegel, neppur essi fe- 
cero il loro dovere ; e già, se l'avessero fatto, non 
sarebbero stati avversarli, ma discepoli e conti- 
nuatori del suo pensiero. Come i seguaci ad ol- 



(1) Si veda la sua Logik und Metaphysik (1852), specie nella seconda 
ediz. del 1865. 

(2) J. H. Stirling, The secret of Hegel (Londra, 1865): « That secret 
may be indicated at shortest thus: as Aristotle — with considerable 
assistance from Plato — made explicit the abstract uni versai, that was 
implica in Socrates, so Hegel — with lest considerable assistance from 
Fichte and Schelling — made explicit the concrete uni versai, that was 
implicit in Kant » (I, p. XI; cfr. p. 817). 

(3) Prolusione e introduzione cit., pp. 182-183. 



202 LA CRITICA 

tranza conservarono tutta la dialettica, anche 
nelle sue confusioni e false applicazioni, essi la 
rifiutarono tutta; e caddero perciò in un errore 
opposto, ma simile. Mettiamo da parte il bizzarro 
Schopenhauer, che vomitava improperii contro 
Hegel, ma ne discorreva ad orecchio, senza sa- 
perne niente di preciso (*); e, infatti, in quelle 
sue espettorazioni, non esce mai dal generico o 
dall'aneddotico. Herbart, almeno, ben più equili- 
brato, riconosceva in Hegel « uno dei rari uomini 
nati per la speculazione »; e giudicava che la 
filosofia hegeliana, pel gran rilievo che dà alle 
contradizioni onde la realtà si presenta tutta 
piena innanzi al pensiero, costituiva la migliore 
propedeutica alla metafisica! (*). Ma chi legga le 
confutazioni della dialettica hegeliana del Tren- 
delenburg in Germania, del Rosmini in Italia, 
dello Janet in Francia (per nominare solo i più 
importanti), non può non sentirsi preso da un 
senso di diffidenza; come quando ci si accorge che 
un critico si rende troppo facile il suo compito, 
sicché dalle stesse sue parole di condanna e di 
disprezzo s'intravede che nella questione è qual- 



(1) Tale è anche l'opinione dell' antihegeliano R. Hatm, nel suo 
gaggio su Schopenhauer (ristampato in Gesammelte Aufsàtze, Berlino, 
1903: cfr. pp. 330-1). 

(2) Si veda la sua recensione dell'Enciclopédia, in Werke, ed. Har- 
tenstetn, XII, 670, 685. 



E IL PENSIERO DI HEGEL 203 

che cosa di ben più profondo, che il critico non 
ha saputo attingere. Senza dubbio, quei confu- 
tatori ingegnosi mettevano in luce difficoltà, e 
anche, talvolta, errori; ma gli errori non mostra- 
vano poi nella loro genesi vera, come derivanti 
dall'esagerazione di una nuova e grande verità. 
« Confutare una filosofia, — aveva detto per 
l'appunto Hegel, — importa nient'altro che su- 
perarne i limiti, e abbassare il suo principio de- 
terminato sino a farne un momento ideale ( 1 ). » 
Se non che, agli avversarli filosofi successero 
presto, contro Hegel, avversarli barbarici, nelle 
nuove generazioni maturatesi dopo il 1848; le 
quali in Hegel avversavano nient'altro che la 
Filosofia stessa, che egli rappresentava in tutta 
la sua grandiosa asperità: la Filosofia, che è senza 
cuore e senza compassione pei deboli di mente e 
pei neghittosi; la Filosofia, non placabile dalle offe 
del sentimento e della fantasia, né dai cibi leggieri 
della mezza scienza. Hegel era, per coloro, l'om- 
bra invendicata del bisogno speculativo dallo spi- 
rito umano; e un'ombra, che sembrava disposta 
a far da sé, da un momento all'altro, le proprie 
vendette. Di qui l'odio feroce contro Hegel: un 
odio misto di rimorso e di paura, che non è moti- 



(1) Enc., § 86 Zus. 



204 VA CRITICA 

vato di certo dalla conoscenza degli errori del si- 
stema. Hegel aveva osservato che, dopo Fichte, la 
filosofia si era di troppo affinata, e non poteva 
esser più cosa del bel mondo e del pubblico colto, 
come era stata nel secolo XVIII, prima di Kant ( l ). 
Ma il regresso positivistico ridusse a tale stremo 
le menti, da non distinguere più tra sensazione e 
concetto, tra empiria e speculazione. Ora come 
mai, — in questo smarrimento delle distinzioni 
elementarissime, — sarebbe più stato possibile di 
discutere.Hegel, che presuppone la cognizione e 
risoluzione dei problemi elementari filosofici, e 
si aggira col suo pensiero nelle questioni ultime 
e più squisite, respira e vive sulle cime più alte? 
Guardare ad Hegel in siffatte condizioni, era lo 
stesso che svegliare in sé la coscienza dolorosa 
dell'impotenza, con le sue agitazioni e irritazioni, 
e con le sue feroci condanne delle gioie che non 
è dato gustare. 

Per fortuna, ai giorni nostri le disposizioni 
degli animi sono mutate in meglio: più favore- 
voli alla filosofia in genere, più favorevoli allo 
stesso Hegel. Noi cominciamo ora ad avere una fi- 
losofia dell' arte e del linguaggio, una teoria della 
storia, una gnoseologia delle discipline matemati- 
che e naturalistiche, che rendono impossibile il 



(1) Gesch. d. Phil. », m, 577-8. 



E IL PENSIÈRO DI HEGEL 205 

risorgere di quegli errori, nei quali Hegel s'impi- 
gliò. In particolare, il vecchio concetto di natura, 
ereditato dalla scienza e filosofia del secolo XVII, 
è in dissolvimento: diventa ogni giorno più chiaro 
come la natura, nel suo concetto, sia un prodotto 
della praxis dell'uomo, il quale, solo allorché di- 
mentica per qual modo vi è pervenuto, se la trova 
di fronte come qualcosa di estraneo, che lo atter- 
risce con l'aspetto di mistero impenetrabile. D'al- 
tra parte, rinasce dappertutto un certo romanti- 
cismo filosofico, che è una condizione (benché 
nient'altro che una condizione) per bene intendere 
Hegel e tutti i filosofi del suo periodo; e si sospira 
daccapo pel misticismo e pel sapere immediato, 
al modo di JaGobi ; e si pone daccapo il vecchio 
ideale schellinghiano di una contemplazione este- 
tica, che dia allo spirito, assetato di verità e di con- 
cretezza, quel che la scienza (naturalistica) non 
può dare. Cosi, uno degli scrittori, che si collegano 
a questo movimento, il Bergson, propugna come 
metafisica dell'assoluto una conoscenza intuitiva, 
« qui s' installe dans le mouvement et adopte la 
vie mème des choses » (*). E non era questa per 
l'appunto l'esigenza di Hegel, il suo punto di par- 
tenza: — trovare una forma mentale, che sia mo- 
bile come il movimento; che partecipi della vita 



(1) Introduction à la rnétaphysique, in Revu* de métaph. et de mO' 
rale, XI, p. 29. 



206 LA CRITICA 

delle cose; che tasti « il polso alla realtà », e ri- 
produca mentalmente il ritmo dello svolgimento, 
senza spezzarlo, irrigidirlo e falsificarlo? 

Ma, per Hegel, tale veduta era solo un punto di 
partenza; e non già una conclusione, come per 
lo scrittore ora ricordato e per gli altri del suo 
indirizzo. La rinunzia al pensiero si sarebbe a lui 
chiesta invano. E aver mostrato che Y esigenza 
della conoscenza concreta si soddisfa nella forma 
del pensiero, è il suo alto merito, la sua immor- 
tale scoperta. Di qui la necessità di studiare He- 
gel criticamente, isolandone gli elementi vivi e 
vitali da quelli morti. La coscienza moderna non 
può né accettar tutto Hegel, né tutto rifiutarlo, 
come si soleva cinquantanni fa: essa si trova, 
verso di lui, nella condizione del poeta romano 
verso la sua donna: nec tecum vivere possum, 
nec sine te. Questa revisione critica dell'hege- 
lismo non par che si possa ora averla dalla sua 
patria tedesca: tanto dimentica del suo gran figlio, 
che non ne ha più nemmeno ristampate le opere; 
e che pronunzia di frequente intorno a lui giudizii, 
i quali fanno stupire noi di questo estremo lembo 
d'Italia, che non siamo riusciti mai a dimenticarlo 
del tutto, e l'abbiamo, in qualche modo, fatto no- 
stro, ricongiungendolo, come fratello, al nolano 
Bruno e al partenopeo Vico. Assai più importanti 



E IL PENSIERO DI HEGEL 207 

degli studii tedeschi sono, intorno all'hegelismo, 
quelli che si vanno compiendo, da oltre un tren- 
tennio, in Inghilterra ; dove l'opera dello Stirling 
è stata assai feconda, e dove Hegel è esposto con 
chiarezza, interpetrato con verità, criticato con ri- 
verenza e libertà mentale. In ricambio, lo spirito 
possente di Giorgio Hegel ha svegliato per la pri- 
ma volta a vita speculativa le menti degli inglesi, 
che sono stati per secoli i fornitori mondiali della 
filosofia empirica, e che ancora nel secolo XIX 
sembravano non poter dare altri maggiori filosofi 
che gli Stuart Mill e gli Spencer. 

Se alcuno ora mi domandasse se bisogni es- 
sere o no hegeliano, e se io sono hegeliano, po- 
trei, dopo tutto ciò che ho detto, dispensarmi 
dalla risposta. Pure, voglio qui, per giunta, dare 
la desiderata risposta, quasi corollario. Io sono, 
e credo che bisogni essere, hegeliano ; ma nello 
stesso senso in cui chiunque abbia ai tempi no- 
stri mente e coltura filosofica è, e si sente, tut- 
t'insieme, eleatico, eracliteo, socratico, plato- 
nico, aristotelico, stoico, scettico, neoplatonico, 
cristiano, buddista, cartesiano, spinozista, leib- 
niziano, vichiano, kantiano; e via dicendo. Nel 
senso cioè, che ogni pensatore, e ogni movimento 
storico di pensiero, non può esser passato senza 
frutto, senza deporre un elemento di verità, che 



206 LA CRITICA 

fa parte, consapevole o no, del pensiero vivo e 
moderno. Hegeliano, nel significato di seguace 
servile e pedissequo, che professi di accettare 
ogni parola del maestro, o di settario religioso 
che consideri peccato il dissentire, nessuna per- 
sona sennata vorrà essere; e neppur io. Hegel, . 
insomma, ha anch'egli scoperto la sua parte di ve- 
rità; e questa parte bisogna riconoscere e far va- 
lere: ecco tutto. Se ciò non accadrà ora, poco 
male. « L'Idea non ha fretta » , come Hegel amava 
ripetere. Alla stessa verità si dovrà giungere, una 
volta o l'altra, per diversa via; e, senza essersi 
giovati dell'aiuto diretto di Hegel, si dovrà poi, 
guardando indietro alla storia del pensiero, procla- 
marlo, con molti gesti di meraviglia, precursore. 
Ma la prima condizione per risolversi ad ac- 
cogliere o a rifiutare le dottrine, che Hegel pro- 
pone, è, — pur troppo, son costretto a ricordare 
cosa, che piacerebbe sottintendere, — leggere i 
suoi libri: cessando dallo spettacolo, tra comico e 
disgustevole, di accusare e ingiuriare un filosofo, 
che^jQLQfi ^si c onosce; di battagliare stoltamente 
contro un fantoccio ridicolo, foggiato dalla pro- 
pria immaginazione sotto l'impulso, tutt'altro che 
nobile, della pigrizia mentale. 

Fine. 



SAGGIO 



DI UNA 



BIBLIOGRAFIA HEGELIANA (*) 



(*) Le più ampie bibliografie, <.,hc si abbiano finora di Hegel, son 
quelle contenute nel GrundrissP dell'UebcrwegrlIcinze, IV, pp. 49 51; 
e nel Dìctionm-y of philosophy and psycholoyy, edito dal Baldwin, 
(voi. Ili, parte I: BibUogi-aphy of philosophy, ecc., compilata da B. lland, 
New-York, 1005), pp. 243 249. 



Parte Prima. 
OPERE DI HEGEL 



I. 

Pubblicate dall'A. 

A. 

Opere capitali. 

1. System der Wissenschaft. Erster Theil, die Phd- 
nomenólogie des Geistes (Bamberg u. Wiirzburg, bey 
Joseph Anton Goebhardt, 1807). 

2. Wissenschaft der Logik. Erster Theil : die objek- 
tive Logik. Erste Abtheilung: die Lehre vom Sein. 
Zweite Abtheilung : die Lehre vom Wesen (Niirnberg, 
1812). Zweiter Theil: die svhjektive Logik oder die 
Lehre vom Begriff (ivi, 1816). 

3. Encyklopttdie der philosophisclien Wissenschaften 

im Grundrisse. Zum Gebrauch seiner Vorlesungen 

(Heidelberg, Osswald, 1817). 

La seconda edizione fu pubblicata ivi, 1827, e può dirsi 
del tutto rifatta e grandemente ampliata : tanto che, lad- 
dove la prima contava pp. XVT-228, la seconda ne conta 
XLII-534. La terza edizione, anche ampliata, fu pubbli- 
cata, come le precedenti, ad Heidelberg, Osswald (Win- 
ter),1830 (pp.LVHI-600). 



212 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

4. Qrundlinien der Philosophie des Rechts oder 
Naturphilosophie und Staatswissenschaft im Grund- 
risse (Berlin, 1821). 



Opuscoli. 

5. Differem der Fichte'schen und Schelling' schen 
Systems der Philosophie in Beziehung auf Reiriholds 
BeitrOge zur leichteren Uèbersicht des Zustandes der 
Philosophie bei dem Anfange des neunzehnten Jahr- 
hunderts Erstes Heft (Jena, in der akademischen 
Buchhandlung bei Seidler, 1801). 

La pref. ha la data del luglio 1801. 

6. Dissertatio philosophica de Orbitis planetarnm. 
Pro venia legendi (Jenae, 1801). 

L'abilitazione ebbe luogo il 27 agosto 1801. 

e. 

Articoli e recensioni. 

7. Ueber das Wesen der philosophischen Kritik uber- 
hauptund ihr Verhàltniss zum gegeniotirtigen Zustand 
der Philosophie insbesondere (inserito nel Kritischès 
Journal der Philosophie, hg. von Fr. Wilh. Jos. Schel- 
ling n. G. Wilh. Fr. Hegel, Tubingen, in der J. G. 
Cottaschen Buchhandlung, 1802-1803; voi. I, f. I). 

8. Wle dergemeine Menschenver stand die Philosophie 
nehme, dargestéllt an den Werken des Herrn Krugs 
(ivi, voi. I, f. I). 



P. I. OPERE DI HEGEL 213 

9. Verhàltniss des Skeptizismus zur Philosophie, 
Z>arstellung seiner verschiedenen Modiflkationen und 

Vergleich des neuesten mit dem alten (ivi, voi. I, f. II). 

9.* Ueber das Verhàltniss der Naturphilosophie zur 

Philosophie iìherhaupt (ivi, voi. I, f. III). 

Si è disputato se questo scritto sia di Schelling o di H. 
Si vedano, tra gli altri, C. L. Michelet, Schelling und H. 
oder Beweis der Aechtheit der Abhandlung, eoe. (Berlin, 
1839); A. Schmid, Entwicklungsgeschichte d. hegels. Logik, 
pp. 29-30; R. Haym, H., p. 395; e, in riassunto, K. Fischer, 
H* Leben u. Werke, pp. 202-3. Ma pare, in verità, che 
sia lavoro della penna di Schelling. 

10. Glauben und Wissen: die Reflexionsphilosophie 
der Siibjectivitttt in der Vollstàndigkelt ihrer Formen 
als Kantische, Jaeobische und Fichtesche Philosophie 
(ivi, voi. II, f. I). 

11. Ueber die wissenschaftlichen Behandlungsarten 
des Naturrechts, seine Stelle in der praktischen Phi- 
losophie und sein Verhàltniss zu den positiven Rechts- 
wìssenschaften (ivi, voi. II, f. II-III). 

. 12. Ueber Fr. Jacobis Werke, dritter Band, Leipzig, 

Fleischer, 1816 (recens. negli Heidelberger Jahrbil- 

cher der Litteratur, 1817). 

13. Beurtheilung der ira Druck erschienenen Ver- 

handlungen in der Versammlung der Landstà'nde des 

KOnigreichs Wurttemberg in denJahren 1815 und 1816. 

Abtheilung I-XXXIII (ivi, 1817, n. 66-8, 73-7). 

L'H. aveva diretto (1807-8) la Barnberger Zeitung ; ma 
in quel giornale non si trova nessuno scritto di lui, che 
abbia carattere originale o sia in qualche modo notevole : 
cfr. Haym, o. e, p. 270 sgg., 505; e K. Fischer, o. e, p. 74. 



214 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

14. Recensione di: Wilh. Humboldt, Uéber die unter 
dem Nainen Bhagavad-Gita bekannte Episode des Ma- 
habarata, Berlin, 1826 (nei Jahrbilcher filr wissen- 
schafU. Kritik, 1827). 

15. Recens. di: Solger, Nachgelassene Schriften 
u?id Briefwechsél, hg. v. L. Tieck n. Fr. v. Raumer 
(ivi, 1828). 

16. Recens. di: Hamann, Schriften, hg. v. F. Roth, 
Berlin, 1821-5 (ivi, 1828). 

17. Recens. di: K.- F. G... 1 [Gflschel], Aphorisme?i 
iiber Nichtwissen und absolutes Wissen ira Verhdltniss 
zur christlichen Glaubenserkenntniss (ivi, 1829). 

18. Recens. del libro: Uéber die hegelsche Lehre oder 
absolutes Wissen und moderner Pantheismus, Leipzig, 
1829 (ivi, -1829). 

19. Recens. di: K. C. Schubarth u. L. Carganico, 
Ueber Philosophie Uberhaupt und Hegels Encyklopddie 
d. phil. Wiss. insbesondere, Ein Beitrag zur Beur- 
theilung der letzeren, Berlin, 1829 (ivi, 1829). 

20. Recens. di: A. L. J. Ohlert, Der Idealrealismus, 
erster Theil (ivi, 1831). 

21. Recens. di: J. G5rres, Uéber die Grrundlage, 
Oliederung und Zeitenfolge der Weltgeschichte, drei 
Vortràge (ivi, 1831). 

22. Ueber die englische Reformbill (nella Allgemeinè 
preussische Staatszeitung, 1831). 



P.. I. OPERE DI HEGEL 215 

D. 

Varia. 

23. Prefazione al libro di Hinrichs, Die Religion 
im inneren VerMltnisse zur Wissenschaft (Heidel- 
berg, 1822). 

II. 

Edizione completa delle opere,, 
e ristampe parziali di queste. 

Questa edizione, che è sempre Tunica raccolta che si 
abbia delle opere complete di H., reca due frontespizii, 
in uno dei quali è il titolo generale : — Georg Wilhelm 
Friedrich Hegel' s WerJee. Vollstandige Ausgabe durch ei- 
nen Verein von Freunden des Verewigten: D. Ph. Mar- 
heinecke, D. J. Schulze, D. Ed. Gans, D. Lp. v. Hen- 
ning, D. H. Hotho, D. K. Michelet, D. F. Forster; — e 
il numero progressivo del volume. Con raggiunta della 
Propàdeutik, edita dal Rosenkranz, e del Carteggio, edito 
da K. Hegel, la raccolta novera 19 tomi, divisi in 23 volumi. 

Fu pubblicata a Berlino, dalla casa Duncker ed Humblot, 
dal 1832 al 1845 in prima edizione: fuorché la raccolta com- 
pleta del Carteggio, che è del 1887. Il primo volume reca 
il privilegio e l'elenco dei sottoscrittori (pp. I - XXX). 

Nel febbraio 1840 fu diramato il manifesto per la ri- 
stampa di parecchi volumi già esauriti. 

I. Phitosophische Abliandlungen, hg. v. K. L. Mi- 
chelet (1832). 

Comprende gli scritti da noi segnati ai nn. 5, 9*, 10, 11. — 
L'avvertenza del M. ha la data del 3 settembre 1832. La 
seconda edizione è del 1845. 



216 BIBLIOGRAFIA. HEGELIANA 

IL Die PhtlnomenoZogie des Geistes, h. v. J. Schulze 

(1832). 

H. aveva riveduto l'opera per la ristampa fino a pa : 
gina XXXVII della vecchia edizione 1^p. 25 della nuova). 
L'aw. dell'editore ha la data del 29 novembre 1832. La 
seconda edizione di questa ristampa è del 1841. 

III-V. Wissenschaft der Logik, hg. v. L. Henning 

(1834). 

Anche quest'opera era stata riveduta in parte dall' a. 
per la ristampa, cioè tutto il primo volume; e ne era stata 
scritta la nuova prefaz. con la data del 7 novembre 1831 . — 
Della ristampa del v. H. si ha una zweite unverànderte 
Auflage del 1841. 

VI- VII, 1-2. Encyklopàdie der philosophischen Wis- 
senschaften ira Orundrisse. 

— Erster Theil. Die Logik, herausgegeben und 
nach Anleitung der vom Verfasser gehaltenen Vor- 
lesungen mit Erklarungen und Zusàtzen versehen 
von D. r Leopold von Henning (1840). 

— Zweiter Theil. Vorlesungen iiber die Naturphi- 
losophie, hg. v. D. Cari Ludwig Michelet (1842). 

— Dritter Theil. Die Philosophie des Oeistes, hg. 
v. D. Ludwig Bouinann (1845). 

Questa ristampa dell' Enciclopedia, — che, oltre le An- 
merkungeriy messe da H. alle ultime edizioni del 1827 e 
1830, ha una lunga serie di aggiunte (Zustitze), tolte dai 
quaderni di H. e dalle trascrizioni dei corsi fatte dagli 
scolari, — si suol chiamarla la grande Enciclopedia; per- 
chè, infatti, l'opera di H. è stata cosi portata quasi al 
triplo della estensione, che aveva nell'edizione del 1830. 
Alla Logica è unito anche il discorso inaugurale, tenuto 
da H. all'università di Berlino nel 1818. - 



P. I. OPERE DI HEGEL 217 

Della grande Enciclopedia, furono ristampate la Logik 
nel 1843, e, nel 1847, la Naturphilosophie, in una « zweite 
verbesserte Auflage ». 

L'eccessiva estensione, presa dall' Enciclopedia in que- 
sta forma, fece sorgere il desiderio di riaverla nella forma 
ultima, in cui l'aveva lasciata l'autore. Questo desiderio 
fu soddisfatto dal Rosenkranz, che ristampò l'edizione del 
1830 in una « vierte (senza contare cioè quella della grande 
Enciclopedia) unverànderte Auflage mit einem Vorwort » 
(Berlin, Duncker und Humblot, 1845). 

Lo stesso Rosenkranz riprodusse questa edizione nella 
Philosophische BibliotheJc, hg. v. J. H. v. Kirchmann, vo- 
lume 33: « mit Einleitung und Erlàuterungen » (Berlin, 
Heimann, 1870): le Erlàuterungen seguono in uno spe- 
ciale volumetto (voi. 34), di pp. 152. — Di questa edi- 
zione si ebbe una ristampa nel 1878. 

Finalmente, nel passato anno, nella nuova edizione che 
si va facendo della Philosophische BibliotheJc, nel voi. 33, 
è ricomparsa V Enciclopedia : « in zweiter (sic) Auflage 
neu herausgegeben von Georg Lasson, Pastor an s. Bar- 
tholomaus, Berlin (Leipzig, Verlag von der Diirr 'schen 
Buchhandlung, 1905, 8°, pp. LXXVI-522). Questa edi- 
zione, — che reca anche il confronto del testo del 1830 
con quello del 1827, — è ora la migliore di tutte. Vi è 
aggiunto, come nella grande Enciclopedìa, il discorso 
del 1818. 

Si desidera sempre una ristampa dell' Enciclopedia, 
nella concisa forma originaria, che ha nell'edizione, or- 
mai rara, del 1817. 

La Logik della grande Enciclopedia, con l'aggiunta del 
1° capitolo della Naturphilosophie, è stata ristampata da 
G. J. P. J. Bolland, prof, di filos. nell'univ. di Leyden 
(Leyden, A. H.' Adriani, 1899). 

Villi Grrundlinien der Philosophie des Rechts oder 
Nattirrecht und Staatsicissenschaft im Grundrisse, 
hg. v. E. Gans (1833). 



218 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

Contiene circa 200 aggiunte (ZusUtee), rispetto all'edi- 
zione del 1821. La ristampa ebbe una seconda edizione 
nel 1840. 

IX. Vorlesungen iiber die Philosophie der Geschi- 

chte, hg. von E. Gans (1837). 

Questo e i seguenti volumi di Vorlesungen (lezioni) fu- 
rono condotti sui quaderni di H. e degli scolari. — La 
seconda edizione della Philosophie der Geschichte, con 
molte modificazioni, fu fatta nel 1840 e curata da Karl 
Hegel; se ne ebbe anche una terza edizione, nel 1848. 

X. 1-3. Vorlesungen iiber die Aesthetik, hg. v. D. 
H. G. Hotho (1835-1838). 

Furono ristampate nel 1842-3. 

XI-XII. Vorlesungen iiber die Philosophie der Re- 

ligion nebst eine Schrift iiber die Beweise vom Daseyn 

Gottes, hg. v. D. Ph. Marheinecke (1832). 

La seconda edizione « verbesserte » , 1840. Recentemente 
se ne è avuta una ristampa : « mit einem Kommentar hg*. 
v. Boi land » (Leiden, 1901); e un compendio: Hegels Re- 
ligionsphilosojyhie in gelcUrzter Form, mit Einfuhrung, An- 
merkungen und Erlauterungen, hg. v. A. Drews (Jena, 
1905). 

XIII-XV. Vorlesungen iiber die Geschichte der Phi- 
losophie, hg. v. C. L. Michelet (1833-1836). 

Se ne ebbe una seconda edizione « verbesserte », nel 
1840-44. 

XVI-XVII. Vermischte Schriften. hg. v. D. Fr. For- 
ster u. D. Ludw. Bouinann (1834-1835). 

Il primo volume contiene gli scritti da noi segnati ai 
nn. 6, 7, 8, 9, 13, 14, 15; più cinque Gymnasial-Reden, 
tenuti a Norimberga (1809-1815;. 

Si noti che in questo volume è compresa una recen- 
sione: Ueber Fr. Jacobi's Werke, Erster Band, pubbli- 



P. I. OPERE DI HEGEL 219 

cata negli Heidelberger Jahrbileher d. Litter., che non è 
di H., ma di E. v. Meyer: cfr. K. Fischer, o. e, p. 1169. 

Il secondo volume contiene : 1°) gli scritti da noi se- 
gnati ai nn. 12, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 23; 2°) tre discorsi 
latini tenuti ail'univ. di Berlino; 3°) alcuni scritti di ca- 
rattere ufficiale ; 4°) € Aufsatze vermischten Inhalts » ; e 
5°) una serie di lettere (pp. 4*71-634). 

Gli scritti- composti per occasioni ufficiali concernono : 
1°) Uéber den Vortrag der philosophischen Vorbereitungs- 
wissenschaften auf Ggmnasien ; 2°) Uéber den Vortrag der 
Philosophie auf Universitàten: 3°) Ueber den Unterricht 
in der Philosophie auf Gymnasien; 4°) Ueber die Erri- 
chtung einer kritischen Zeitschrift. 

Gli « Aufs&tze » comprendono : 1°) Maximen des Jour- 
nals der deutschen Literatur (1806); 2°) Wer denlct ab- 
sh-aktf; 3°) Ueber Lessings BriefwecJisel mit seiner Frau; 
4°) Ueber Wallenstein; 5°, Ueber die Belcéhrten; e 6°) lo 
scritto da noi segnato al n. 22: Ueber die englische Re- 
form-Billy che è qui pubblicato completo anche della 
parte rimasta inedita. 

Alle recensioni già segnate ai nn. 18-19, sono unite le 
recensioni inedite di altre tre opere, per le quali vedi più 
sotto, Parte II, i, B, nn. 3-5. 

XVIII. Philosophische Propddeutik, hg. v. K. Eo- 
senkranz (1840). 

Cfr. su questa propedeutica, scritta da H. pel ginnasio 
di Norimberga, K. Fischer, o. e, p. 82. 

XIX. 1-2. Briefe vpn und an Hegel, hg. von Karl 

Hegel (Leipzig, Duncker und Humblot, 1887). 

Le lettere sono divise in tre sezioni: 1°) Stuttgart, 
Bern, Frankfurt a. M., Jena (1785 al marzo 1807); 2°) 
Bamberg, Niimberg (aprile 1807 all'ottobre 1816) ; 3°) Hei- 
delberg, Berlin (1817-1831). — In appendice al volume 
secondo, pp. 377-383, Ueber H.* Tod und die Herausgabe 
seiner Werke aus Briefen seiner Wittwe ;j)j). 383-390, Cou- 
sin, Schelling und H. 



220 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

Vi sono comprese le lettere già edite nel voi. XVII. 
— Ma di altre lettere, sparsamente pubblicate, è data, 
in questa raccolta, la sola indicazione al posto relativo 
nella serie cronologica, dei libri in cui sono inserite. 



III. 
Scritti sparsamente pubblicati. 

1. In appendice aWIIegels Leben del Rosenkranz 
(v. più sotto), pp. 431-566, sono pubblicati scritti 
varii di II. Oltre alcuni lavori del tempo del ginna- 
sio, vi si trovano : 1) Fragment zur Kritik der Theo- 
logie, e Thesen d. theolog. Dissertation; 2) Tagébuch 
der Reise in die Berner Oberalpen, 1796 ; 3) Fragmente 
tlieologischer Studien; 4) Fragmente historischer Stu- 
dien; 5) Begriff der Positivitàt der BeligUm, 1800; 
6) Aphorismen aus der Jenenser und Berliner Pe- 
riode. Nel testo della vita, il R. inserisce brani di 
altri scritti, e specialmente del System der Sittlieh- 
keit (1802), primo abbozzo del sistema hegeliano. 

2. Pagine inedite di H. si trovano anche in Haym, 
H. u. seine Zeit, inserite nelle Anmerkungen, in fondo 
al volume (pp. 471-512). 

3. Kritik der Verfassung Deutschlands, hg. v. D. r 
Georg Mollat (Cassel, Verlag v. Th. G. Fischer u. C, 
1893, vii-143). 

4. System der Sittlichkeit, aus dem handschriftli- 
chen Nachlasse des Verfassers, hg. v. D. r Georg 
Mollat (Osterwieck-Harz, A. W. Zieckfeldt, 1893). 



P. I. OPERE DI HEGEL , 221 

Contiene i brani del System, non pubblicati dal Ro- 
senkranz. 

5. Per la corrispondenza tra H. e Cousin, si veda 
J. Barthélemy-Saint Hilaire, M. V. Cousin, sa vie et sa 
correspondance (Paris, Hachette e Alcan, 1895, 3 voli.). 

I mss. di H. si trovano nella R. Biblioteca di Berlino; 
e non sono stati ancora esplorati compiutamente e me- 
todicamente. 

IV. 
Antologie. 

1. C. Frantz u. A. Hillert, Hegels Philosophie in 
wòrtliehen Ausziigen. Fùr Gebildete aus dessen Wer- 
ken zusammengestellt und mit einer Einleitung hé- 
rausgegeben (Berlin, Duncker u. Humblot, 1843). 

2. Gust. Thaulow, Hegels Ansichten uber Erziehmig 
und Unterricht, aus H. 8 sàmmtlichen Schriffcen ge- 
sammelt und systematisch geordnet (Kiel, 1853-4). 
Tre voli., in 4 tomi. 

3. Hegels Gotteslehre und Gottesfurcht (Leipzig, 
1846). 

4. M. Schasler, H.: Popul&re Gedanken aus seinen 

Werken (Berlin, 1870, 2* ed. 1873). 

Anche di Adolph Lasson ho trovato citato: H.: Popu- 
Icire Gedanken aus seinen Werken zusammengestellt (Ber- 
lin, 1870). Ma sarà un equivoco con la raccolta dello 
Schasler. 



222 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

V. 

Traduzioni. 

A. 
Italiane. 

1. Filosofia della storia del mondo antico, trad. da 
G. B. Passerini (Capolago, 1841). 

2. Filosofia del dritto, tradotta dall'originale tede- 
sco da Antonio Turchiarulo (Napoli, Fibreno, 1848). 

3. La fenomenologia dello spirito, ordinata da Gio- 
vanni Schulze, tradotta da A. Novelli (Napoli, Rossi 
Romano, 1863). 

Del traduttore di questo, come degli altri dieci voli., di 
cui segue l' indicazione, non trovo notizia se non in uno 
zibaldone di un V. Pagano, Galluppi e la filosofia italiana 
(Napoli, Regina, 1897), pp. 115-116; dove si dice che il tra- 
duttore di H. si chiamava Alessandro Novelli, era prete, 
nativo del Molise, e scrisse un'Enciclopedia filosofica. 

Costui, in pochi anni, tradusse in italiano, delle opere 
di H., quanto non se ne è tradotto mai in nessun'altra 
lingua. La Fenomenologia dello spirito, per esempio, non 
è stata mai tradotta né in francese né in inglese -, e non 
ve ne ha se non questa traduzione del N. La quale, per 
altro, è semplicemente scellerata. 

La Fenomenologia dello spirito fu presa a tradurre in 
italiano anche da S. Spaventa, quando era ancora nel- 
l'ergastolo di Santo Stefano, forse intorno al 1857. Una 
parte del manoscritto dello Spaventa si conserva nella 
biblioteca della Società Storica Napoletana. 



P. I. OPERE DI HEGEL 223 

4. La logica, con illustrazioni di L. di Henning, 
tradotta da A. Novelli (ivi, 1863). 

5. La filosofia detla natura, con illustrazioni di 
Carlo Ludovico Michelet, trad. dall' originale per 
A. Novelli (ivi, 1864). Due voli. 

6. La filosofia dello spirito, illustrata da Ludovico 
Boumann, traduzione dall'originale per A. Novelli 
(ivi, 1863). 

7. Filosofia del diritto, ossia il diritto di natura e la 
scienza della politica, con illustraz. ni di Eduardo Gans, 
traduzione dall'originale per A. Novelli (ivi, 1863). 

8. Filosofia della storia, ordinata da Eduardo Gans, 
3 a edizione fatta per cura di C. Hegel, traduzione 
dall'originale per A. Novelli (ivi, 1864). 

9. Estetica, ordinata da H. G. Hotho, traduzione 
dall'originale per A. Novelli (ivi, 1864). Quattro voli. 

10. Spemere omnia!, dal tedesco di G. G. F. Hegel, 
traduzione di Vittorio Imbriani (néìl'Epomeo, strenna 
pei danneggiati d'Ischia, Napoli, 1883). 

11. Enciclopedia delle scienze filosofiche in compen- 
dio, tradotta da B. Croce (Bari, Laterza, 1907). 

E il primo volume dei Classici della filosofia moderna, 
collana di testi e traduzioni italiane a cura di B. Croce 
e G. Gentile. '— Per V Enciclopedia è seguita l'edizione 
Lasson; e vi è premessa (pp. V-XXVI) un'introduzione 
del traduttore sulla storia esterna dell'opera. Per la stessa 
collezione si annunziano la traduzione della Fenomeno- 
logia dello spirito, e di due volumi di scritti varii e pa- 
gine scelte di Hegel. 



224 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

B. 
Francesi. 

1. Cours d'esihètique, analisé et traduit par Char- 
les Bénard (Paris e Nancy, editori Joubert, Hachette 
e Aimo André, 1840-1852). Cinque voli. 

Se ne ha una ristampa: YEsthétique (Paris, Germer Bail- 
lière, 1875; due voli.); ed anche si ha, da parte, La poé- 
tique, avec extraits de Schiller, Goethe, Jean Paul, etc. 
(Paris, Ladrange, 1855; due voli.) 

2. La logiqite subjective de H., traduite par H. Slo- 
man et J. Wallon, suivie de quelques remarques par 
IL Sloman (Paris, Ladrange, 1854). 

3. Logiquc de H., traduite pour la première fois 
et accompagnée d'une introduction et d'un commen- 
taire perpétuel par A. Véra, docteur ès lettres de la 
Faculté de Paris, ancien professeur de philosophie 
do l'université de France (Paris, Ladrange, 1859). 
Due voli. 

Oltre la pref. e l'introd. del trad. (pp. I-VII, 1-159), 
contiene il discorso inaugurale del 1818, e la prefazione 
alla seconda edizione dell' Enciclopedia. 

Il Vera fece una seconda edizione della sua traduzione, 
assai più corretta della prima, e con tutti i Zustitee del- 
l'edizione del v. Henning: « deuxième édition, revue et 
corrigée » (Paris, Germer Baillière, 1874; due voli.). 

4. Philosophie de la nature de H., traduite pour 
la première fois et accompagnée d'une introduction 
et d'un conimeli taire perpétuel par A. Véra, docteur 
ès lettres etc, professeur de philosophie à l'univer- 
sité de Naples (Paris, Ladrange, 1863-66). Tre voli. 



P. I. OPERE DI HEGEL 225 

5. Philosophie de l'esprit de H., traduite pour la 
première fois et accompagnée de deux introductions 
et d'un eominentaire perpétuel par A. Véra, etc. 
(Paris, Germer Baillière, 1867-69). Due voli. 

6. Philosophie de la réligion de H. } traduite par 

A. Véra, etc. (ivi, 1876-8, non completa). Due voli. 

Vedi su questa trad. K. Mariano, A. Vera (in Uomini 
e idee, Firenze, Barbèra, 1905), p. 300. 

a 

Inglesi. 

1. The subjective logie (London, Chapman, 1855). 
E l'edizione inglese dell'opuscolo notato in B., 2. 

2. Philosophy of the right: a summary, transl. by 
T. C. Sanders (London, 1855). 

3. Lectures on the philosophy of history, transl. by 
J. Sibree, 1857 (2 a . ed., London, 1881). 

4. Traduzione di parte della Wissenschaft der Lo- 
gik e di parte della logica dell'Enciclopedia, in J. H. 
Stirling, The secret of H. (v. più sotto): voi. I, 320- 
465, First sectiòn, Quality; II, 1-234, comento; il 
passaggio dalla qualità alla quantità, trad. dall'En- 
ciclopedia, II, 235-261; sommario, traduzione e co- 
mento della 2 a sezione della Wissenschaft d. Log., 
sulla Quantity, II, 262-397. 

5. The logie of H., translated from the Encyclo- 
paedia of the philosophical sciences by William Wal 
lace (Oxford, 1874). 



15 



226 BrBLIOGBAFIA HEGELIANA 

Ve ne ha una « second editi on,revised and augmented » 
(Oxford, at the Clarendon Press, 1892). È preceduta da 
una : Bibliographical notice on the three editions and three 
prefaces of the Encyclopaedia 

L' introduzione alla prima edizione è diventata in questa 
seconda edizione uno speciale volume di Prólegomena to 
the study of Hegels philosophy and espeeially of his logie 
(ivi, 1894). 

6. Introductlon to Hegels philosophy of fine art, 
transl. by Bernard Bosanquet (London, 1886). 

7. The philosophy of art, an introduction to the 

scientific study of aesthetics, translated from the ger- 

man, by W. Hastie (Edinburgh, 1886). 

Vi è unita la filosofia dell'arte di C. L. Michelet. — Una 
traduzione della seconda parte delle Vorlesungen iiber 
Aesthetik fu fatta dal Bryant, e pubblicata a New- York, 
Appleton e C. : vedi anche più sotto al n. 12. 

8. Lectures on the history of philosophy, transl. by 
E. G. Haldane (London, 1892-1896). 

9. The philosophy ofmind, with five introductory 
essays, by W. Wallace (Oxford, 1894). 

10. Philosophy of right, transl. by S. W. Dyde 
(London, 1896). 

11. Lectures on the philosophy of religion, transl. 
by E. B. Spiers and J. B. Sanderson (London, 1895). 
Tre voli. 

12. Nel Journal of speculative philosophy, fondato 
a St.-Louis da W. T. Harris (1867-1879, poi dal 1880 
a New York), sono tradotte moltissime parti delle 
opere di H. D&W Estetica, I-III, trad. dalP esposizione 
di Bénard, fatta da J. A. JMarling; V-VII, Philosophy 



P. I. OPERE DI HEGEL 227 

of art-chivalry, by S.A. Longwell; XI-XII, Symbolical 
art, by W. M. Briant; XII, Classical art e Romantic 
art, dallo stesso; XVI, Symbolism of the sublime, 
transl. by J. H. Stirling. Dalla Fenomenologia, II, 
brani tradotti da W. T. Harris. Dalla Logica, brani 
varii, II; primi principi, III. Dalla Propedeutica, IV. 
Dalla Storia della filosofia, brani su Platone, IV, su 
Aristotile, V, su J. Bòhme, XII, su Bruno, XX. Dalla 
Filosofia della religione, brani varii, XV-XXI. Dalla 
Filosofia del diritto, brani, XVI. — Oltre i già men- 
zionati, sono fra i traduttori anche Soldan e Mead. 



Parte Seconda. 
LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 



L 

Letteratura tedesca. 

A. 

Biografìa. 

1. Karl Rosenkranz, G. W. F. H.* Leben, be- 

schrieben (durch K. R.) als Supplement zu H. 8 Werke 

(Berlin, Duncker u. Humblot, 1844). 

Si vedano anche Rosenkranz, Aus H.* Leben (nel Li- 
terarisch-historisch. Taschenbuch, di Prutz, a. 1844, ed 
a parte, Lipsia, 1845); Lochner, H. in Nilrnberg seit 1808, 
Sendschreiben an Prof. Rosenkranz (nel Nilrnberger Ku- 
rier, feuill., a. 1844, nn. 216-218); Stahr, H. als Politiker, 
Bericht iiber H. s Leben von Rosenkranz, nei Jàhrbiicher 
des Gegenwart, hg. v. Schwegler, a. 1844, pp. 945-971). 

2. Kuno Fischer, H.* Leben, Werke una Lehre (Hei- 
delberg, Winter, 1901). 

È un voli, in due parti, di pp. 1192; e forma il volume 
Vili della Geschichte der neueren Philosophie di Kuno Fi- 
scher, Jvbilàums - Ausgabe. 

3. J. Klaiber, Holderlin, H. und Schelling in ihren 
schwàbiscTien Jugendjdhren (Stuttgart, 1877). 

4. Acten den hundertjdhrigen Qeburtstag H.* betref- 
fend, hg. von Dr. G. Thaulow, ord. prof. d. Philos. 



230 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

an d. Univ. zu Kiel (Kiel, Universit&tsbuchhandlung, 

1870-72). 

5. Uebergabe der Hegel-Denkmal an die Stadi Berlin 

(nei Philos. Monatshefte, voi. VII, 1871-2, pp. 132-144). 

Contiene discorsi intorno ad H. dei proff. M&tzner, 
Kòstlin, Vatke, ecc. 



Ricordi intorno ad H. si trovano in Hotho, Vorstudien 
fìlr Lében und Kunst (Tiibingen, 1835); A. Ruge, Aus 
friiherer Zeit (Berlino, 1863-7); Alex. Jung, Vorlesungen 
ilber die moderne Literatur der Deutschen (Danzig, 1842); 
H. Laube, Beisenovellen (Mannheim, 1834-7, 2.* ediz., 
1846-7). 

B. 
Trattazioni generali. 

Da questo elenco sono escluse : 1°) le prefazioni e intro- 
duzioni degli edd. e tradd. delle opere, le cui edizioni 
sono menzionate nella prima parte ; 2°) le esposizioni del 
sistema hegeliano, che si leggono in tutte le storie gene- 
rali della filosofia (come Tennemann, Wendt, Rixner, 
Reinhold, Ueberweg, Erdmann, Schwegler, Eucken, ecc., 
ecc.); o in quelle della filosofia moderna (Erdmann, Win- 
delband, ecc.); o in quelle della moderna filosofìa tedesca 
(Michelet, Chalib&us, Zeller, Biedermam, Fichte, Ulrici, 
ecc.). Alcune di queste esposizioni sono per altro note- 
volissime, come ad es., quelle dell'Erdmann, Versuch 
einer wissenschaftl. Darstellung d. neueren deutsch. Phi- 
los., 1853, voi. Ili, sez. II, pp. 686-849; di Michelet, Ge- 
schichte d. letzen Systeme der Philosophie von Kant bis 
Hegel, 1838, II, 599-801; di Zeller, Gesch. d. deutsch. Phi- 
losophie seit Leibniz *, 1875, pp. 623-672, ecc. ; 3°) i rife- 
rimenti e discussioni d' idee di Hegel nei libri di teorìa 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 231 

filosofica, come in Baader, Schelling, Schopenhauer, 
Lotze, ecc. ecc ; 4°) le trattazioni teoriche della scuola 
hegeliana, per le quali si vedano elenchi in Ueberweg, 
Grundriss 9 , IV, 143-170 ; ed ivi anche per gli avversarti 
di H., 171-185. — Notiamo anche qui in principio, delle 
varie riviste della scuola : Der Gedanke, Organ der phi- . 
losophischen Gesellschaft in Berlin, hg. v. C. L. Miche- 
let (1861-1873). 

1. Uéber die hegelsche Lehre oder àbsólutes Wissen 
una moderner Pdntheismus (Leipzig, 1829, bei Chr. 
E. Kollmann, pp. 236). 

2. K. E. Schubart u. D. r L. A. Carganico, Ueber 
Philosophie zUberhaupt und JET. S Efncyklopddie insbe- 
sondere, Ein Beitrag zur Beurtheilung der letzeren 
(Berlin, 1829, in der Euslin'schen Buchhandlung, 
pp. 222). 

3. Uéber Seyn, Nichts und Werden. Einige Zweifel 
an der Lehre des Herrn Prof. H. (Berlin, Posen u. 
Bromberg, bei E. S. Mittler, 1829, pp. 24). 

4. E. A. Weisse (prof. a. d. Univ. zu Leipzig), 
Uéber dem gegenwàrtigen Standpunkte der philosophi- 
schen Wissenschaften in besonderer Beziéhung auf das 
System H.* (Leipzig, 1829, Verlag v. J. A. Barth, 
1829, pp. 228). 

5. Briefe gegen die hegelsche Encyklopòldie d. phil. 

Wissensch., Erstes Heft, vom Standpunkte d. Encycl. 

u. d. Philosophie (Berlin, 1829, bei Joh. Chr. Fr. Eus- 

lin, pp. 94). 

Di queste cinque pubblicazioni fece H. stesso la recen- 
sione, che è inserita in Werke, XVII: vedi sopra Parte 
I, i, C, 18-19; il, 17. 



232 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

6. fO. F. Grappe], Die Winde oder ganz absolute 

Konstruktion der neueren Weltgeschichte durch Obe- 

rons Horn gedichtet von Absolutus von Hegelingen 

(Leipzig, Haack, 1831). 

Per questa commedia satirica contro H., si cfr. Rosen- 
kranz, Leben, p. 883. — Come si vede, l'inglese prof. 
F. C. S. Schiller, — che nel 1901 pubblicò, per canzonare 
gli hegeliani inglesi, un finto fascicolo della rivista 
Mind, intitolato : Mindf a unique review of ancient and 
modem philosophy edited by a Troglodyte, with the eoo- 
peration of The Absolute and others, — aveva avuto, ot- 
tantanni addietro, un precursore delle sue spiritosag- 
gini. 

7. Herbart, recensione della Encyklopddie, ediz. de 
1827, nella Hallische Literaturzeitung, 1831, nn. 1-4. 
(ristampata in Werke, ed. Hartenstein, XII, 1852, 
pp. 664-686). 

8. K. F. Gòschel, H. und seine Zeit Mit Riick- 
sicht auf Goethe. Zum Unterrichte in der gegenwàr- 
tigen Philosophie naeh ihren Verh&ltnissen zur Zeit 
und nach ihren wesentlichen Grundztigen (Berlin, 
Duncker u. Humblot, 1832). 

9. Fortlage, Die Liicken des hegélschen Systems 
(Heidelberg, 1832). 

10. C. L. Michelet, Einleitung in H* Philosophische 

Abhandlungen (Berlin, Duncker u. Humblot, 1832). 

È un'introduzione, che era stata preparata pel voi. I 
dei Werke; ma che non vi fu inclusa. 

11. C. Fr. Bachmann, Ueber H.* System u. d. Noth- 
wendigkeit einer nochmaligen Umgestaltung der Phi- 
losophie (Leipzig, 1833). 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 233 

Contro il B. scrissero il Rosenkranz e rHinrichs. I1B. 
replicò con VAntihegel, Àntwort an R. u. H. (Jena, 1835). 

12. C. J. Hofftnann, H. in seiner Wahrheit v, Stan- 
punkt d. strengsten Unbefangenheit (Berlin, 1833). 

13. 0. A. J. J. Ruehle von Libenstern, Uéber Sein, 
Werden und Nichts (Berlin, 1833). 

14. H. Heine, Zur Geschichte der Religion und 

Philosophie in Deutschland, libro IV: von Kant bis 

H. (1834). 

Fu pubblicato per la prima volta in francese nella Be- 
vile des deux mondes; e si trova ora in tutte le edizz. delle 
opere di Heine (per es., in quella di Hamburg, Hoffinann 
u. Campe, 1885, voi. VII). 

15. F. Schelling, Vorrede zu Becker' s Uébersetzung 

einer Schrift Victor Cousins (1834). 

E trad. in francese: Jugement de M. Schelling sur la 
philosophie de M. Cousin, trad. Willm (Strasbourg-Paris, 

1835). 

16. J. F. I. Tafel, Geschichte u. Kritik d. Skeptizi- 
smus... mit besonderer Rilcksicht auf H. (Tiibingen, 
1834). 

17. W. T. Krug, Schelling u. H., oder die neueste 
Philosophie im Vernichtungskriege mit sich seìòst be- 
griffen (Leipzig, 1835). 

18. F. C. Biedermann, De genetica philosopandi ra- 
tione... praesertim Fichtii... Hegelii (Lipsiae, 1835). 

19. Schaller, Die Philosophie unserer Zeit, zur Apo- 
logie und Erlauterung des hegelschen Systems (Lei- 
pzig, 1837). 

Cfr. Zeitschr. f. Phil. u. spek. Theol, 1, 1837, pp. 66-114, 
161-201. 



234 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

20. C. W. E. Mayer, Brief an eine Dame iiber die 
hegelsche Philosophie (Berlin, 1837). 

21. K. Taubner, Kritische Untersuchungen iiber die 
hegelsclie Philosophie (Budapest, 1838). 

22. — Die Idee der Seele nach H. (Budapest, 1839). 

23. Job. A. Wendel, Beurtheilung der hegelschen 
Philosophie nach ihren neueren Erklàrungen (Leipzig, 
1839). 

24. Àlexis Schmidt, Bdeuchtung der neuen schei- 
lingischen Lehre... nebst... einer Apologie der Meta- 
physik, insbesondere der hegelschen, gegen Schelling 
u. Trendélenburg (Berlin, 1839). 

25. J. G. H. Fichte, Die Voraussetzungen des hegel- 
schen Systems (nella Zeitschrift f. PhiL u. spek. 
Theologie, VI, 1839, pp. 291-306). 

26. K. Rosenkranz, Kritische Erlauterungen des 

hegelschen Systems (Konigsberg, 1840). 

Il R. unì alcune Erldnterungen anche all'edizione del 
1870 dell' Encyklopàdie: v. sopra, Parte I, n, nn. 6-7. 

27. C. Hinkel, Die speculative Analysis des Begrijfs 
« Oeist » mit Darlegung des Differentialpunkts zwi- 
schen den hegelschen und neu-schellingschen Stand- 
punkte (Rinteln, 1840). 

28. H. Ulrici, Uéber Princip v/nd Methode der hegel- 
schen Philosophie (Halle, 1841). 

29. C. Steinhart, H. u. sein Werk (Naumburg, 
1841). 

30. C. L. Michelet, Entwickelungsgeschichte der 
neuesten deutschen Philosophie, mit besonderer Ruck- 



P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 235 

sicht auf den gegenw&rtigen Kampf Schellings mit 
der hegelschen Schule, dargestellt in Vorlesungen in 
d. Friedrichs-Wilhelms Universitat (Berlin, 1842). 

31. F. v. Sommer, H.* Philosophie widerlegt (Ber- 
lin, 1842). 

32. K. J. Thrandorff, Schelling und H. oder das 
System H.* als letztes Resultai des Grundirrthums 
in alien bisherigen Philosophiren (Berlin, 1842). 

33. J. Salat, Schelling u. H., oder Eilckblicke 
auf die hJóhere Geistesbildung im deutschen Silden u. 
Norden (Heidelberg, 1842). 

34. Leop. George, Princip u. Methode der Philoso- 
phie mit besonderer Eilcksicht auf H. dargestellt (Ber- 
lin, 1842). 

35. Anon., Differem der schellingischen u. hegel- 
schen Philosophie (Leipzig, 1342). 

36. G. A. Gabler, Die hegelsche Philosophie, Bei- 

tr&ge zu ihrer richtigen Beurtheilung und Wtirdi- 

gung. Erstes Heft: Das Absolute und die Lbsung der 

Grundfragen alter Philosophie bei H. im Unterschiede 

von der Fassung andtrer Philosophen (Berlin, 1843). 

Cfr. Zeitschr, f. PhiL u. spék. Theol., X, 1843, pp. 291- 
318; XI, 1843, pp. 43-128. 

37. K. Vogel, Schelling oder H. ? (Leipzig, 1843). 

38. Conrad v. Orelli, Spinoza'* Leben und Lehre, 
nebst einem Abriss der.., hegelschen Philosophie (Aa- 
rau, 1843, 2* ed., 1850). 

39. Fr. Ant. Staudenmaier, Darstéllung und Kritik 
des hegelschen Systems, aus dem Standpunkte der 
chrìstlichcn Pliilosophie (^lainz, 1844). 



tMJkfctiu 



236 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

40. K. P. Fischer, Spekulative Charakteristik ùnd 
Kritik des hegelschen Systems (Erlangen, 1845). 

Cfr. Zeitschr. f. PhOos. u. spek. TheoL XVI, 1846, pp. 
103-134, XVII, 1847, pp. 289-300. 

41. Reinh. Schmitt, Der philosophische Absoluti- 
smus des hegelschen Systems (Berlin, 1845). 

42. H. Brockhaus, Spekulative Er&rterung der in 
//.• Einleitung zu seiner Encyklopadie der phil. Wis- 
sensch. entlwltenen Principien (Ktaigsberg, 1846). 

43. Anon., Orundlehren der neu-schéllingisehen und 
hegelschen Philosophie (Reutlingen, 1847). 

44. J. K. MtLglich, Die Hegel-Weisheit und ihre 
Frilchte (Regensburg, 1849). 

45. K. Rosenkranz, Meine Eeform der hegelschen 
Philosophie, Sendschreiben an J. U. Wirth (Kdnigs- 
berg, 1852). 

46. Theod. Born, Quaestiones ex Hegelii philosophia 
oriundas scripsit.. (Halae, 1852). 

47. Theod. W. Danzel, Der verderbliche Einfiuss 
der hegelschen Philosophie (Leipzig, 1852). 

48. F. Dorguth, Dos Licht der wahrhafter kosmi- 
schen dem Irrlichte der hegelschen Dialektik gegenilber 
(Magdeburg, 1854). 

49. R. Haym, H. und seine Zeit, Vorlesungen iiber 
Entstehung und Entwickelung, Wesen und Werth 
der hegelschen Philosophie (Berlin, R. Gaertner, 1857). 

An.: H. und sein neuester Beurtheiler, nel Deuisches 
Museum, 1858, n. 23, pp. 30-33. 

50. K. Rosenkranz, Apologie H.* gegen D. r 2?. Haym 
)Berlin, 1858). 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 237 

51. J. Hulsmann, Was wirklich ist, dà* ist ver- 
nilnftig, ecc., Vortrag gehalten in wissenschaftl. Ve- 
rein zu^Duisburg am 29 Juli 1858 (nei Philosophische 
Monatshefte, VI, 1870-1, pp. 306-318). 

52. H. Czolbe /Die^Grenzen utid der Urspruug d. 
menschZ. Erkenntniss im Gegensatzejiu Kant u. H. 
(Jena u. Leipzig, 1865). 

53. K. Eosenkranz, H. als deutscJier Nationalphi- 
losoph (Leipzig, Duneker u. Humblot, 1870). 

Se ne ha una recens. di E. M&tzner, nei Philos. Mo- 
natshefte, 1870-1, voi. VI, pp. 171-6. — Fu tradotto in in- 
glese da G. S. Hall (St. Louis, 1874). 

54. C. L. Michelet, H. } der unwiderlegte Weltphi- 
losoph, eine Jubelsehrift (Leipzig, 1870). 

55. K.rKostlin, H. inphilosophischer,politischerund 

nationaler Beziehung, .far das dentsche Volk darge- 

stellt (Tubingen, Laupp, 1870). 

Recens. di J. B. (Julius Bergmann), nei Philosophische 
Monatshefte, VI, 176-183. 

56. Friedr. Harms, Zur Erinnerung an O. W.F. H., 
Vortrag gehalten in der Konigl. Friedrich- Wilhelms 
Universit&t zu Berlin am 3 Juni 1871 (nei Philos. 
Monatshefte, 1871-2, pp. 145-161). 

57. G. Rumelin, Ueber H., 6 nov. 1870 (in Eeden 
und Aufsòltze, Freiburg i. B. u. Tubingen, Mohr, 
1875, serie I, pp. 32-62). 

58. E. Feuerlein, Ueber die culturgeschichtliche Be- 
deutung H.* (nella Historische Zeitschrift, 1870, vo- 
lume XXIV, pp. 314-368). 

59. Ed. v. Hartmann, Ueber die nothwendige Um- 



238 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

btldung der hegelschen Philosophie aus ihrem Grrund- 
princip heraus (nei Philos. Monatshefte, 1870, voi. V, 
pp. 387-416). 

Dello stesso : Schellings positive Philosophie als Einheit 
von H. und Schopenhauer, 1869; H**Panlogismus, 1870 
(ristamp. in Gesammelte Studien und Aufsàtze, 1876). Cfr. 
Geschichte der Metaphysik (Leipzig, 1899-1900,{II, 207-255). 

60. F. Chlebik, Die Philosophie des Bewussten u. 
die Wahrheit d. Unbeivussten naeh H. u. C. L. Mi- 
chelet (Berlin, 1870). 

61. C. L. Michelet, H. und der Empirismus, zur 
Beurtheilung einer Rede Eduard Zellers (Berlin, 1873). 

62. K. Rosenkranz, Zur Greschichte der neuern deut- 
schen Philosophie, besonders H. (in Neue Studien, Sch- 
wedt, 1878). 

63. Erdmann, H. (nella Allgemeine deutsche Biogra- 
phie, voi. XI, 1880, pp. 254-274). 

64. [R. Zimmermann?] H. (in Meyer's Conversations- 
Lexicon, voi. Vili, 1887). 

65. H. v. Treitsehke, Deutsche Geschichte im neun- 
zehnten Jahrhundert, voi. Ili (Leipzig, Hirzel, 1885, 
5 a ediz., 1903, spec. pp. 714-722: cfr. anche voi. IV, 
intorno alla scuola hegeliana). 

66. G. Plechanow, Zu H. % sechstigen Todestag (nella 
Neue Zeit, X, di Stuttgart, 1901-2, voi. I, pp. 198- 
203, 236-243, 273-282). 

67. Samuel Eck, G. W. F. H. und der Entwicke- 
lungsgedanke, Vortrag (Tiibingen u. Leipzig, 1901). 

68. Kuno Fischer, Hegels Leben und Werke: vedi 
sopra Parte II, i, A, n. 2, 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 239 

c. 

Sulla logica. 

1. Ad. Trendelenburg, Logische Untersuchungen 
(Berlin, 1840; 2 a ed., 1862; 3» ed., 1870). 

2. K. Werder, Logik als Commentar und Ergàn- 
zung zu H.* Wissenschaft der Logik (Berlin, 1841). 

3. Ad. Trendelenburg, Die logische Froge im H* 

System (Leipzig, 1843). 

Sono due scritti pubblicati prima nella Neue jenàische 
aUgemeine Litteraturzeitung, aprile 1842, n. 97 sgg., e feb- 
braio 1843, n. 45 sgg. — In difesa di Trendelenburg 
scrisse poi il Kym, nella Zeitschrift far Philosophie, LIV, 
fase. II; e Philosoph. MonatsTiefte, IV, 6. 

4. [L...], Construction und Kritik der hegelschen 
Logik (Wiesbaden, 1844). 

5. Cari L. W. Heyder, Kritische Darstellung der 
aristotelischen u. hegelschen Dialektik (Erlangen, 
1845). 

6. H. Ulrici, Die falsche u. die wahre Dialektik' 
(nella Zeitschrift f. Philosophie u. phil. Kritik, 1848, 
p. 238 sgg.). 

7. K. Fischer, Logik und Metaphysik, Lehrbuch 

fur akademische Vorlesungen (Stuttgart, Scheiblin, 

1852). 

È assai accresciuta, ed ha notevoli mutamenti, nella se- 
conda edizione : System der Logik und Metaphysik oder 
WissenscJiaftslehre, zweite vòllig umgearbeitete Auflage 
(Heidelberg, Bassermann, 1865). 

8. E. v. Meysenburg, Zur Vollendung der Eikennt- 



240 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

nisslehre mit besonderer Rucksicht auf H. (Berlin, 
1855). 

9. Aloys Schmid, Ihitwickelungsgeschichte der hegel- 
schen Logik, Ein Hilfsbuch zu einem geschichtlichen 
Studium derselben mit Berucksichtigung der neue- 
sten Schriften von R. Haym und K. Rosenkranz 
(Regensburg, Mainz, 1858). 

10. Ferd. Lassalle, Die hegelsche und die rosenkran- 
zische Logik und die Grundzilge der hegélschen Ge- 
schichtsphilosophie im hegélschen Systeme (nella ri- 
vista Der Gedanke, II, 1861, 123-150). 

11. Ed. Zeller, Ueber Bedeutung und Aufgàbe der 
Erkenntnisstheorie (Heidelberg, 1862). 

È il celebre discorso in cui si propugna, contro la dia- 
lettica di H., un ritorno a Kant. 

12. Friedr. Reiff, Ueber die hegelsche Dialektik (Tti- 
bingen, 1866; 2.* ed., 1867). 

13. Ed. v. Hartmann, Ueber die dialektische Me- 
thode, historisch-kritische Untersuchungen (Berlin, 
1868). 

14. G. Biedermann, Kants Kritik der reinen Ver- 
nunft und die hegelsche Logik in ihrer Bedeutung 
filr die Begriffswissenschaft (Prag, 1869). 

15. F. Chlebik, Dialektische Briefe (Berlin, 1869). 

16. C. Stommel, Die Differenz Kants und H.* in 
Beziehung auf die Erkldrung der Anthwmien, Inau- 
gural-Dissertation (Halle, 1876). 

17. C. Hermann, H. und die logische Froge der 
Philosophie in der Gcgenwart (Leipzig, Sehàfer, 1878). 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 241 

18. Friedr. Engels, Herrn Eugen Dilhring's Urn- 
zvàlzung der Wissenschaft (l a ed., 1878; 3 a rived. e 
aum., Stuttgart, Dietz, 1894). 

19. A. Bullinger, H.* Lehre vom Widerspruch Miss- 
verstòindnisse gsgenilber vertheidigt, Programm (Dil- 
lingen, Kolb; e Mtinchen, Ackermann, 1884). 

20. Eug. Heinr. Schmitt, Dos Geheimnlss der he- 
gelschen Dialéktik, beleuchtet vom concret-sinnlichen 
Standpunkte (Halle a. S., Pfeffer, 1888). 

21. C. L. Michelet u. G. H. Haring, Històrische- 
kritische Darstellung der dialektischen Methode H.* 
(Leipzig, 1888). 

22. Eug. Heinr. Schmitt, Michelet und das Gè- 
heimniss der hegelschen Dialéktik (Frankfurt, 1889). 

Cfr. Archiv far Gesch. d. Philos., Ili, 147-154. 

23. Max Eackwitz, H. s Ansicht Uber die Aprio- 
ritdt von Zeit u. Raum u. die kantìsche Kategorien, 
Eine philosophische Kritik nach H. 8 Phanomenologie 
des Geistes (Halle, 1891). 

24. G. Kent, Die Lehre H.* vom Wesen der Er- 
fahrung u. ihrer Bedeutung filrs Erkennen (Chri- 
stiania, 1891). 

25. A. Bullinger, Hegélsche Logik und gegenwttrtig 
herrschender Unver stand, mit einem Vorwort uber 
den gegenw&rtigen Zustand der Philosophie und die 
modernste (Strassburger) Evangelien-Kritik (Mtin- 
chen, Ackermann, 1900). 

26. W. Purpus, Die Dialektih der sinnlichen Ge- 
ni issheit bei II. dargestellt in ihrem Zusammenhang 



16 



242 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

mit der Logik u. der antiken Dialektik (Niiraberg, 
Schrag, 1905). 

27. M. Rubinstein, Die logischen GrunoZlagen des fc 
hegeUchen Systems und das Ende der Geschichte (nei 
Kantstudien, XI, I, 1906). 

D. 
Sull'estetica. 

1. Theod. W. Danzel, Ueber die Aesthetik der 7ve- 

gelschen Philosophie (Hamburg, 1844). 

Lo stesso autore scrisse intorno all'estetica di H. nel 
saggio : Ueber den gegenwdrtigen Zustand der Philosophie 
der Kanst und ihre nàchste Aufgabe (nella Zeitschr. far 
Philos. del Fichte, 1844-5, poi ristampato in Gesammelte 
Aufstìtze, ed. Jahn, Leipzig, 1855, pp. 1-84). 

2. Rob. Zimmermann, Geschichte der Aesthetik als 
philosophischer Wissenscìmft (Wien, Braumiiller, 
1858); si veda L. IV, e. II. 

3. H. Lotze, Geschichte der Aesthetik in Deutschla?id 
(Miinchen, 1868); si veda spee. L. I, e. VII. 

4. M. Schasler, Kritische Geschichte der Aesthetik 
(Berlino, 1872): si vedano pp. 774-799. . 

5. Ed. v. Hartmann, Die deutsche Aesthetik seit 
Kant (Berlin, 1886); si vedano spec. pp. 107-129. 

6. J. Cohn, H.* Aesthetik (nella Zeitschrift filr Phi- 
losophie, Leipzig, 1902, fase. H, pp. 160-186). 



P. n. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 243 

E. 
Sull'etica e filosofia del diritto. 

Per la bibliografia della filosofia hegeliana del diritto 
si veda l'appendice del Mollat al System der Sittlichkeit, 
(cfr. sopra P. I, ni, n. 4), pp. 69-71, dove sono anche 
notate le opere generali (Ahrens, Bluntschli, Stahl, 
Thilo, ecc.), in cui si discorre della filosofia giuridica diH. 

1. HugOj H* Grundlinwn der PhUosophie des Eechts 
(nei Gòttingische gelehrte Anzeige, 1821, pp. 601-607). 

2. Herbart, recensione della Philosophie des Eechts 
di H., nella Leipziger Literaturzeitung, 1822, nn. 45-7 
(ristampata in Werke, ed. Hartenstein, XII, 419-435). 

3. Anon., recensione della detta opera (nella Allge- 
meine Literaturzeitung di Schutz ed Ersch, I, 1822, 
pp. 305-317). 

4. [BuhlJ, JET. 8 Lehre vom Staate und seine Philo- 
sophie der Geschichte (1837). 

5. Schubarth, Ueber die Unvereinbarkeit der Tiegel- 
schen Staatslehre mit dem oberBten Lebens-und Ent- 
wicklungsprincip des preussischen Staates (Breslau, 
1839). 

6. Scheidler, Hegelsche Philosophie und Schule, 
insbesoiidere ZT. 8 Naturrecht und Staatslehre (nello 
Staatslexicon, hg. v. Rotteck u. Welcker, l a ediz., 
voi. VII, 1839, pp. • 607-646). 

7. C. M. Kahle, Darstellung und Kritik der he- 
gelschen Rechtsphilosophie (Berlin, 1845). 

8. A. Ruge, Ueber das Verhàltniss von Philosophie, 



244 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

Politile und Religion (in Sttmmtliche Werke, 2 a ed., 
1847, IV, 254-297). 

9. Karl Marx, Zur Kritik der hegelschen Rechts- 
philosophie (nei Deutsch-franzòsische Jahrbilcher, di 
Ruge e Marx, Parigi, 1844, pp. 71-85). 

Trad. ital. negli Scritti di C. Marx, F. Engels, F. Las- 
salle, pubbl. a cura del Ciccotti, dall'ed. Mongini di 
Roma, 1899. 

10. K. Prantl, H. und die Hegelianer (nel Deut- 
sches Staats-Wórterbuch, hg. v. Bluntschli u. Brater, 
V, 1860, pp. 45-86). 

11. K. Rosenkranz, H. Uber Re forra der Universi- 
tdten (Der Gedankc, 1861, p. 244 sgg.). 

12. [An.], H., articolo nello Staais-und Gesell- 
schafts-Lexicon, hg. v. Wagener, 1862, voi. IX, pp. 
222^8. 

13. K. Rosenkranz, H. und hegelsche Philosophie in 
Bezug auf Rechi u. Staat (nello Staatslexicon, hg. v. 
Rotteck u. Welcker, 3. a ediz., voi. VII, 1862, pp. 
654-667). 

14. Franz Chlebik, Die Philosophie des Bewusst- 
seins u. die Wahrheit des Unbewussten in der dialekt. 
Grundlinien der Freiheit und Rechtsbegriffs nach H. 
und Michelet (Berlin, 1870). 

15. G. Sodens, Die Staatslehre Kants und H.* } Dis- 
sertation (Erlangen, 1893). 

16. W. Fickler, Unter wélchen philos. Vorausset- 
zungen hot sich bei H. die Wertschàtzuìig des Stcudes 
entwickelt und tuie ist diese zu beurtheilen (nella Zeit- 
schr. f. Philosophie, voli. 122 e 123, 1903). 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 245 

F. 
Sulla filosofìa della religione. 

1. Eschenmayer, Die hegélsche Religionsphilosophie 
verglichen mit dem christlichen Princip (Tubili gen, 
1834). 

2. L. Feuerbach, Philosophie und Christenheit in 
Beziehung a. d. d. hegélschen Philosophie gemacht Vor- 
iviirf der Unchristlichkeit (Mannheim,1839). 

3. Keinh. Schmitt, Christliche Religion u. hegélsche 
Philosophie (Berlin, 1839). 

4. K. F. E. Thrandorff, Wie kann der Supranatura- 
lismus sein Recht gegen H. behaupten? (Berlin, 1840). 

5. Mor. Carriere, Die Religion in ihrem Begriff, 
ihrer weltgeschichtlichen Entwickelung und Vollen- 
dung, ein Beitrag zum Verstandniss d. hegélschen 
Philosophie (Weilburg, 1841). 

6. [Bruno Bauer], Die Posaune des jilngsten Ge- 
richts tvider H., den Atheisten and Antichristen 
(Leipzig, 1841). 

7. — JET. 8 Lehre von Religion und Kunst (Leipzig, 
1842). 

8. J. J. Rohowsky, Unvereinbarkeil der liegelschen 
Wissenschaft mit dem Cristenthum (Breslau, 1842). 

9. Ph. Marheineke, Einleitung iiber die Bedeu- 
tung d. hegélschen Philosophie L d. christl. Theologie 
(Berlin, 1842). 

10. J. Thiirmer, Versuch d. Anhdnger JET. 8 u. Schei- 



246 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

lings durch eine vernunftgemdss. Offenbarungslehre 
zu versOhnen (Berlino, 1843) - 

11. De Valenti, Hegel-Strauss und der Christen- 
glaube (Basel, 1843). 

12. Ed. Zeller, Uéber H. % theologische Entivickelung 
(nei Theolog. Jdhrb., 1845, voi. IV, f. I). 

13. Ludw. Noack, Der Religionsbegriff H. a (Darm- 
stadt, 1845). 

14. P. Romang, Meine Oppositiva gegen die Jung- 
hegelschen Tendenzen und mein Verh&ltniss z. d. bisher 
gélienden christlichen Lehre (Bern, 1847). 

15. A. E. Biedermann, TJnsere junghegélsche WeU 
tanschauung oder der sogenannte neueste Pantheismtis 
(Zfirich, 1849). 

16. M. Ehrenhauss, H. % Grottesbegriff in seinen 
Grundlinien u. nàchsten Folgen, aus den Quellen 
dargelegt (Wittenberg, 1880). 

17. 0. Hering, Vergleichende Darstellung und Beur- 
theilung der Religionsphilosophie JET. 8 und Schleier- 
machers (Jena, 1882). 

18. Joh. Werner, H.* Offenbarungsbegriff: ein re- 
ligionsphilosophischer Versuch (Leipzig, 1887). 

Cfr. Arch. f. Gesch. der PhiL, III, 1889, pp. 154-156. 

19. E. Vowinkel, Dos Verhàlùniss des einheitlichen 
Wesens der Religion zur historischen MannigfaltigkeU 
der Religionen bei Schleiermacher und H., Disserta- 
tion (Erlangen, 1896).* 

20. Hans Richert, H. % Réligionsphilosophie, in ihren 
Grundzilge dargestéllt und beurtheilt, Programm 
(Bromberg, 1900). 



P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 247 

21. E. Ott, Die Beligionsphilosophie H.* in ihrer 
Genesis dargesL u. in ihrer Bedeutung f. d. Gegenwart 
gevriLrdigt (Berlin, 1904). 

22. C. Thilo, Die Beligionsphilosophie des àbsoluten 
Idealismus: Fichte, Schelling, H. u. Schopenliauer 
(Langensalza, Beyer, 1905). 

G. 

Sulla psicologia. 

1. H. Exner, Die Psychólogie der hegélschen Schule 
(Leipzig, 1843-44). 

2. Weisse, Die hegelsche Psychólogie u. die Exner- 
sche Kritik (nella Zeitschrift filr Philosophie u. spe- 
kulative Theologie, 1844, XIII, p. 258 sgg.). 

H. 
Sulla filosofìa della storia. 

1. Ant. H. Springer, Die hegelsche Geschichtsan- 
schauung (Tiibingen, 1848). 

2. Jul. Bahnsen, Zur Philosophie der Geschichte, 
Eine kritische Besprechung der hegel-hartmannschen 
Evolutionismus ans Sehopenhauersehen Principien 
(Berlin, C. Duncker, 1872). 

3. K. Dieterich, Buckle u. H. (nei Preussische Jahr- 
bilcher, 1873, voi. 32). 

4. P. Barth, Die Geschichtsphilosophie H. 9 und 
der Hegelianer bis auf Marx und Hartmann, Ein 
kritischer Versuch (Leipzig, Reisland, 1890). 



248 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

5. F. Tonnies, Neuere Philosophie der Geschichte: 
H., Marx, Comte (in Archiv filr Geschichte der Phi- 
losophie, hg. v. L. Stein, voi. VII, 1894, pp. 486-515). 

6. P. Barth, Zu H. % und Marx 7 Geschichtsphi- 
losophie (in Arch. cit., Vili, 1895, pp. 241-255, 
315-335). 

Si veda anche la letteratura sulla storia della filosofia 
della storia, citata in E. Bernhcira, Lehrbuch d. hi&to- 
rischen Methode u. d. Geschichtsphilosophie (3*-4 a edi- 
zione, Leipzig, Duncker u. Humblot, 1903). 

I. 

Sulla filosofìa della natura. 

1. Wilde, Geschichte der Optik (Berlino, 1843). 

Contiene II, 153-218, una difesa, delle teorie di Newton 
contro H. 

2. M. J. Sehleiden, Schéllings und H.* Verhàltniss 
zur Naturwissenschaft (Leipzig, 1844). 

3. Herm. Schwarz, Versuch einer Philosophie der 
Mathematik, verbunden mit einer Kritik der Ausstel- 
lungen H.* iìher den Zweck und die Natur der hòhe- 
ren Analysis (Halle, 1853). 

4. K. Rosenkranz, H.* Naturphilosophie und ihre 
Bearbeitung durch den italien. Philosophen A. Vera 
(Berlin, 1868). 

5. F. Chlebik, Kraft u. Stoff oder d. Dynamis- 
mus d. Atome aus hegeVschen Prdmissen abgeleitet 
(Berlin, 1873). 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 249 

6. A. Bullinger, H.* Naturphilosophie in vollen 
Recht gzgenilber ihren Kritikastrem (Mtinehen, Acker- 
Diann, 1903). 

K. 
Sulla storia della filosofìa. 

1. A. L. Kyra, H.* Dialektik in ihrer Anwendung 
auf die Geschichte der Philosophie (Ziirich, 1849). 

2. C. Monrad, De vi logicce rationis in describenda 

philosophice historia (Christiania, 1860). 

Risponde alle obiezioni di Ed. Zeller, nella prefazione 
alla sua Philos. d. Grriecheìi, contro il metodo di H. (e 
già nei Jahrb. d. Gegenwart, 1843, p. 209 segg.). 

3. E. Bratuscheck, Wie H. Plato auffasst (in Phi- 
los. Monatshefte, voi. VII, 1871-2, pp. 433-463). 

4. Gust. Ad. Wyneken, H.* Kritik Kants, zur Ein- 
leitung in die hegelsche Philosophie (Greifswald, 
1898). 

5. W. Windelband, sulla storiografia della filosofia 
nel secolo XIX (in Die Philosophie im Beginn des 
zwanzigsten Jahrhunderts, Festschrift fiir K. Fi- 
scher, Heidelberg, 1904-1905, II, 175-200). 

L. 
Varia. 

1. W. von Schutz, H. und Gilnther (Leipzig, 1842). 

2. K. Rosenkranz, Ueber' Schelling u. H., Send- 
schreiben an Pierre Leroux (Kònigsberg, 1843). 



250 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

3. J. H. Fichte, H.* Magister-Dissertation u. sein 
VerlUtltnUs zu Schelling (nella Zeitschrift filr PhiL u. 
spek. Theol., XII, 1844, pp. 142 186). 

4. F. Rehm, Goethe und 27., eine historische^Pa 
rallele (Oels, 1849). 

5. K. P. Fischer, Zur hundertjàhrigen Géburts- 
feier Franz voti Baader s. Versuch einer Charakte- 
ristik sciner Theosophie und ihres Verhdltnisses zu 

den Systemen SdielUngs u. H.* (Erlangen, 1865). 

6. Fr. Hoffmann, H. u. Baader (lettera del 12 ot- 
tobre 1865 a Bertrando Spaventa, pubblicata nella ri- 
vista la Critica, di Napoli, IV, 1906, pp. 224-230). 

7. — H. Rosenkranz u. Baader (nei Philosoph. Mo- 

natshefte, III, 1869, pp. 1-25, 93-110, 185-208). 

L' Hoffmann tocca spesso del rapporto tra H. e B. nelle 
sue introduzioni ai Gesammelte Werke del B. (Leipzig, 
1851-1860); e negli altri suoi scritti. 

8. — Die hegélsche Philosophie in St. Louis in den 
Vereinigten Staaten Nordamerikas (nei Philos. Mo- 
natsh., VII, 1871-2, pp. 58-63). 

9. F. Engels, Ludvrìg Feuerbach und der Ausgang 

der klassischen deutschen Philosophie (nella Neue Zeit, 

1886, fase. 4-5; poi in opusc, Stuttgart, Diete, 1886; 

2 a ed., ivi, 1895). 

Della letteratura tedesca circa il materialismo storico, 
in cui si tocca spesso dei rapporti tra il pensiero di H. e 
quello del Marx, noteremo anche : Th. G. Masaryk, Die 
philosophiscTien und sodologischen Grundlagen des Mar- 
xismus (Wien, 1899); Ludw. Woltmann, D. histor. Mate- 
rialismus, Darstellung u. Kritik der marxistischen Welt- 
anschauung (Dusseldorf, 1899); Dav. Koigen, Zur Vorge- 



P. n. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 251 

schichte des modernen phUosophiscken Socialismus in Deut- 
schland, Zur Geschichte der Philosophie und Socialphi- 
losophie des Junghegelianismus (Beni, 1901); P. Nerrlich, 
Uéber das VerMltniss L. Feuerbach^ zu H. (nei Preuss. 
JahrbUcher, voi. 80°, 1895). 

10. Th. Flathe, H. in seinen Briefen (nella Histo- 
rische Zeitschrift, N. S., voi. XXIV, 1888). 

11. Max Runze, H. u. Franz v. Baader (nei Vor- 
tràge der phUos. Gesellschaft zu Berlin, 1892). 

12. Ch. Bonnier, H. u. Marx (nella Neue Zeit, IX, 
voi. II, 1891, pp. 653-661). 

13. Rud. Eucken, Hegel to-day, transl. by Thomas 
J. Me Connack (nel Monist, VII, 1897, pp. 321-339). 

II. 

LETTERATURA ITALIANA. 

Per la letteratura non tedesca intorno ad H., abbiamo 
creduto opportuno di tener conto anche delle più note- 
voli trattazioni in libri generali. Delle introduzioni e pre- 
fazioni dei traduttori non si ripete l' indicazione, bastando 
rinviare alla Parte I, v, sez. A, B, C. 

Le opere francesi e inglesi dell 1 italiano Vera, sono 
state indicate nelle sez. III e IV. 

1. Ottavio Colecchi (1773-1847), Frammenti di Que- 
stioni filosofiche sulla logica e sulVestetica di H. (nel 
Giambattista Vico, di Napoli, 1857, I, 335-392, II, 
123-136, III, 68-96). 

2. G. B. Passerini, Sullo stato attuale della filosofia 

in Germania (Capolago, 1844). 

Da una citazione, che ne fa il Gioberti (Prolegomeni, 
Brusselle, 1845, pp. 323-4), risulta che vi si critica la 
dialettica hegeliana. 



252 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

3. Antonio Rosmini-Serbati, Saggio storico-critico 

sulle categorie e la dialettica, 1846-7. 

Fu pubblicato come « opera postuma » (Torino, stamp. 
Unione tipogr. editr., 1883). Si vedano L. I, C. Vili: Della 
partizione deWente secondo H.; e il L. II, che contiene la 
critica della dialettica di H. 

4. Vincenzo de Grazia, Su la logica di H. e su la 
filosofia speculativa, discorsi (Napoli, tip. de' Ge- 
melli, 1850); 

5. B. Spaventa, Studi sopra la filoso/in di H. (estr. 
dalla Rivista italiana, n. 5, fase, di nov., pp. 1-30, 
e dee, pp. 31-78, 1850, Torino, tip. G. Paravia). 

6. B. e S. Spaventa, Lettere varie intorno alla .fi- 
losofia hegeliana (nel voi. di B. Croce, S. Spaventa, 
dal 1848 al 1861, scritti, lettere, documenti, Napoli, 
Morano, 1898). 

7. B. Spaventa, Recens. dello scritto di H. Stein- 
thal: La scienza della lingua di G. di Humboldt e la 
filosofia hegeliana (nel Cimento, di Torino, luglio 1855, 
VI, 60-5). 

8. — H. confutato da Rosmini, saggio primo (nel 

Cimento, maggio 1855, V, 881-906), a proposito delle 

critiche mosse all'hegelismo da A. Rosmini, nella 

sua Logica (Torino, Pomba, 1854). 

È ristampato in B. Spaventa, Da Socrate ad H., nuovi 
saggi, a cura di G. Gentile (Bari, Laterza, 1905). Nel Ci- 
mento, VI, 730-41, segui sul proposito una polemica col 
Tommaseo : Sopra alcuni giudizii di N. T. 

9. Floriano del Zio, Prolusione al corso di lezioni 
sulla Enciclopedia delle scienze filosofiche di H. (Na- 
poli, S. Marchese, 1861). 



i 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 253 

10. B. Spaventa, Prolusione e introduzione alle le- 
zioni di filosofia nella Università di Napoli, 23 novem- 
bre-23 dicembre 1861 (Napoli, F. Vitale, 1862). 

Su H. si vedano specialmente pp. 167-205. 

11. A. Labriola, Contro il ritorno a Kant propu- 
gnato da E. ZelUr (Difesa della dialettica di H.), 
1862 (in Scritti varii di filosofia e politica, a cura di 
B. Croce, Bari, 1906, pp. 1-33). 

12. L. Longoni, Il sistema filosofico di G. G. F. H. 
(Milano, 1863). 

13. G. Allievo, Sulla critica dell'hegelismo, lettera 
a L. Ferri (nella Rivista ital. di se. lett. ed arti, di 
Torino, 23 giugno 1862; é in Rivista contemporanea, 
1864) 

14. B. Spaventa, Le prime categorie della logica di 
H. (in Atti della R. Acc. di se. mor. e poi., voi. I, 
1864, pp. 123-185: ristampata in Scritti filosofici, 
ed. Gentile, Napoli, 1900, pp. 165-252). 

15. G. Caroli, H. in Italia (appendice al libro del- 
l' ab. Maigno, Matematica e panteismo, trad., Bolo- 
gna, 1864). 

16. G. Allievo, Saggi filosofici (Milano, 1866). 
Cont. : pp. 119-143, La logica ordinaria e la logica he- 
geliana; pp. 294-306, Sulla critica dell' Hegelianismo. 

17. B. Spaventa, Principii di filosofia, voi. I La 
conoscenza - La logica (Napoli, Ghio, 1867). 

Interrotta a p. 248. Comprende l'esposizione della Fe- 
nomenologia fino alla dottrina dell'autocoscienza, e quella 
della Logica } fino al principio della dottrina dell'essenza. 

Notiamo questo volume dello Spaventa, come la migliore 



254 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

rielaborazione italiana della logica di H.; avvertendo per 
altro, che, come per la letteratura tedesca, cosi per l'ita- 
liana e per le altre, non abbiano indicato i molti lavori 
teorici ispirati ai principii hegeliani. Tali quelli degli 
scolari dello Spaventa (De Meis, Maturi, Jaia, Ragnisco, 
D'Ercole, ecc.); degli scolari del Vera (R. Mariano); di 
hegeliani d'altra provenienza (M. Florenzi Waddington); 
di hegeleggianti (P. Ceretti); ecc. 

18. A. Galasso, Del sistema hegeliano e sue 'pra- 
tiche conseguenze (Napoli, Fibreno, 1867). 

Estr. dal Campo dei filosofi italiani. È un lavoro scritto 
per concorso al premio Ravizza del 1865 sul tema: « Quali 
conseguenze pratiche derivano dall' idealismo assoluto di 
Giorgio Hegel nella Morale, nel Dritto, nella Politica e 
nella Religione ». 

19. G. Prisco, Lo hegellianismo considerato nel sito 

svolgimento storico e nel suo rapporto con la scienza 

(Napoli, Manfredi, 1868). 

Fu prima inserito nel periodico : La scienza e la fède. 
— L'a. è ora cardinale arcivescovo di Napoli. 

20. G. Allievo, L' hegellianismo, la scienza e la 
vita, monografia che riportò il premio al concorso 
Ravizza, ricomposta e notevolmente ampliata (Mi- 
lano, Agrelli, 1868). 

21. P. Siciliani, Gli hegeliani in Italia (in Rivista 
bolognese, II, fase. VI, 1868). 

22. B. Spaventa, Studi sulVetica di H. (in Atti 
della R. Accad. di se. mor. e polit. di Napoli, IV, 
1869; ristampata col titolo di: Principii di etica, a 
cura di G. Gentile, Napoli, Pierro, 1904). 

23. F. Masci, Le categorie del finito e dell'i?ifi?iito 
di H. (nella Rivista bolognese, 1869). 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 255 

24. — La dialettica del limite nella logica di H. 
(nella Biv. bolognese, 1869). 

25. F. Acri, Su la natura della storia della filo- 
sofia (Bologna, 1872). 

26. F. Fiorentino, Sul concetto della storia della 
filosofia di H., lettera al prof. F. Acri (nel Giornale 
napoletano di fllos. e lettere, marzo 1872; ristamp. in 
Scritti varii di letteratura, filosofia e critica, Napoli, 
1876, pp. 331-347). 

27. P. Ragnisco, Storia critica delle categorie dai 
primordii della filosofia fino ad H. (Napoli, 1870). 
Due voli. 

28. V. Fornari, Dell'arte del dire (Napoli, Fibreno, 

1866-72, 4 a ediz.). 

Nel voi. IV, è una critica dell'estetica diH. Risposero 
V. Imbriani, V. Fornari estetico (in Giorn. napol. di fi- 
losofia e lettere, 1872) ; e F. Fiorentino, La filosofia contem- 
poranea in Italia (Napoli, Morano, 1876). 

29. L. Miraglia, I principii fondamentali dei di- 
versi sistemi di filosofia del diHtto e la dottrina 
giuridica di Giorgio G. F. H. (Napoli, Giannini, 
1873). 

30. B. Spaventa, Idealismo o realismo ? Nota sulla 
teoria della conoscenza: Kant, Herbart, H. (in Ren- 
diconti della E. Accad. di se. mor. e polit., aprile- 
giugno 1874, pp. 87-97; ristamp. in Scritti filosofici, 
ed. Gentile, pp. 353-366). 

•31. P. Sala, I trionfi del papato sulla filosofia hege- 
liana (Palermo,. 1874). 
32. P. d'Ercole, La pena di morte e la sua oboli- 



256 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

e ione dichiarata teoricamente e storicamente secondo 

la dottrina hegeliana (Milano, 1875). 

Scrissero allora variamente intorno alla pena di morte 
in relazione con la filosofia di H., lo Spaventa, l'Imbriani, 
il Vera, ed altri; le cui opinioni possono vedersi ricor- 
date nel volume del D'E. 

33. L. Miraglia, La filosofia del diritto di H., di 
Trendelenhurg e di Ahrens, e la scienza economica 
(nel Giorn. econom. di Padova, 2°, 1875-6). 

34. F. Fiorentino, Manuale di storia della filosofia 
(Napoli, Morano, 1881), voi. Ili, capp. XXII e XXVII. 

35. B. Spaventa, Esame di un'obiezione del Teich- 

milller alla dialettica di H. (in Atti d. B. Acc. di se. 

mor. e poi. di Napoli, voi. XVIII; ristamp. in Scritti 

filosofici, pp. 253-276). 

Sono da vedere, per altro, intorno alla dottrina hege- 
liana, tutti gli scritti dello Spaventa; dei quali cfr. bi- 
bliografia in Scritti filosofici, ed. Gentile. 

36. P. Ragnisco, Il principio di contradizione: H. 
(in Filosofia delle scuole italiane, 1883). 

37. G. Levi (Gielle), La dottrina dello stato di H. 
e le altre dottrine intorno allo stesso argomento : I-III 
(Roma, 1884). 

38. A. Vera, Dio secondo Platone, Aristotile ed H* 
(negli Atti d. B. Accad. di se. mor. e poi. di Na- 
2?oli, 1886, t. XX). 

39. L. Ferri, La dottrina della conoscenza nell'he- 
gelianismo (in Rivista italiana di filosofia, IV, voi. .1, 
1889: a proposito deiropera postuma di B. Spaventa, 
Esper. e metafisica). 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 257 

40. V. de Lucia, UH. in Italia (Vasto, 1891). 

41. S. Maturi, L'idea di H. (Napoli, 1891). 

Del M. son da ricordare anche : L'ideale del pensiero 
umano ossia la esistenza assòluta di Dio (Avellino, 1882); 
Uno sguardo generale sulle forme- fondamentali della vita 
(Napoli, 1888); La filosofia e la metafisica (ivi, 1894); Prin- 
cipii di filosofia (ivi, 1897-8). 

42. P. d'Ercole, C. L. Michelet e Vhegelianismo 
(nella Riv. ital. di fllos., IX, 1894, voi. I). 

43. G. Allievo, Esame deW hegelianismo (Torino, 
tip. subalpina, 1897). 

44. C. Cantoni, Storia compendiata della filosofia, 
4 a ediz. corretta ed aumentata (Milano, Hoepli, 1897: 
è il voi. 3° del Corso elementare di filosofia: si ve- 
dano su H. pp. 394-401). 

45. A. Labriola, Discorrendo di socialismo e filo- 
sofia (Roma, Loescher, 1898). 

Sulla negazione della negazione ; sugli hegeliani di Na- 
poli. — Sui rapporti tra H. e Marx scrissero, in Italia, 
il Labriola, Saggi sulla concezione materialistica della sto- 
ria (2 a ed., Roma, Loescher, 1903); G. Gentile, La filosofia 
di Marx (Pisa, Spoerri, 1898); e B. Croce, Materialismo 
storico ed economia marxistica (Palermo, Sandron, 1900; 
2* ediz., 1907). 

46. G. Gentile, Della vita e degli scritti di B. Spa- 
venta (Napoli, 1900). 

Questa monografìa serve d' introduzione agli Scritti fi- 
losofici cit. dello Spaventa; ed è il più ampio lavoro in- 
torno all'hegelismo italiano. 

47. B. Varisco, Razionalismo ed empirismo, a pro- 
posito del voi. citato di- Scritti filosofici dello Spa- 
venta (nella Rivista di fllos. e se. affini, di Bologna, 
marzo 1902). 

17 



258 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

48. G. Gentile, Filosofia ed empirismo (risposta: 
ivi, maggio-giugno 1902). 

49. B. Varisco, Per la critica (replica: ivi, otto- 
bre 1902). 

50. G. Gentile, Polemica hegeliana, ultima replica 
al prof. B. Varisco (Napoli, Pierro e Veraldi, 1902). 

51. B. Croce, Estetica, teoria e storia (Palermo, 
Sandron, 1902; 2* ediz., 1904): sull'estetica di H., 
pp. 307-316, 353-4, 373-6. 

52. G. Gentile, Dal Genovesi al Galluppi, ricer- 
che storiche (Napoli, ediz. della Critica, 1903). 

Notizie sull'hegelismo a Napoli prima del 1848. 

53. F. Masci, La libertà nel diritto e nella storia 
secondo Kant ed H., appunti critici (in Atti d. R. Acc. 
di se. mor. e poi. di Napoli, 1903). 

54. G. Gentile, Introd. alla ristampa dei Principii 
di etica, di B. Spaventa: vedi sopra n. 22. 

Sottopone a critica l'opuscolo del M., indicato al n. 53. 

55. G. Gentile, recensione del libro di J. B. Baillie, 
The origin and significance of H.* Logic: v. più sotto, 
sez. Ili (nella Critica, rivista di letteratura, storia 
e filosofia, diretta da B. Croce, II, 1904, pp. 29-45). 

56. B. Croce, Siamo noi hegeliani? (ivi, II, 1904, 
pp. 261-264). 

57. B. Spaventa, Da Socrate ad H., nuovi saggi 
di critica filosofica, a cura di G. Gentile (Bari, La- 
terza, 1905). 

58. G. Papi ni (Gian Falco), Il crepuscolo dei filo- 
sofi: Kant, H., Schopenhauer, ecc. (Milano, Soc. - 
editr. lomb., 1906). 



P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 259 

Su H., pp. 45-94. Si veda la recens. di B. Croce, nella 
Critica, IV, 1906, pp. 140-144. 

59. B. Croce, La preistoria di un paragone (nella 

Critica, IV, 1906, pp. 87-88). 

Sulla derivazione da H. del noto paragone tra la filo- 
sofia kantiana e la rivoluzione francese. 

60. B. Croce e G. Gentile, Documenti inediti sul- 
l'hegelismo napoletano, dal carteggio di B. Spaventa 
(nella Critica, IV, 1906, nn. 3° e 5°, in contin.). 

III. 
Letteratura francese. 

* 1. V. Cousin, Fragments pJiilosophiques (Paris, 

1826; ed. in quattro voli., ivi, 1843-7). 

Del Cousin (oltre la corrispondenza citata, cfr. Parte I, 
ni, n. 5), son da vedere, rispetto ad H., i Souvenirs d'Al- 
lemagne (nella Revue des deux mondes, t. XI, 1857, 
pp. 545-560, t. LXIV, 1866, pp. 594-619: cfr. anche Frag- 
ments et souvenirs, Paris, 1860). Contro questi Souvenirs, 
scrisse A. Vera, nella Riuista contemporanea, giugno 18(50, 
un articolo* (rist. in Mélanges pJiilosophiques, Paris-Na- 
ples, 1862, pp. 155-172). 

2. J. Willm, Essai sur la philosophie de H. (Strass- 
bourg,- 1836). 

3. A. Lèbre, H., son école: nouveau système de Schel- 
ling (nella Revue des deux mondes, 1 gennaio 1843). 

4. Ad. Ott, H. et la philosophie allemande, ou 
exposé et examen critique des principaux systèmes de 
la philos. allem* depuis Kant, et spec. de celui de J£. 
(Paris, 1844). 



260 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

5. Dictionnaire des sciences philosophiques (Parigi, 
Hachette, 1844-52): artic. su H. 

6. Prevost, H.: esposition de sa doctrine (Toulouse, 
1845). 

7. C. de Remusat, De la philosophie allemande, 
avec une introduction sur les doctrines de Kant, 
Fichte, Schelling et H. (Paris, 1845). 

8. A. Véra, Platonis, Aristoteli* et Hegelii de medio 
termine doctrina (Paris, 1845). 

9. É. Saisset, Travaux publiés en France sur Kant, 
Fichte, Schelling et JET. (nella Revue des deux mondes, 
febbraio 1846). 

10. Saint-René Taillandier, H., de la crise de la 
philosophie hégélienne (nella Revue des deux mondes, 
15 luglio 1847). 

11. J. Willm, Histoire de la philosophie allemande 
(Paris, 1849): quattro voli. 

12. Chr. Bartholmèss, Histoire critique sur les doc- 
trines religieuses de la philosophie moderne (Paris, 
1855), H, 237-423. 

13. Gratry, La logique (Paris, 1855), voi. II. 

Contiene una confutazione della dialettica hegeliana, 
col titolo: Une elude sur la sophistique contemporaine. 
Se ne veda la recens. di B. Spaventa (in Rivista contem- 
poranea, 1856, Vili, 276-88). 

14. A. Véra, Introduction à la philosophie de H. 

(Strassbourg, Silbermann, 1855). 

Se ne pubblicò nel 1864 una: « deuxième édition re- 
vue et augmentée de notes et d'une nouvelle préface » 
(Paris, Ladrange, 1864). La pref. è rivolta contro il li- 



P: n. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 261 

bro del Foucher de Careil (v. n. 25.), e contro le Log, 
Unters. del Trendelenburg. 

15. É. Saisset, La philosophie moderne depuis Ra- 
musjusqu'à H. (nella Revue des deux mondes, marzo 
1856). 

16. A. Dantier, La philosophie Mgèlienne et Vécole 
popùlaire en Allemagne (in Revue contemporaine, vo- 
lume 26°, 1856). 

17. A. Nefftzer, H. et la philosophie allemande (nella 
Revue germanique, 1858, 3°-4°, sett.-nov.). 

18. J. F. Nourrisson, Tableau des progrès de la pen- 
sée humaine depuis Thalès jusqu'à H. (Paris, 1858, 
4 a ed., 1868). 

19. A. Laugel, La logique de H., traduite par M. A. 
Véra (nella Revue des deux mondes, 15 sett. 1859). 

20. É. Saisset, Le pantheisme de H. (nei suoi Es- 
sais de philosophie religieuse, Paris, 1859, e 1862). 

21. — Leibnitz et JET., d'après de nouveaux do- 
cumenta (nella Revue des deux mondes, 15 dicem- 
bre 1860). 

22. P. Janet, Études sur la dialectique dans Pia- 

ton et dans H. (Paris, Ladrange, 1861). 

A proposito di questo libro scrisse A. Franck, nel 
Journal des débats, 22 dicembre 1860. 

23. A. Véra, L'hégelianisme et la philosophie {Pei- 

ris, Ladrange, 1861). 

Concerne specialmente i rapporti del pensiero di H, 
con Platone, Newton e Leibniz ; e risponde al Saisset, al 
Janet, al Franck, ecc. — Tutti gli scritti del V. trattano 
di H. ; e tra essi sono ancora da notare (oltre le introdu- 



202 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

zioni alle traduzioni francesi), le MéLanges philosophiques 
già cit., e i Saggi filosofici (Napoli, Morano, 1885). 

24. Edm. Scherer, H. et Vhégelianisme (nella Re- 
vue des deux mondes, 15 febbraio 1861, pp. 812-856; 
ristampato nei Mélanges d'histoire religieuse, Paris, 
1864, 2* ed., 1865). 

25. A. Foucher de Careil, H. et Schopenhauer (Pa- 
ris, 1862). 

Trad. ted. di J. Singer (Wien, 1888). Cfr. Vierteljahr- 
sehrift filr ivissensch. Philos., XII, 348-353; Archiv fìlr 
Gesch. der Philos., Ili, 161-8. 

26. E. Caro, L'idée de Dieu et ses nouveaux cri- 
tiques (Paris, 1864). 

27. E. Vacherot, Métaphysique de la science: voi. Il: 
La philosophie du XIX siècle. 

28. E. Beaussire, Antécédents de Vhégelianisme dans 

la philosophie frangaise (Paris, Germer Baillière, 

1865). 

Cfr. su questo libro P. Janet, Un précurseur francais de 
H., Dom Deschamps (nella Eevue des deux- mondes, 1 lu- 
glio 1865); e, contro, Rosenkranz, H. als deutsch. Natio- 
nalphilosoph, ecc., pp. 298-9. 

29. Alfred Weber, Introduction historique à la phi- 
losophie hégélienne (Strasbourg, 1866). 

30. C. L. Michelet, U hégélianisme en 1867 (in Théol. 
et Philos., 1867, pp. 130-143). 

31. J. A. Marrast, La philosophie du àroit de H. 
(Paris, 1869). 

32. É. Beaussire, Le centenaire de H. en 187Ò (nella 
Eevue des deux mondes } X gennaio 1871). 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 263 

33. P. Bertauld, De la méthode. Méthode spinosiste 
et méthode hégelienne (2 a ediz., Paris, 1871). 

34. É. Beaussire, La philosophie politique de H. 
(nei Comptes-rendus de IJAcad. des sciences morales et 
pólitiques, XXV, 1871). 

35. G. Valbert (Victor Cherbuliez), La correspon- 

dance de JFL (nella Revue des deux mondes, 1 luglio 

1887). 

Si legge anche in ispagnuolo nella Espana moderna, 
ottobre 1890. 

36. Lévy-Bruhl, La théorie de Vétat dans H. (in 
Séances et travaux de l'Acad. des sciences morales et 
pólitiques, N. S., XXXII, 1889). 

37. G. Plekhanow, La philosophie de U. (in L'ère 
nouvelle, di Parigi, ott.-nov. 1894). 

38. G. No61, La logique de H. (Paris, Alcan, 1897: 
inserito prima, in forma di articoli, nella Revue de 
métaphys. et de morale), 

39. Alfred Weber, Histoire de la philosophie euro- 
péenne (Paris, Fischbacher, 1905); cfr. su H. pp. 504- 
543. 

IV. 

Letteratura inglese. 

1. Ch. Hodge, The school of H. (nella Princeton 

Review, gennaio 1840). 

Nella stessa rivista: J. W. Alexander, Life of H., 
XX, 561 sgg. 

2. J. B. Stali s, General principles of the philoso 



264 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

phy of nature... embracing the philosophical systems 
of... Hegel (Boston, 1848). 

3. T. C. Sandars, H* philosophy of right (negli 
Oxford Essays, London, 1855, pp. 213-250). 

4. A. Vera, Inquiry info speculative and experi- 
mental science with special reference to H.* doctrine 
(London, 1856). 

Accenni ad H. fecero anche il Coleridge e il Ferrier: 
cfr. Ueberweg, 9 IV, 474, 475; e Stirling, The secret of H. t 
I, p. XXIV, 13. Si veda anche l'opera del Lewes, Bio- 
graphical history of philosophy f ecc. (London, 1845). 

5. James Hutchison Stirling, The secret of H.: being 
the hegelian system in origin, principle, forra, and mat- 
ter (London, Longman, Green, ecc., 1865). Due voli. 

Di quest'opera capitale per V hegelismo inglese, si è 
fatta una t new-edition carefully revised », in un sol 
volume (London-Edinburgh, 1898). 

Cfr. Zeitschr. f. Phil. u. philos. Kritik, LIV, 1869, 
pp. 182-5; e H. James, nella North American JReview, 
voi. CII, pp. 264 sgg. 

6. W. T. Harris, Paul Janet and H. (nel Jottrn. 
of spemi, phil., I, 1867, pp. 250-256). 

7. T. Collins Simon, H. and his conneocion with 
British thought (in The Contemporary Beview, Parte I 
e II, gennaio e febbraio 1870). 

8. J. S. Henderson, H. as a politician (in The 
Fortnightly Beview, 1870, 2°). 

9. — Mr. G. H. Lewes and H. (in The contem- 
porary review, 20°, 1872). 

10. J. Hutchison Stirling, Lectures on the philo- 
sophy of law (London, 1873). 



P. n. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 265 

11. W. R. Smith, D. r Stirling, H. and tlte matJie- 
maticism (nella Fortnightly Rewiew, 1873, 1°). 

12. W. T. Harris, II.* philosophic metJwd (nel Journ. 
of spemi. Philos., Vili, 1874, pp. 35-48). 

13. G. L. Lewes, Lagrange and H.: the speculative 
method (nella Contemporary Review, 1874, voi. 24°). 

14. R. Flint, The philosophy of history in France 
and Oermany (London, 1874). 

Trad. francese di L. Carrau (Paris, Germer-Bailliére, 
1878, due voli.). 

15. T. M. Lindsay, Recent hegélian contribution io 
english philosophy (nel Mina, II, 1877, pp. 476-493). 

16. R. B. Haldane, Hegelianism and psychology (nel 
Mind, in, 1878, pp. 568-571). 

17. A. J. Balfour, Trascendentalism (nel Mind, IH. 
1878, pp. 480-505). 

18. J. S. Hall, Notes on H. and his critics (nel 
Journ. of. specul. Philosophy, XII, 1878, pp. 93-103). 

19. J. Rae, The socialism of K. Marx and the young 
hegelians (in The Contemporary Review, 40°, 1881). 

20. Andrew Seth, The development from Kant to 
H., with chapters on the philosophy of religion (Lon- 
don, 1882). 

Recens. di G. Fonsegrive, nella Revue philosophique, 
1885, XIX, 332-343; e cfr. Mind, VII, 1882,pp. 409-413 — 
Dello stesso Seth: H.: an exposition and a criticism, 
nel Mind, VI, 1881, pp. 513-530. 

21. W. James, On some hegelisms (in Mind, 1882, 
pp. 186-208). 

22. W. T. Harris, H. % four paradoxes (nel Jour- 
nal of specul. philosophy, XVI, 1882, pp. 113-122). 



2h6 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

23. Edw. Caird, H. (Edinburgh-London, Black- 

wood, 1882, nella serie Philosophical Classics; nuova 

ediz., 1903). 

Cfr. recensione di R. Adamson, in Mind, voi. Vili, 
pp. 432-13H; e in Hevue philosophique, XX, 619. 

24. W. P. Ker, Philosophy of art (negli Essays in 
philosophical criticismi London, 1883). 

25. Walter B. Wines, H* idea .of the nature and 
sanction of the law (nel Journal of speculative philo- 
sophy, XVIII, 1884, pp. 9-20). 

26. W. James, Absolutism and empiricism (nel 
Mind, IX, 1884, pp. 281-286). 

27. John Steinfort Kedney, f/. 8 Aesthetics, a cri- 
ticai exposition (Chicago, 1885: in Grigg's Philoso- 
phical classics). 

28. S. Alexander, Hs conception of nature (in Mind, 
II, 1880, pp. 494-523). 

29. F. L. Soldan, H* philosophy of religio?i (nel 
Journal of speculative philosophy, XX, 1886, XXI, 
1887). 

30. A. Seth, Hegelianism and personality (Edin- 
burgh-London, 1887, 2. a ed., 1893). 

Su questo libro si vedano PhilosophiscTie Monatshefte, 
XXVII, 1891, pp. 216-221, e il Mind, XIII, 1888, pp. 256- 
263. 

31. G. S. Morris, H.* philosophy of the state and of 
history (Chicago, 1887; London, 1888). 

32. A. M. Fairbairn, H.* philosophy of réligion 
(Chicago, 1888, in Griggs Philos. Classics). 



P. II. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 267 

33. R. B. Haitiane, H. and his recent critics (nel 
Mind, XIII, 1888, pp. 585-589). 

34. A. Seth, JET. and his recent critics (nel Mind, 
XIV, 1889, pp. 116-119). 

35. — The present position of the philosophical 
sciences (Edinburgh, 1889) 

36. .Will. T. Harris, H* Logic: a book on the 
genesis of the categories of mind, a criticai expo- 
sition (Chicago, Griggs, 1890). 

37. J. Me Bride Sterret, Studies in H* philosophy 
of religion (London, e New- York, 1891). 

38. B. Bosanquet, History of aesthetics (London, 
1892). 

39. A. Fraser, The psychological basis of hegelism 
(nell' American Journal of Psychology, aprile-luglio 
1893, V, 472-493). 

Cfr. Bevue philosophique, 1893, II, 671. 

40. J. Me Bride Sterret, The ethics of H. (Bo- 
ston, 1893). 

Fu già pubblicato in parte nell' Intern. Journal of ethics 
II, 1891-3, pp- 176-200. — Lo stesso autore scrisse: H.* 
Aesthetics, in Church Bevieio, XLI, 372, e Hegelianism, 
ivi, XLVII, 525. 

41. A. J. Balfour, A criticism of current idealistic 
theories, (nel Mind, XVIII, 1893, pp. 425-440)! 

42. David G. Ritchie, Darwin and H., with other 
philosophical studies (London, 1894). 

43. J. Watson, The problem of H. (in Philosophical 
revieiv, III, 1894, pp. 655-671). 



268 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

44. 8. W. Dyde, H* conception of freedom (ivi, 
III, 1894). 

45. A. Seth, Hegélianism and ite critics (nel Mind, 
N. S., Ili, gennaio 1894). 

46. W. Wallace, Prolegomena to the study of H* 

philosophy and especially of his Logic, second edition 

revised and augmented (Oxford, Clarendon Press, 

1894). 

V. sopra Parte I, v, C, n. 5. Cfr. Bevue philos., 1894, 
II, 638-40. 

47. R. B. Haldane, H. (in Contemporary review, 
voi. 67°, 1895). 

48. J. Me Taggart Ellis Me Taggart, Studies in 

the hegelian dialectic (Cambridge, Univ. Press, 1896). 

I cap. 4° e 5° furon prima pubblicati nel Mind, N. S., 
nn. 1, 2, 8, 10, e in parte nella Itevue de métaphys. et 
de morale, 1893. Vedine recensione del Wallace, in Mind, 
N. S., V, 1896, pp. 539-554. Cfr. M. Glossner, Ein kritisclier 
Anhdnger IL* in England (nel Jahrb. filr Philos. u. spekul. 
TheoL, voi. XII, 1893, pp. 383-404). 

49. E. Digby, //.• monism and christianity (nel 
Monist, ott. 1896). 

50. J. A. Leighton, H. % conception of Ood (nella 
Philosophical review, V, nov. 1896, pp. 601-618). 

51. J. Aug. Me Vannel, JET. 8 doctrine of the will } 
a contribution to philosophy (New-York, 1896). 

52. H. Haldar, Some aspeets of H.* philosophy (in 
Philosophical Review, V, 1896, pp. 263-277). 

53. F. L. Luqueer, H. educator (New- York, 1896). 

54. E. B. Me Gilvary, The presuppositùm quesUon 



P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 269 

in H* logie (in Philosophical review, VI, sett. 1897, 
pp. 497-520). 

55. J. E. Me Taggart, H.* treatement of the cate- 
gories of the subjective notion (in Mind, N. S., VI, 
1897, pp. 164-181, 342-358) 

56. — recens. del libro del Noél, La logique de 
H.: v. sopra (in Mina, N. S., VI, 1897, 573-575). 

57. E. S. Haldane, Jacob Bòhme and his relation 
to H. (in Philosophical Review, marzo 1897). 

58. B. Bosanquet, H. s theory of the politicai orga- 
nista (in Mind, N. S., voi. VII, 1898, pp. 1-14). 

59. — H. % theory of punishement (in Philosophical 
Review, VII, I, 1898). 

60. E. B. Me Gilvary, The dialectical method (in 
Mind, N. S., VII, 1898, pp. 55-70, 233-242, 388-403). 

61. D. G. Ritchie, Philosophy and the study of 
philosophers (ivi, VIII, 1899, pp. 1-24). 

62. J. E. Me Taggart, //.* treatement of the cate- 
gories of the óbjective notion (ivi, Vili, 1899, pp. 35-62) 

63. — H. % treatement of the categories of Idea (ivi, 
IX, pp. 145-183). 

64. A. K. Rogers, The àbsolute of H. (in Mind, 
N. S., voi. IX, 1900, pp. 332-348). 

65. — The hegelian conception of thought (in Philo- 
sophical review, IX, 1900), pp. 152-166, 293-310). 

66. J. E. Me Taggart, Studies in hegelian cosmo- 
logy (Cambridge, Univ. Press, 1901). 

I cap. V e VII erano stati già pubblicati neir Interna- 
tional Journal of ethics, luglio 1896 e luglio 1897. Re- 



270 BIBLIOGRAFIA HEGELIANA 

con sion e di questi stridii, in Philosophical Reviezv, marzo 
1903, pp. 187-193. 

67. Mac Lcnnan, Trans -subjective realism and 
hegelian ism (nella Philosophical Review, voi. X, 1901, 
fase. VI). 

G8. J. B. Baillio, The origin and significante of'H* 
Logic, a generai introduction to H." system (London, 
Macmillan, 1901). 

G9. J. S. Mackenzie, The hegelian poìnt of view 
(nel Mind, gennaio 1902). 

70. J. Grier Hibben, H.* Logic, an essay in inter- 
pretation (New-York, Scribner, 1902). 

71. R. Mackintosh, H. and hegelianism (Edinburgh, 
Clark, 1903: nella collezione The world's epoch- 
mahrrs). 

72. H. A. Overstreet, The process of « reinterpre- 
tatioìi » in hegelian dialectic (nel Journal of philos. 
psychol. a. scienti fic methods, I, 20). 

Si vedano anche, nel libro del Mackintosh, notizie sulla 
letteratura hegeliana inglese. 

Alcuni articoli anon, su H. si leggono in Nation. Quart., 
XVIII, 108; Contemp. Eev., XX, 529; Journ. of spec. 
Philos., Ili, 1869. pp. 344-350. Intorno bXVEnglish hege- 
lianism and its religion, nel Church Quart. Eev., XVII, 
257 e nel Living age, CLX, 493. Su H. and pantheism, nel- 
VAmer. Church Rev., XXI, 382. — Su H. scrisse anche J. 
Royce, in Atlantic Mo. } LXVII, 45 sgg. 



P. H. LETTERATURA INTORNO AD HEGEL 271 
V. 

Altre letterature. 

1. F. V. Ch. Sibbern, Bemarkninger og Under so- 
gélser, fomemmeling betrceffende Hegels Philosophze 
betragtet forkoed til vor Jid (Copenhagen, 1838). 

2. A. P. Adler, Populceer foredrag over H. B óbiectiv 
Logik (Copenhagen, 1842). 

3. S. Ribbing, Den hegelska Methodens (in Eri- 
stiska Blad, ecc., I, Upsala, 1852). 

4. J. Stròm, Om hegelska filosophiens fbrhtìllande 
till kristendomer, paraZlelismer, ecc. (Upsala, 1854). 

5. Ernest Naville, Het stelsel vari H* ('S Grave- 
nhage, 1867). 

6. Th. Weber, De Hegelii notionibus finiti infini- 
tique commentatio (Vratislaviae, 1868). 

7. Eeinbold Geijer, Hegelianism och Positivism 
(Lund,1883: in Lunds Universitets Arsskrift, t. XVIII). 

8. M. Rodriguez, Ensayo critico sobre los sistemas 
filoso ficos de Kant, Fichte, Schelling y H. (Oviedo, 
1885). 

9. M. Menendez y Pelayo, Historia de las ideas esté- 

ticas en Espana, Tomo IV, voi. I (Madrid, 1888): 

si veda cap. V, pp. 274-319 « La estética de H. ». 

Si veda anche su H. la Historia de la filosofia di C. Gon- 
zales (Madrid, 1879). 

10. H. Hòffding, Storia della filosofia moderna (in 
danese; trad. tedesca di Benedixen, Lipsia, 1895, 2 
voli.; trad. ital. in corso, Torino, Bocca, 1906). 



Correggere: p. 68, 1. 15 : sola =» solo; p. 81, 1. 25: nell'umanità = del- 
l'umanità; p. 119, 1. 13: definitivo =* defluito; p. 183, 1. 11: della 
scienza =- dalla scienza; p. 184, 1. 18: o il testamento = e il testa- 
mento. 



INDICE 



Avvertenza Pag. v 

Sommario > vii 

I. La dialettica, o la sintesi degli op- 

posti » 1 

II. Chiarimenti circa la storia della dia- 

lettica . » 33 

III. La dialettica e la concezione della 

realtà » 51 

IV. Il nesso dei distinti, e la falsa appli- 

cazione della, forma dialettica . » 77 

V. La metamorfosi degli errori in con- 

cetti particolari e gradi della ve- 
rità N (La struttura della logica) . . > 97 

VI. ' La metamorfosi dei concetti partico- 

lari in errori filosofici. I. L'arte e 

il linguaggio (Estetica) . . .* . » 115 

VII. — II. La storia (Idea di una filosofia 

della storia) » 129 

Vili. — ILE. La natura (Idea di una filo- 
sofia della natura) ..... » 145 
IX. La costruzione delle false scienze 
e l'applicazione della dialettica 
all' individuale e all'empirico . . » 169 



274 INDICE 

X. Il dualismo non superato. . . . Pag-. 185 

XI. La critica e la continuazione del 

pensiero di Hegel. — Conclusione » 195 
Saggio di una bibliografia hegeliana. 

Parte I. Opere di Hegel » 211 

I. Pubblicate dall'autore. II. Edizione com- 
pleta delle opere e ristampe parziale di 
esse. III. Scritti pubblicati sparsamente. 
IV. Antologie. V. Traduzioni: a) italiane, 
ì>) francesi, e) inglesi. 

Parte II. Letteratura intorno ad Hegel > 229 

I. Letteratura tedesca: a) biografia, b) trat- 
tazioni generali, e) sulla logica, d) sul- 
r estetica, e) sull'etica e filosofia del di- 
ritto, f) sulla filosofia della religione, 
g) sulla psicologia, h) sulla filosofia della 
storia, i) sulla filosofia della natura, 
k) sulla storia della filosofia, l) varia. 
II. Letteratura italiana. III. Letteratura 
francese. IV. Letteratura inglese. V. Altre 
letterature. 



GIUS. LATERZA & FIGLI editori . BARI 



CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA 

COLLANA DI TESTI E DI TRADUZIONI ITALIANE 

a cura di B. CROCE e G. GENTILE 



Nel presente risveglio degli studii filosofici italiani ci 
pare giunto il momento di apprestare ad essi quel po- 
tente sussidio, che fin oggi è loro mancato, dell'agevole 
lettura dei classici. Pur troppo, le opere che rappresen- 
tano i momenti principali nella storia del pensiero filo- 
sofico moderno, sono nate, quasi tutte, fuori d* Italia, e 
sono scritte in una lingua straniera. Di quelle poche, che 
sono state scritte da italiani, e in italiano, come de' Dia- 
loghi di Bruno e della Scienza nuova di Vico, non senza 
grandi difficoltà si riesce ad acquistare oggi una buona 
edizione. È vero che dal 1860 in qua la conoscenza delle 
lingue straniere si è diffusa tra i nostri studiosi, e che 
parecchi ora leggono non solo i filosofi francesi, ma gli 
inglesi e i tedeschi nella loro lingua originale. Ma nes- 
suno ha numerati questi parecchi; e e' è ragion di temere 
che non siano poi quanti si immaginerebbe dai facili giu- 
dizi che corrono in fatto di storia della filosofìa, e dal 
tono sicuro di essi. La verità è, che la conoscenza dei 
classici è generalmente attinta dalle esposizioni, dalle 
monografie, dai manuali, attraverso i quali il più divin 
s 1 invola. Ai clàssici si ricorre, volta per volta, per riscon- 



276 CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA 

trare nel testo passi già riferiti, già noti, già discussi; 
e se ne leggono pagine, capitoli, brani di libri; ma non 
si leggono i libri; e col sistema, con lo spirito degli 
autori non s'acquista familiarità. V è, quindi, l'erudito, 
magari ; ma manca il dotto, e non si ha nemmeno lo stu- 
dioso colto. Diciamo, generalmente; perchè d'ordinario 
non si perviene ad avere delle lingue straniere tal padro- 
nanza da leggerne la letteratura senza fatica; e anche 
perchè dei libri stranieri non si hanno ristampe italiane, 
adatte alle condizioni economiche di quelli che per solito 
coltivano in Italia questi s.tudii. Le edizioni straniere, per 
lo più molto costose, si ricercano nelle pubbliche biblio- 
teche, dove non sempre si trovano le migliori, le più re- 
centi. Ma chi non sa che i libri, che si studiano meglio, 
sono quelli che ci appartengono? 

C'è, d'altronde, una classe di studiosi, la più nume- 
rosa e la più importante per l'avvenire della scienza, 
quella degli studenti, alla quale l'uso delle fonti della 
storia della filosofia moderna riesce quasi impossibile. En- 
trano nelle università sforniti di ogni cognizione di lin- 
gue straniere. Secondo i programmi, dovrebbero pur co- 
noscere il francese ; ma, per quel difetto di letture e abuso 
di grammatiche che son proprii delle nostre scuole di 
oggi, accade che, quando i ragazzi escono dal ginnasio 
e hanno già compiuto e per lo più quindi tralasciano lo 
studio di questa lingua, non sono in grado di leggere 
seguitamente, intendendola, una pagina di uno scrittore 
classico. Quando escono dal liceo, non ne sanno poi certo 
di più. Sentono bensì tosto il bisogno di rifarvisi, e an- 
che d' imparare almeno il tedesco, per poter profittare ne- 
gli studii scientifici. Ma, appunto, mentre imparano, essi 



CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA 277 

dovrebbero leggere i classici ; e non possono. Quel poco, 
che hanno imparato prima di addottorarsi, basta appena 
a leggiucchiare la « letteratura dell'argomento » per la 
tesi di laurea. E gli studii si terminano senza il fonda- 
mento necessario a una schietta cultura filosofica : la co- 
noscenza diretta della storia del pensiero. Poi bisognerà 
« tenersi al corrente »; e per l'antico, cioè per le fon- 
damenta, non ci sarà più né tempo né voglia. Gl'inse- 
gnanti di storia della filosofìa sanno bene quali e quante 
difficoltà tocca loro di superare, se vogliono dedicare, come 
è pur necessario, un corso di conferenze alla lettura e 
alla illustrazione di un testo moderno. Onde tornano per 
lo più alla filosofia greca, per la quale quel tanto di greco, 
che si porta dai licei, basta, col sussidio delle traduzioni,— 
che non mancano, — a far le spese della lettura di un 
testo. 

La filosofia, pertanto, cominciata e continuata a stu- 
diare nella bibliografia, nella erudizione"e nella critica, 
diventa e resta ne' cervelli dei 'dottori di essa una ma- 
teria morta di memoria, o, al più, un soggetto indiffe- 
rente di disquisizioni e indagini filologiche; ma non ap- 
parisce mai qual'è per la natura sua, e quale si agita 
nella ricerca ansiosa e nella trepida esposizione del filo- 
sofo, come vita intima e palpitante dello spirito: non 
illumina e non riscalda. 

Non v'ha dubbio che questa sia stata una delle cause 
principali della mediocrità filosofica italiana nell'ultimo 
cinquantennio. Non è mancata l'erudizione e la critica; 
ma non c'è stata la filosofia, né l'animo [filosofico /Come 
non v'ha dubbio che l'innegabile incremento delle spe- 
culazioni filosofiche, avvenuto in Francia in questo me- 



278 CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA 

destino periodo, sia in gran parto dovuto all'intimo con- 
tatto che gli studiosi francesi han potuto avere con le 
filosofie straniere, specie la tedesca, mercè le traduzioni, 
molte buone, alcune ottime, che si son procurate delte 
opere maggiori di quella letteratura filosofica. Del solo 
Kant, che non si può dire non sia stato studiato in Ita- 
lia, chi non conosce le traduzioni francesi del Tissot e 
del Barai? La Critica detta ragion pura fu tradotta éal- 
l'una e dall'altro; e ora entrambe le traduzioni sono esau- 
rite, e già se ne annunzia una terza a cura dei signori 
Pacaud e Tremesaygues con prefazione. dell'HannequiiK 
La Ragion pratica è stata tradotta due volte, prima, im- 
perfettamente, dallo stesso Barai, e recentemente,, molto 
bene, dal prof. Picavet. E in Francia non leggono e ado- 
perano queste versioni i soli scolari e profani, ma gli 
stessi maestri; segno che esse entrano proprio nella let- 
teratura filosofica nazionale. E in Italia? Chi può ricor- 
dare la vecchia traduzione — per altro, irreperibile — 
della Ragion pura, pubblicata a Pavia da un cav. Man- 
tovani del 1822 al 1826? Essa fu subito dimenticata,, e 
gli storici del kantismo in Italia ne sanno il valore. Tutta 
la cultura kantiana, che il pensiero francese certo ha ri- 
cevuto dalle menzionate traduzioni e da quelle di altre 
opere kantiane che gli diedero il* Tissot stesso e lo stesso. 
Barai, è interamente mancata al pensiero italiano. Tanto 
lievito potentissimo di meno ! Oggi noi italiani non ab- 
biamo una traduzione né anche della Ragion pura, men- 
tre gl'inglesi ne hanno una classica dovuta a Max Mùller, 
e perfino gli spagnuoli ne hanno avuta una da D. José del 
Perojo, preceduta da una vita di Kant e dalla storia delle 
origini della Critica di K. Fischer. Gl'inglesi hanno trar 



CLASSICI DELIA FILOSOFIA MODERNA 279 

dotto quasi tutte le principali opere straniere della filo- 
sofia moderna. I tedeschi hanno nella loro lingua la 
grande Philosophàsehe Bibliothek, o raccolta delle opere 
principali della filosofia antica e moderna, intrapresa 
nel 1868 dal Kirchmann ; hanno anche tradotto i dialoghi 
di Bruno, e, ciò che era più difficile, tutta la Scienza 
nuova di Yico. E sono i tedeschi, ossia la nazione della 
più ricca letteratura filosofica. 

In Italia il desiderio d'impinguare il materiale della 
cultura filosofica fa sentito appunto negli anni dopo il 
1815, quando, per note ragioni, si senti più forte il bi- 
sogno-speculativo, e si preparò infatti la 'fioritura del 
nuovo risorgimento, dal Galluppi al Gioberti, anzi alio 
Spaventa. E a Pavia dal 1818 al '26 la tipografia Biz- 
zoni stampò più di 40 volumi di una Collana di classici 
metafìsici, in cui si diedero tradotte opere di Cartesio, 
Malebranche, Locke, Cudworth, Condillac, Hume, Kant, 
Destutt de Tracy, Laromiguière. Ma a chi diresse la rac- 
colta, se può dirsi che questa abbia avuta una direzione 
(collettori si chiamavano coloro che la curarono, G. Ger- 
màni, L. Bolla e D. Sacchi), mancò la preparazione ne- 
cessaria alla scelta dei testi e alla revisione delle tra- 
duzioni; come mancò ai traduttori la conoscenza suffi- 
ciente delle lingue straniere e della propria e l'adeguata 
cultura filosofica. Di quelle traduzioni gli stessi eruditi 
non ricordano se non quella di Kant, fatta dal Manto- 
vani; e la ricordano per dire che fu pessima. Pure, quei 
libri dovettero esser letti, e far pensare. Nel 1832 l'edi- 
tore Antonio Fontana di Milano imprese a pubblicare 
una Biblioteca dell 'intelletto, ossia Scélta raccolta di opere 
italiane e straniere antiche e moderne destinate alla col- 



280 CLA8SICI DELLA FILOSOFIA MODERNA 

tura della mente; incominciando coi due volumi del Ma- 
nuale della storia della filosofia del Tennemann, trad. da 

F. Longhena, con note e supplementi dei professori 

G. D. Romagnosi e B. Poli. E questa biblioteca avrebbe 
dovuto dirigerla Romagnosi, che non sarebbe stato certo 
un « collettore », come già dimostrano le sue note al 
Tennemann; ma ne uscirono solo alcuni volumi, conte- 
nenti opere del Genovesi, del Jannelli, del Talia e di 
qualche altro. 

Il disegno nostro non è di procurare una qualsiasi rac- 
colta di filosofi moderni tradotti, senza un principio e 
senza un ordine; anzi di fornire, a chi voglia procurarsi 
in Italia cultura filosofica, una serie facilmente acces- 
sibile di testi, che nel suo complesso rappresenti diret- 
tamente e pienamente la storia della filosofìa moderna 
ne' suoi momenti principali: una storia, com'è naturale, 
quale si disegna alla nostra mente, e informata ai prin- 
cipii che si propugnano nella rivista La Critica, che da 
tre anni andiamo pubblicando. Delle opere latine e ita- 
liane pensiamo di dare il testo originale, criticamente 
corretto; delle straniere, una traduzione quanto più fe- 
dele è possibile e in buona forma italiana. Le latine non 
crediamo opportuno tradurre, e perchè il latino è, e deve 
sperarsi che resti, un elemento immancabile dell'educa- 
zione d'ogni persona colta d'Italia; e perchè il latino del 
Novum organum e dell 'Etilica è cosi intimamente conna- 
turato al pensiero che esprime, che svestire questo delle 
sue formule native varrebbe troppo apertamente sfigu- 
rarlo. Tutti i testi saranno illustrati da note sobrie, pu- 
ramente storiche e filologiche, per non sovraccaricare le 
opere classiche del peso delle tante discussioni cui la 



y 



CLASSICI DELLA FILOSOFIA MODERNA 281 

loro interpretazione ha dato luogo, e per non impedirne 
la genuina impressione. Lasciamo parlare i filosofi \ Per 
soddisfare il bisogno d'indicazioni critiche e bibliogra- 
fiche, sarà dato ai lettori, nel corso della pubblicazione 
della serie, o alla fine di essa, uno speciale volume, con- 
tenente un sommario critico della filosofia moderna, cor- 
redato di scelte notizie bibliografiche. 

A questo modo noi speriamo, nel giro di non molti anni, 
di poter provvedere il pubblico italiano di edizioni accu- 
rate e a buon mercato di libri, ora così poco alla mano, 
come i Dialoghi di Bruno; il De sensu rerum di Campa- 
nella; il Novum organum e le parti principali degli altri 
scritti baconiani; il Discorso, le Meditazioni, i Principii di 
filosofia e le Passioni dell'anima di Cartesio ; il Leviathan 
diHobbes; V Ethica e le Epistole di Spinoza; il Saggio 
di Locke; il Trattato sui pHncipii della conoscenza umana 
e i Dialoghi tra Hylas e Filonbus di Berkeley; la Teo- 
dicea, la Monadologia, i Principii della natura e della gra- 
zia, i Nuovi saggi e altri scritti minori di Leibniz ; la se- 
conda Scienza nuova di Vico ; il Trattato e la Ricerca sul- 
l'intelletto umano di Hume; le tre Critiche di Kant; la 
Dottrina della scienza di Fichte ; il Sistema dell' idealismo 
trascendentale di Schelling ; la Fenomenologia, Y Enciclo- 
pedia e altri scritti di Hegel ; l' Introduzione alla filosofia 
di Herbart; e qualche altra opera, delle più notevoli, 
che si stimerà d'aggiungere a queste menzionate. La 
collezione intera sarà chiusa in venticinque o trenta 
volumi. 

I sottoscritti avranno collaboratori alcuni amici, valenti 
negli studi filosofici e nella conoscenza delle lingue stra- 
niere e dello scrivere italiano; ma, col rileggere tutte 



282 CLAS8ICI DELLA FILOSOFIA MODERNA 

le traduzioni e col determinare le note necessarie, pro- 
cureranno di serbare alla collezione l'unità del metodo 
indicato. 

Napoli, gennaio 1905. 

B. Croce 

G. Gentile 



Noi primi giorni del novembre 1906 saranno pub- 
blicati: 

1. G. G. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filo- 
sofiche in compendio, tradotta da B. Croce. 

2. Giordano Bruno, Dialoghi metafisici, con note 
di G. Gentile. 

3. Emmanuele Kant, Critica del Giudizio, tradotta 
da A. Gargiulo. 



GIUS. LATERZA & PIGLI ' Editori 

Biblioteca di Cultura Moderna 

1.° Paolo Orano — Psicologia sociale. . L 3,00 
2.° B. King e T. Okey — L'Italia d'oggi . » 4,00 
3.° Ettore Cicciotti — Psicologia del Movi- 
mento socialista . » 3,00 

4.° 6. Amadori- Virgili — L'Istituto fami- 
gliare nelle società primordiali ...» 2,50 
5.° A. Martin — L'Educazione del carattere » 5,00 
6.° Q. De Lorenzo — India e Buddhismo antico » 3,50 
7.° V. Spinazzola — Le origini ed il cam- 
mino dell'Arte » 3,50 

8.° Remt de Gourmont — Fisica dell'Amore 

(Saggio sull'istinto sessuale) . . » 3,50 
9.° C. Cassola — I sindacati industriali. Car- 
telli - Pools - Trusts » 3,50 

10.° G. Marchesini — Le finzioni dell'anima. 

Saggio di Etica pedagogica ...» 3,00 
11. E. Reich — Il successo delle Nazioni . » 3,00 
12.° C. Barbagallo — La fine della Grecia antica » 5,00 
13.° P. Novati — Attraverso il Medioevo . . » 4,00 
14.° I. E. Spingarn — La Critica letteraria nei 

Rinascimento > 4,00 

15.° T. Carlyle — Sartor Resartus . . » 4,00 
16.° F. Carabellese — Nord e Sud attraverso 

i secoli » 3,00 

17.° B. Spaventa — Da Socrate a Hegel . . » 4,50 
18.° A. Labriola — Scritti vari di filosofia e 

politica a cura di B. Croce ...» 5,00 
19.° A. I. Balfour — Le basi della fede. . . » 3,00 
20.° C. De Freycinet — Saggio sulla Filosofia 

delle Scienze » 3,50 

21.° B. Croce — Ciò che è vivo e ciò che è morto 

della filosofia di Hegel > 3,50 

22.° L. Hearn -y- Kokoro (Cenni ed echi del- 
l'intima vita giapponese) .... » 3,50 
23.° F. Nietzsche — Le origini della tragedia » 3,00 



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